Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Ritorno alla terra

Ritorno alla terra

di Carlo Petrini - 27/01/2009

 

 

«I coltivatori della terra sono i nostri cittadini più preziosi. Sono i più forti, i più indipendenti, i più virtuosi, sentono un forte legame con il loro paese, la sua libertà e i suoi interessi». La frase, datata 1785, è di Thomas Jefferson e due secoli dopo è pienamente sottoscritta dal nuovo presidente Usa Barack Obama, che la pone in apertura del suo programma rurale, dichiarando di credere che i contadini siano ancora «la pietra angolare della democrazia americana».

 

 Il programma agricolo di Obama è molto innovativo e sempre orientato alla sostenibilità: un indice di come l’America dei foodies - le avanguardie della consapevolezza alimentare americana - abbia da un lato influenzato la campagna del neo-presidente e dall’altro abbia riposto in lui tutte le speranze in tema di cambiamenti radicali nella politica rurale a stelle e strisce.

 

Il programma in effetti è uno dei migliori possibili per gli Stati Uniti. Si parla di sostegno alla piccola agricoltura locale, di incentivi per i giovani che vogliano tornare alla terra, di aiuti per la produzione di energie solari ed coliche, di sostegno al biologico. E prevista una nuova ruralità: una fondamentale politica per migliorare la qualità della vita nelle campagne in termini di infrastrutture logistiche, di comunicazione e attraverso migliori servizi. Grande attenzione è dedicata all’istruzione e alla sanità con incentivi per insegnanti e medici che vogliano lavorare in campagna. E positivamente sorprendente poi che sia previsto il riconoscimento dell’origine dei prodotti americani sulla falsariga delle denominazioni europee, mentre nel programma tutto, compresala politica dei sussidi, sembra intelligentemente orientato ai piccoli agricoltori, alle dimensioni locali e comunitarie. Ma i foodies - l’America dei Wendell Berry («Mangiare è un atto agricolo»), dei Michael Pollan (il giornalista autore del bestseller "Il dilemma dell’onnivoro") e delle Alice Waters, chef leader del movimento organic e vice presidente di Slow Food- hanno avuto un sussulto quando Obama ha nominato come Segretario dell’agricoltura Toni Vilsack, ex governatore dell’Iowa.

 

Se da un lato il programma di Obama è un chiaro affrancarsi dalla politica diBush, uomo che nulla ha fatto per nascondere la sua sudditanza nei confronti dei colossi dell’agribusiness come Cargill e Monsanto, la nomina di Vilsack fa immediatamente emergere alcune contraddizioni che sono già state messe in evidenza dal New York Times e da molti attivisti. Sia Obama, sia Vilsack sono arditi sostenitori dei biocarburanti - in particolare dell’etanolo da mais e li identificano come una via prioritaria per risolvere i problemi energetici. Ma l’etanolo da mais è una delle cause principali della recente speculazione finanziaria globale sui cereali. È vero che nel programma si fanno dei distinguo, che si riconoscono tutti i limiti dell’etanolo da mais, ma è altrettanto vero che in Illinois, lo stato di provenienza del neo-presidente, solo lo 0,2% della produzione agricola è destinato all’alimentazione umana, il resto va in biocarburanti e mangimi. Non troppo differente è la situazione nell’Iowa di Vilsack, altro granaio d’America. Sarà difficile spiegare alle lobbies dei grandi agricoltori di questi stati che l’etanolo da mais andrà prodotto, come da programma, «in modo sostenibile», scongiurando «l’aumento dell’utilizzo di pesticidi, dell’uso dell’acqua e le pressioni sul costo del cibo»; che dunque sarà necessario passare presto all’etanolo ricavato da rifiuti e biomasse.

 

Vilsack inoltre è sempre stato a favore degli Ogm, e meno male che almeno dice che dovranno essere dichiarati in etichetta: ciò sarebbe comunque rivoluzionario per gli Usa, un Paese che da tempo è già invischiato mani e piedi nella produzione transgenica. Se Obama ha ottime intenzioni in fatto di grandi allevamenti di bestiame - evitare che droghino il mercato a danno dei piccoli allevatori e fare in modo che sostengano i costi sociali del loro massiccio inquinamento – Vilsack ha visto e non ostacolato, sotto il suo governatorato nell’Iowa, una significativa espansione di questi allevamenti che sono vere e proprie bombe ecologiche.

 

I precedenti del nuovo ministro dell’agricoltura americano forse gettano qualche ombra sul programma illuminato di Obama, ma è un programma che del resto Vilsack ha sottoscritto. Visto che Obama ci sta insegnando che la dialettica è fondamentale, è meglio non avere paura delle contraddizioni. Senza pregiudizi in questa fase non possiamo fare altro che mantenere viva la speranza, sicuri che i foodies americani saranno sempre molto vigili e agguerriti. Sarà una sfida delle più dure per il primo presidente che dai tempi di Thomas Jefferson dice di amare il buon cibo e i buoni ristoranti: avrà tanti oppositori, ma se davvero ha a cuore il cibo e la dignità dei piccoli contadini, vogliamo anche noi credere in un cambiamento che per l’America rurale potrebbe essere davvero rivoluzionario.