Un pezzo di Carta. Contro il regime
di Alessio Mannino - 03/01/2009
Il 2008 che se ne è appena andato ha segnato il sessantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana. Una Magna Charta che da decenni copre solo il magna magna delle banche, dei potentati industriali, dei partiti e dei megafoni mediatici al loro servizio. Un pezzo di Carta, ormai, e nulla più. E' l'atto di fondazione di uno Stato nato dal compromesso fra tre anime ideologiche: cattolica, comunista e liberale. Tre scuole di diseducazione alla libertà. Perchè la libertà non è nè quella, universalista e moralista, buona solo per le pecorelle della Chiesa, che piace al Vaticano; non è quella, totalitaria e collettivista, dell'allora Internazionale sovietica; e non è quella del mercato liberista e dei suoi sudditi-consumatori. La libertà è un'altra: è scegliere di vivere, ognuno nella propria piccola "patria", nel luogo in cui si è messo radici, come la propria comunità decide, grazie alla democrazia diretta, senz'altro sovrano che sè stessi. La Costituzione va cambiata. Anche nella sua prima parte, dove si trovano i "princìpi fondamentali". A partire dall'articolo 1, che recita "L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro". Cioè sulla schiavitù, sul mito moderno del lavoro, tanto caro sia alla dominante vulgata liberale e capitalista, sia a quella, ormai sempre più diafana e perciò ancor più ipocrita, marxista-sindacalista. Il lavoro, parafrasando un noto lager moderno, non rende liberi. Ma, come scrivevamo un anno fa su questo blog, "fintanto che c'è, questa Costituzione-gabbia, i signori che la agitano solo quando fa loro comodo sono invitati a rispettarla". Altrimenti, come ben hanno scritto Massimo Fini e Marco Travaglio nel loro recente Appello , anche noi, semplici cittadini, siamo liberi di non farlo. Il messaggio è dirompente, rivoluzionario: o tutti o nessuno, o vale per il potente e per il miserabile, o non vale più. E se non vale più, lorsignori - di cui Silvio Berlusconi è solo l'epigono più recente e smargiasso - andrebbero cacciati senza tanti complimenti. Noi non vogliamo salvare il pezzo di Carta perchè ci riconosciamo nei suoi valori. Noi ne pretendiamo il rispetto perchè abbiamo a cuore la nostra dignità di uomini prima ancora che di cittadini. E poichè essa sancisce l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, la dignità passa dal difenderla da chi l'ha sempre, nei fatti, tradita, lucrando sulla nostra pelle e facendo strame della nostra libertà. |