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«Nessun battaglione iracheno è autonomo»

di Guido Olimpio - 26/02/2006

Fonte: corriere.it

 

[occupanti o liberatori? ndr]

 

Degradata l’unica unità pronta a combattere senza sostegno degli Usa

L’Iraq è in fiamme e le sue forze armate non dispongono neppure di un battaglione in grado di operare in modo autonomo contro i ribelli. Per intervenire hanno bisogno dell’appoggio americano. È stato lo stesso Pentagono a rivelarlo in un rapporto al Congresso. Un dato che rischia di rendere quanto mai difficile la strategia d’uscita dall’Iraq. Secondo Washington - e gli alleati, Italia inclusa - la condizione indispensabile per il ritiro dal Paese è che le forze irachene - 232 mila uomini - siano in grado di gestire da sole la sicurezza. La situazione però è differente. Il generale Gene Renuart ha rivelato che a settembre l’esercito locale poteva schierare almeno un battaglione (750 uomini) capace di organizzare operazioni articolate e indipendenti contro i guerriglieri. Ossia un’unità - secondo i criteri del Pentagono - di «livello 1». Ma dopo cinque mesi quel magro successo è svanito: oggi quel battaglione è retrocesso a «livello 2». In questa categoria ricadono i reparti che possono agire con un supporto (moderato) americano: a settembre erano disponibili 36 battaglioni, a febbraio sono saliti a 53. Esiste infine «il livello 3» con distaccamenti che possono essere impiegati solo se agiscono al fianco di truppe Usa.
Il ritardo nella preparazione sommata alla sanguinosa lotta interreligiosa di queste ore ha creato non poco imbarazzo a Washington. All’ufficio pianificazione insistono che non vi sono «cambi di traiettoria», ma gli ufficiali si interrogano sulle prospettive. Come sarà possibile ridurre la presenza militare Usa se gli iracheni non hanno raggiunto uno standard adeguato? Se il conflitto civile dovesse allargarsi le speranze di un disimpegno si allontaneranno.
Dopo aver disciolto frettolosamente l’esercito e il partito Baath all’indomani della cattura di Bagdad, gli Usa hanno provato a rimettere in piedi l’apparato bellico. Ma si sono scontrati con la prima difficoltà: la composizione etnica. Il Pentagono auspicava un esercito formato dal 60% da sciiti (maggioranza nel Paese), 30% sunniti, 10% curdi e il resto dalle altre minoranze. Un obiettivo fallito. I sunniti, sospettosi nei confronti degli sciiti e vittime di una campagna di intimidazione da parte dei killer jihadisti, hanno esitato. E quando c’era bisogno di stroncare i focolai di rivolta nel Triangolo della Morte, insieme agli americani c’erano curdi e sciiti. Fatalmente nella comunità sunnita, dove i ribelli pescano le loro reclute, il soldato viene identificato come lo strumento di un potere alieno, manovrato dagli Stati Uniti.
Alle difficoltà politiche si sono sommate quelle tecniche. L’addestramento è relativo, il materiale a disposizione dei soldati non è sempre all’altezza. Gli iracheni hanno bisogno di blindati, elicotteri, logistica e apparati radio, strumenti antibomba: mezzi per fronteggiare guerriglieri sfuggenti. Servirebbero unità d’élite consistenti, mentre Bagdad allinea poche centinaia di commandos. Il resto ha bisogno della balia.