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Le masse (di internet e non solo)

di Decimo Cirenaica - 08/12/2008

    
 

Su internet - mi dicevo all'epoca - avrei soddisfatto il mio desiderio di orizzontalità, avuto accesso a informazioni remote, interfacciato con luoghi e persone fisicamente lontani, su internet avrei potuto leggere i quotidiani di tutto il mondo, avrei comprato libri e visitato musei: mi pareva il regno delle possibilità nel 1998, con una connessione che forse manco arrivava a 56 Kb sarei stato anche io parte di un tutto.
Dopo dieci anni - e una decina di mode internettiane sgonfiatesi alla seconda primavera - ancora mi manca di soddisfare principalmente quel desiderio di pensarmi in un rapporto orizzontale: manca - e non potrebbe essere altrimenti - il fattore fisico, quasi tattile, declinato nelle due versioni del vivere: l'uomo - con i suoi sensi - e lo spazio di relazione, il luogo.
Forse ingenuamente, pensavo l'epoca delle reti come un ponte verso un qualunque ritorno al luogo e quindi all'uomo, un’uscita dalle masse, una presa di coscienza "virtuale" della necessaria socialità dell'essere umano, una fase di transizione nella quale ripensarci dal confronto, pensar-ci artefici di senso e di mondi possibili. E invece mi sembra che questo ponte si sia chiuso su se stesso, in una ruota, una ruota panoramica dalla quale si vede tutto, comodamente seduti, ancora una volta spettatori: se la televisione rende soli e passivi in un ambito ristretto, obbligandoci silenti e spugnosi, internet "scherma" le relazioni allargando l'orizzonte di comunicazione a tutto il mondo. Questo ventaglio praticamente infinito di possibili informazioni annulla l'informazione stessa riducendola all'unico, al medium stesso, che influenza il fruitore per la sua stessa esistenza, al di là della notizia. (È frustrante masticare un'illusione, sentirne il sapore sgradevole e ugualmente ingoiarla, cullandoci nei rispettivi presenti.)
Subiamo internet non solo per la sua natura di medium, ma anche per il nostro essere uomini-massa. La massa è comandata, guidata, necessita di una dipendenza per farsi massa; la massa sono le folle della modernità, ma anche gli individui della postmodernità, e in mezzo una serie di medium ad indicare la rotta; la massa è una vacanza del pensiero, adesione, fede, per sua natura non-naturale, indotta; la massa è gerarchia subita da per sempre. L’uomo-massa  di questi tempi vive nell’eterna rappresentazione del reale – mediata o meno che sia – dove il luogo è ridotto a spazio privato, e la socialità una prassi indotta, meccanica.
Liberarsi dal concetto di massa passa attraverso una rivisitazione radicale del nostro stare in questa vita – non credo possa bastare spegnere il computer o la televisione o non leggere più quotidiani; liberarsi di quell’abito stretto che volgarizza l’umano significa immaginarsi nel tempo, di volta in volta, pensarsi creatori di senso, essere senso qui e ora; liberarsi dalla massa non risolve la vita, ma almeno non la mortifica; liberarsi della massa è un tentativo di viverla questa vita. Da uomo.