“Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose a cui può permettersi di rinunciare“  (Henry David Thoreau)

Leggere l’articolo di Paolo Merlini: “Viaggiare al tempo della decrescita”, sulle autolinee marchigiane Contram, mi ha riportato a piacevoli momenti, come quella volta che cercai di raggiungere i Monti Sibillini partendo da Firenze con i mezzi pubblici e, dopo averli traversati a piedi, rientrai a casa lungo la costa adriatica. Ha ragione Paolo, certe linee del Maceratese sono “mitiche”. E tutto nasce infatti dal piazzale di scambio di Muccia, luogo che nessun camminatore che si sposta con treni e bus, può dimenticare, perchè è la porta per i Sibillini. Da lì infatti, presi il bus della Contram per Ussita e presto abbandonai case e persone per immergermi nel Paradiso della Regina Sibilla. Un paio di giorni dopo, scendendo dal Sentiero Imperiale, restai incantato dalle fioriture della Piana Grande di Castelluccio e cominciai a progettare quel viaggio a piedi che da qualche anno propongo per l’associazione la Boscaglia.
I Sibillini sono un luogo magico, sin dal medioevo conosciuto come il regno di demoni, negromanti e fate.

Ci hanno ambientato anche 2 romanzi del genere cavalleresco: “Il Guerin Meschino” di Andrea da Barberino ed “Il Paradiso della Regina Sibilla” appunto, di Antoine de la Sale. Una giornata che inizia a Castelluccio di Norcia, per salire a Forca Viola, scendere al lago di Pilato, circondati da qual grandioso anfiteatro che va dal Monte Vettore alla Cima del Redentore ed alla Sibilla, conquista i sensi e suscita il “reincanto del mondo”.
Ancora oggi, si può camminare in questi luoghi in perfetta solitudine e scoprire la distanza tra i ritmi frenetici della nostra società moderna e quelli lenti del camminare nella Natura. Incontrare enormi greggi sui pascoli alti, grandi faggi, rupi svettanti, falchi e aquile.
Anche qui l’uso dei mezzi che suggerisce Paolo Merlini ci può molto aiutare, perchè se arriverete sui Sibillini con i bus locali, vorrà dire che avrete già accumulato parecchie ore tra trasferimenti e soste per cambi, a Foligno, a Muccia, a Visso e la nostra fretta urbana si sarà pian piano acquietata, avremo cominciato a sentire gli accenti locali, le facce e gli odori. E tutto questo vi predisporrà a quel “cambio di ritmo” che sarà mettersi lo zaino in spalla e cominciare a camminare.

Cammino da tanti anni, ma è da quando ho iniziato a fare viaggi a piedi che ne ho scoperto il suo aspetto più profondo. Attraversare a piedi un territorio, con lo zaino in spalla è “respirarlo” profondamente, è entrare nel paesaggio, immergersi completamente. E disintossicarsi dai forsennati ritmi urbani, tutto diventa più dolce, più piacevole. Tutti si ricordano di quanto era buono quel panino mangiato in quel prato, dopo una lunga camminata…
E si diventa più naturali, più in sintonia con la Natura, di cui del resto siamo fatti anche noi. Con quelle quattro cose nello zaino, ci chiediamo la differenza tra il superfluo ed il necessario e, una volta tornati a casa, piano piano diventiamo più essenziali, più umili, più equilibrati, certamente più in sintonia con lo spirito della decrescita felice.

Un altro ricordo evocato dal racconto di Paolo Merlini, è il terminal Pizzarello a Macerata. Lì ho aspettato il bus per l’Abbadia di Fiastra, immensa e suggestiva abbazia cistercense del XII secolo. Da lì sono partito per un altro viaggio a piedi, stavolta tra le dolci colline dei Monti Azzurri, proprio sotto alle pendici orientali del Monti Sibillini. “…e che dolci pensieri immensi che dolci sogni mi spirò la vista di quel lontano mar, quei Monti Azzurri, che di qua scopro, e che varcar un giorno io mi pensava, arcani monti, arcana felicità fingendo al viver mio!” (Giacomo Leopardi)
Dall’Abbadia di Fiastra si può camminare per diversi giorni, in direzione Sud, dormendo ogni sera in un piccolo paese diverso, tutti borghi medievali ben conservati dagli operosi maceratesi: Loro Piceno, S.Angelo in Pontano, Penna San Giovanni, ma soprattutto Monte San Martino. Tra queste antiche mure si nascondono opere d’arte meravigliose come le pale dei fratelli Crivelli, piccoli bed & breakfast, deliziose trattorie in cui gustare la squisita cucina maceratese.
Camminare per queste campagne è un gesto di estrema sobrietà, non ci sono cime impervie da raggiungere, nulla che possa nutrire l’ego di un superbo alpinista, ma tanta bellezza, prati e fiori, alberi maestosi, pievi solitarie, cimiteri, carrareccie tranquille, contadini rubizzi e dalla parlata inconfondibile. E può capitare d’incontrare un macellaio poeta oppure un cappellaio in pensione. E lì seduti vicino ad un fosso ti racconteranno della loro vita, senza fretta, perchè il tempo qui è così rallentato da sembrare fermarsi, perchè solo andando a piedi e rallentando si può recuperare il “qui e ora”.