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Banche al Potere. Intervista a Elio Lannutti

di Eduardo Zarelli (a cura di) - 14/01/2009


 

 

Democrazia o banchicrazia? Ovvero chi muove le fila del gioco politico e istituzionale nel nostro paese e nella scena politica internazionale? Chi c’è a capo di tutto il sistema? Un sistema che ci spinge a consumare, indebitarci e crollare sotto il peso della bancarotta?
Elio Lannutti ci svela come la casta – quella vera – non sia quella dei politici, ma quella dei banchieri e dei grandi gruppi bancari. Non sottoposta ad organismi di controllo, al di sopra delle leggi, l’oligarchia bancaria governa la vita o la morte delle imprese, l’occupazione o la disoccupazione, l’investimento nell’industria o nelle rendite finanziarie, le crisi economiche, le guerre, l’espansione dell’economia o la recessione: un quadro inquietante, a tinte fosche.

L’ultima sua fatica editoriale è esplicitamente intitolata La repubblica delle banche. Dobbiamo dedurne che il potere reale oggi nel nostro paese è direttamente o indirettamente riferibile al sistema bancario?
Il potere reale, non soltanto in Italia, ma soprattutto in Italia, è manovrato dalle banche ed è in mano ai banchieri. Ne La Repubblica delle Banche, libro che ho scritto per Arianna Editrice (di prossima pubblicazione impreziosito da una interessante prefazione di Beppe Grillo), viene descritta la casta degli intoccabili banchieri, che non rispondono ad alcuno del loro operato e guadagnano sempre, anche quando compiono disastri con il risparmio tradito, appioppando obbligazioni fasulle come Cirio, Parmalat, Bond Argentini, ad 1 milione di risparmiatori per un controvalore di 50 miliardi di euro. La stampa di regime in mano alle stesse banche, non muove alcuna critica al discutibile operato di questa ristretta oligarchia che, come una grande piovra, avviluppa con i suoi tentacoli qualsiasi segmento della società, finanzia la ricerca, le università, i convegni, condiziona il potere giudiziario e le cosiddette Autorità “indipendenti” come Bankitalia, i cui azionisti, come Unicredit e Intesa San Paolo detengono il 66 per cento delle azioni. I banchieri, che si riservano il diritto di vita o di morte delle imprese, revocando l’affidamento con un preavviso di 24 ore ed effettuando segnalazioni alla centrale rischi della Banca d’Italia, non pagano quasi mai, anche quando sbagliano la segnalazione, perché hanno costituito un sistema di potere impermeabile perfino di fronte alle responsabilità penalmente o civilmente rivelanti.
Unicredit è una delle più grandi banche europee che, meno di un anno fa, ha inglobato Capitalia. Qualche giorno fa un’agenzia di valutazione i cui giudizi sono pagati dagli stessi soggetti esaminati, ha tagliato l’outlook da stabile a negativo dei rating di Unicredit (Aa2 per il debito senior e quello a lungo termine sui depositi, nonché quello B di solidità finanziaria) e delle sue collegate Banca di Roma e Bipop Carire. L’outlook è portato a negativo anche per i rating relativi al debito subordinato e ibrido, aggiunge l’agenzia di rating, precisando che viene confermata la prospettiva stabile del rating di Hvb (Gruppo bancario austro-tedesco che fa capo ad Unicredit).
Non ho mai dato peso ai “report” delle Agenzie di rating, che emettono giudizi su commissione pagati dagli stessi soggetti esaminati: come chiedere all’oste se il vino è buono. Ma l’outlook negativo di Unicredit – la banca che si è mangiata l’intera capitalizzazione di Capitalia in un solo anno – deve suscitare interrogativi sulla gestione del signor Profumo, il giovane banchiere ribattezzato dalla stampa di regime a libro paga delle banche come “Alessandro il Grande”. 


Il potere finanziario ha esplicite implicazioni oligarchiche. In tal senso quando si parla di “caste” per identificare il degrado delle classi dirigenti ci si dimentica forse della più influente, quella dei banchieri ?
L’oligarchia finanziaria è rappresentata in Italia dal connubio banchieri-autorità vigilanti – la triade Abi-Ania, Bankitalia – in uno scandaloso incesto coperto dai servili mezzi di informazione. La casta degli intoccabili banchieri – la super casta più forte della politica, della magistratura, dei partiti, delle religioni e di qualsiasi altro potere – rischia i soldi degli altri o quelli artificialmente creati, tramite la finanza sofisticata di carta denominata future, collateral, option, siv, vanilla, senza neppure le previste autorizzazioni a battere moneta. La casta degli intoccabili banchieri, si arroga il potere di valutare i sistemi economici e la meritorietà del credito. Dalle arbitrarie decisioni di questa ristretta oligarchia, dipendono la vita o la morte delle imprese, l’occupazione o la disoccupazione, l’investimento nell’industria o nelle rendite finanziarie, le crisi economiche, le guerre, l’espansione dell’economia o la recessione. Di questi banchieri padroni dei destini del mondo – che possono distruggere l’economia, scegliere chi deve vincere una guerra, manovrare flussi finanziari senza alcun controllo, creare denaro artificiale al di fuori del lavoro o della produzione – c’è da avere paura. Quando guadagnano, lo fanno per se stessi incamerando stock option e premi da risultati miliardari. Quando perdono perché crolla il castello di carta straccia fondato sulla sabbia, se ne vanno da soli (raramente vengono cacciati) con liquidazioni milionarie. Si nascondono per qualche tempo facendo vita da nababbi in qualche paradiso esotico per far decantare l’eco dei disastri, in attesa di riciclarsi di nuovo in qualche altro istituto bancario e/o finanziario, per ricominciare daccapo indisturbati a turlupinare le masse, indotte dai servili mezzi di informazione a credere alle virtù miracolistiche di facili arricchimenti, al di fuori del lavoro e dell’ingegno, dei sacrifici e del sudore derivanti dalla fatica degli uomini.
 
Il cittadino è oggi sempre più costretto nell’abito dell’utente/consumatore, manipolato dalla forza di persuasione e dai tecnicismi delle banche. Quali sono i diritti negati, o addirittura i crimini perpetrati, a cui siamo soggetti di fronte ad uno sportello bancario?
Una lunga catena di vessazioni, usi ed abusi, ha caratterizzato il sistema bancario italiano. Dall’anatocismo al risparmio tradito, ai mutui usurari, alla mancata applicazione delle leggi – come la simmetria dei tassi di interessi, in vigore dal 4 luglio 2006 o la portabilità dei mutui, dal 2 febbraio 2007. È diventata normalità che le banche possano arrogarsi il diritto di violare le leggi dello Stato.
La mia generazione, è stata educata all’etica del risparmio, ai miei tempi si regalava il salvadanaio a noi ragazzi per insegnarci le virtù ed i sacrifici del risparmio. Oggi esiste la cultura del debito, la vera e propria istigazione ad indebitarsi, ad acquistare a rate sia i beni primari che quelli superflui, in una corsa all’indebitamento che porta anche all’usura. Dopo la cessione del quinto dello stipendio – il prestito più garantito e con nessuna sofferenza a tassi del 20 per cento – è stato ideato il prestito vitalizio, affinché i vecchi che hanno fatto sacrifici per acquistare la casa in cui abitano e che non ce la fanno più con la pensione possano ipotecare la casa, sottraendola così agli eredi. Un grande regalo fatto alle banche, che possono continuare a banchettare, perché – come diceva Ezra Pound – i Governi, senza distinzione di colore politico, fanno i maggiordomi dei banchieri.
La cultura che ritiene di poter rilanciare l’economia sui debiti arriva dagli Stati Uniti: l’ex Governatore della FED Alan Greenspan, portò all’1 per cento i tassi di interesse, attirando nella trappola milioni di americani che non avrebbero mai potuto acquistare una casa, perché non avevano redditi sufficienti. Comprarono le case a tassi indicizzati e quando Greenspan aumentò i tassi fino al 5,25%, milioni di famiglie, non più in grado di pagare rate dei mutui raddoppiate, trascinarono nella loro bancarotta le banche ed i mercati globali, che avevano commercializzato subprime garantiti dalla tripla “A”, il massimo dell’affidabilità finanziaria dalle tre sorelle monopoliste del rating – Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch – che dovrebbero essere incriminate dai tribunali per i loro atteggiamenti criminali.
Del resto un Nobel al di sopra dei sospetti, Joseph Stiglitz, ha testualmente affermato: «Molte imprese non perseguono la massimizzazione del valore per gli azionisti, ma la massimizzazione dei profitti del management». Il premio Nobel 2001 ha fatto l’esempio di Citybank: «Ha guadagnato molto, mentre gli azionisti hanno perso decine di miliardi. Si è visto – ha aggiunto Stiglitz – che bambini di 14 anni ricevevano per posta i moduli per richiedere la carta di credito e così si indebitavano per il resto della vita. Oggi il numero di americani che possiede una casa è più basso rispetto a otto anni fa: negli ultimi mesi, 1,5 milioni di persone hanno perso la casa, nei prossimi mesi altri due milioni la perderanno e alla fine molti milioni di persone avranno perso la casa e tutti i loro risparmi. Le banche non hanno gestito i rischi ma hanno massimizzato i profitti del management e questo é un esempio di capitalismo manageriale impazzito: gli azionisti della banche hanno perso, mentre il management ha guadagnato. La crisi dei subprime continuerà ancora a lungo».
 
Esiste un modello di banca compatibile con criteri di trasparenza sociale a cui riferirsi, per un paradigma alternativo a quello della finanziarizzazione dell’economia oggi dominante?
Devono ancora nascere, e le banche etiche non hanno avuto quel successo sperato. L’unico modello è la Grameen Bank. Scrive Beppe Grillo nella prefazione al mio libro: «Ho incontrato un grande uomo. Un vero economista che ha salvato la vita a un numero incredibile di persone. Il suo nome è Muhammad Yunus, Nobel per la pace del 2006. Grazie a lui anche i mendicanti hanno potuto avere credito. E hanno sempre restituito i soldi. Altro che i finanzieri delle nostre parti. 85.000 mendicanti sono clienti stimati della Grameen Bank di Muhammad Yunus e grazie a lui hanno la possibilità di cambiare la loro vita. In Italia è il contrario entri in banca che non hai problemi e ne esci per chiedere la carità».
 
Cosa pensa delle monete locali? Hanno la possibilità di creare modelli economici territorialmente responsabili e trasparenti sull’emissione di moneta senza inflazione?
Ci aveva provato Giacinto Auriti – studioso di politica monetaria recentemente scomparso, professore universitario ed arguto economista di Guardiagrele (Chieti) –ad introdurre modelli di pagamento alternativi alle monete ed alle banconote ufficiali, che superassero il sistema del signoraggio e della sovranità monetaria. Ma l’intreccio delle mafie invisibili, che attraversa anche il potere giudiziario, ha bloccato quella interessante esperienza.


Elio Lannutti
, giornalista ed esperto di questioni economiche, è stato il fondatore dell’Adubsef, una delle più autorevoli associazioni di tutela dei consumatori e dei risparmiatori, di cui è anche presidente. Da oltre venti anni si batte senza tregua contro truffe ed abusi ai danni dei cittadini, ed è una delle voci più ascoltate in questo delicato campo della vita civile. Ha pubblicato alcuni saggi sulle questioni bancarie e del risparmio. Come sfruttare la banca (1993); Guida all’uso della banca (1997); Euro, la rapina del secolo (2003); I furbetti del quartierino (2005), gli ultimi due con Michele Gambino.

Il seguente articolo è tratto dalla rivista Consapevole 16.