Davo qualcosa a tutti
di Vitttorio Feltri - 24/12/2008
L`imprenditore napoletano, al centro dell`inchiesta, stanco di stare in carcere ha cominciato a fare le prime ammissioni. Si tratta di accertare chi ha preso e quanto
Romeo, l`imprenditore napoletano motore dell`inchiesta che dimostra quanto era noto da tempo (anche la sinistra è corrotta), stanco di stare in carcere comincia a parlicchiare. Forse ha capito come funziona l`ambaradan giudiziario in barba al garantismo formale:
se insisti a tenere la bocca chiusa, resta chiusa anche la cella e corri il rischio di marcirvi; se invece collabori secondo il rito di santa partenopea magistratura te la puoi cavare da vero signore.
D`altronde è una vecchia storia: se i giudici non indagano e non fanno scattare le manette, la gente mugugna perché i mariuoli non pagano mai dazio e fanno la bella vita; se le toghe decidono di andare a fondo e usano i mezzi di cui dispongono, mugugna lo stesso perché non si fa così, bisogna rispettare le regole (quali?) e non infierire sugli imputati.
Il copione non è cambiato. Da tempo si mormorava che l`amministrazione emanasse puzzo di bruciato e ci si domandava come mai nessuno intervenisse;
ora che i Pm sono intervenuti qualcuno arriccia il naso per il metodo.
Sia come sia, Romeo deve aver mangiato la foglia e forse l`intero albero. E ieri se n`è venuto fuori con la seguente frase: ma io non mi limitavo a prendere;
davo, davo a tutti. La dichiarazione resa davanti all`autorità inquirente introduce nel cuore della vicenda. Assodato che Romeo dava in cambio di appalti in discesa, si tratta (...) segue a pagina 3 LUCIA ESPOSITO a pagnia 2 (...) di scoprire a chi.
Se, come presumo, egli vorrà completare il discorso appena abbozzato, immagino che nei prossimi giorni prima o dopo la fine dell`anno, non importa - ne succederanno di ogni colore. Il ragionamento è elementare:
posto che dove c`è uno che dà c`è qualcuno che prende, mancano solo i nomi dei beneficati.
Il bubbone sta per scoppiare. Presumibilmente gli amministratori che hanno avuto rapporti d`affari pubblici non la passeranno liscia e uno dopo l`altro saranno chiamati a raccontare a loro volta come si svolgevano i lucrosi mercanteggiamenti.
Il grido d`allarme si è già diffuso nella Penisola in qualsiasi angolo della quale lo zampino di Romeo ha lasciato impronte. A quanto si dice, nemmeno Milano può dormire fra due guanciali; e nello scandalo sarebbero coinvolti personaggi di vario spessore.
Un particolare va chiarito: il proprietario dell`impresa, quando parla di do ut des, si riferisce a elargizioni di denaro oppure a imprecisati favori finalizzati a spianarsi la strada? Il nocciolo della questione non muta, tuttavia se fossero quattrini più facilmente si accerterebbero gli episodi illeciti dato che contanti e assegni lasciano sempre una traccia. Aspettiamo lumi.
A questo punto registriamo il comportamento di Antonio Di Pietro. Il figlio del quale avrebbe fatto alcune telefonate poco limpide (intercettate) allo scopo di strappare cortesie, ad esempio l`assunzione di amici. Poiché il padre all`epoca era ministro, la cosa ha suscitato perplessità e polemiche. L`ex Pm di Mani pulite ha fiutato l`aria cattiva e, reclamando la propria estraneità, non ha fatto attendere la sua voce: mio figlio o no, sollecito la magistratura a non fermarsi davanti a niente. Se non altro è stato coerente con la sua linea a sostegno incondizionato della magistratura.
Infine una riflessione.
L`ondata di sdegno sollevata dagli ultimi scandali non è da sottovalutare. Nell`opinione pubblica è maturata l`idea che in politica non si salvi nessuno: dovunque si posi lo sguardo c`è chi si arrangia e arraffa. E se lo stato d`animo del popolo è questo, siamo nei guai. Non serve, come si fa nel Palazzo, tacciare i cittadini di qualunquismo o populismo per ridare credibilità alla classe dirigente in particolare progressista.
Il disgusto è motivato e si rifletterà nelle urne. In Abruzzo il partito degli astensionisti ha la maggioranza relativa, e non è un segnale trascurabile.
Ora, scoperti gli altarini napoletani, l`esercito di chi scuote la testa e si "iscrive" al movimento antipolitico minaccia di infoltirsi. Ecco perché al momento una riforma in corsa della Giustizia è inopportuna: viene interpretata come un goffo tentativo per bloccare l`attività dei giudici mentre, dopo anni di sonno e di sospetta pigrizia, si sono dati una mossa per portare alla luce le magagne dell`arco costituzionale.
Tanta fretta infastidisce gli italiani perché hanno la sensazione che tale riforma non sia dettata dall`esigenza di rendere la magistratura più efficiente, bensì per ridurla all`impotenza e impedirle di punire chi ha sgarrato.