Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Chi è il finanziere di origini ungheresi?

Chi è il finanziere di origini ungheresi?

di Maurizio Molinari - 10/03/2006

Fonte: lastampa.it

 

 
FINANZIATA DA SOROS, HA GIA’ SPESO 7,5 MILIONI DI DOLLARI E NE SPENDERA’ ALTRI 4. I REPUBBLICANI UTILIZZANO IL METODO DAL 2002

Chi è il finanziere di origini ungheresi
Primi passi per la conquista della Casa Bianca con i metodi di Bush

Nel 1992 demolì il valore della sterlina britannica con una speculazione da dieci miliardi di dollari e nel 2004 è stato il maggior finanziatore di John Kerry con 25 milioni di dollari.
Il finanziere George Soros (nella foto), nato nel 1930 a Budapest in una famiglia ebraica che sopravvisse alle persecuzioni naziste e fuggì all'arrivo dei sovietici, è uno dei personaggi più controversi della vita politica americana.
I detrattori lo accusano di essere uno speculatore senza scrupoli e di odiare i repubblicani al punto da finanziare gli spot tv più ingannevoli e faziosi mentre i sostenitori vedono in lui un protagonista dell'era globalizzazione dei mercati nonché uno dei maggiori benefattori degli Stati Uniti grazie alla «Open Society» di ispirazione popperiana che dal quartier generale di Manhattan finanzia dall'inizio degli Anni Novanta scuole, università e centri di ricerca nelle giovani democrazie dell'Europa ex comunista. A New York lo si incontra a Wall Street come nelle sale del Council on Foreign Relations e ad ogni interlocutore non manca mai di far notare l'ostilità, personale e politica, che nutre nei confronti di George W. Bush. Nel 1981 l'«Institutional Investor» gli riconobbe di essere «il più grande manager di denaro del Pianeta» ed a 76 anni ha accumulato una fortuna stimata in sette miliardi di dollari. Chi lo conosce assicura che la definizione a cui continua a tenere di più è «l'uomo che ha violato la Banca d'Inghilterra». Maurizio Molinari



Proiettata verso la rielezione a senatore di New York in novembre e con un occhio alle presidenziali del 2008 Hillary Clinton ha deciso di dotarsi di una banca dati per disporre degli elenchi di tutti i propri potenziali elettori. Ad inaugurare questo metodo di campagna elettorale furono i repubblicani nelle elezioni del 2002 per il rinnovo parziale Congresso e Karl Rove, consigliere politico della Casa Bianca, affinò il metodo di ricerca nel 2004 consentendo al presidente George W. Bush di sconfiggere John F. Kerry ed essere rieletto con un margine di circa tre milioni di voti che sorprese gli esperti di sondaggi. La banca dati degli elettori si costruisce sulla base dell'analisi incrociata di comportamenti sociali e preferenze di prodotti: dal tipo di acquisti che si fanno con la carta di credito nei supermercati ai giornali a cui ci si abbona fino a come si è votato in passato o alla località dove si risiede. Si tratta di una ricerca di mercato simile a quelle che le grandi aziende eseguono per individuare i potenziali consumatori di un prodotto specifico e Ken Melhman, trentenne presidente del partito repubblicano originario di Baltimora, riassume così alcune delle conclusioni raggiunte: «Chi possiede una macchina Bmw ed ha il porto d'armi è un potenziale conservatore mentre chi guida una Volvo e va a fare lezione di yoga è un potenziale liberal».

Identificando i potenziali elettori la banca dati permette di indirizzare meglio le risorse economiche e umane disponibili facendo comunicazione mirata - con telefonate, email, posta - nei confronti di singoli individui e famiglie che già in partenza sono considerati più sensibili a un particolare messaggio. Fu così che Kerry perse e l'allora presidente del partito democratico, Terry McAuliffe, oggi ammette: «I repubblicani riuscirono ad entrare nei quartieri democratici, strappandoci voti». Uno dei trucchi per riuscirci è identificare i «punti di rabbia» ovvero gli argomenti che suscitando reazioni molto negative spingono a votare anche in contrasto con quanto è stato fatto in passato. E' nel tentativo di seguire le orme di Rove che l'ex first lady senatore dello Stato di New York ha creato «Democracy Alliance», un gruppo di finanziatori che hanno già versato 7,5 milioni di dollari degli 11,5 necessari per realizzare «Data Warehouse», ovvero la banca dati dei Clinton. A guidare il progetto è Harold Ickles, l'ex vice capo di gabinetto nella Casa Bianca di Bill Clinton oggi consigliere di Hillary, ma nulla sarebbe stato possibile senza gli assegni del finanziere George Soros che già nel 2004 fu il principale sostenitore della campagna presidenziale del partito democratico offrendo oltre 25 milioni di dollari. A svelare la genesi di «Data Warehouse» è stato il Washington Post e il progetto fa notizia per una duplice ragione: da un lato essendo una banca dati nazionale e non locale avvalora concretamente la preparazione della sfida presidenziale nel 2008, dall'altro rappresenta una chiara dimostrazione di sfiducia nei confronti dell'attuale presidente del partito democratico, Howard Dean, al quale spetterebbe svolgere compiti proprio come la caccia ai potenziali elettori.

L'ex governatore del Vermont, Dean, durante le primarie del 2004 diventò popolare grazie al successo ottenuto nel ricorrere ad Internet per creare un proprio network di elettori ma l'iniziativa di Hillary punta a dimostrare che quel metodo, seppur efficace, era in realtà arretrato e perdente rispetto alle sofisticate banche dati dei repubblicani. Dean ha scelto per ora di non reagire ma il rischio che si trova ad affrontare è che «Democracy Alliance» finisca per essere una struttura elettorare privata liberal più efficiente dello stesso partito democratico. A spingere Hillary a slegarsi dalla struttura di partito sono probabilmente i sondaggi delle ultime settimane che, pur continuando ad indicarla come favorita nella corsa alla nomination democratica nel 2008, la vedono soccombere in ipotetici scontri diretti con possibili candidati repubblicani come l'ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, ed il senatore dell'Arizona, John McCain. Un'indagine della Qunnipiac University ha attestato, ad esempio, che Giuliani piace al 63,5 per cento degli americani e McCain al 59,7 mentre Hillary si ferma al 50,4, ben sei lunghezze dietro dello stesso marito Bill. Ciò lascia intendere che la difficoltà di Hillary è nel fare breccia nell'elettorato moderato, centrista e tradizionalmente in bilico. Lo stesso che Bush seppe conquistare nel 2004 e del quale lei avrà bisogno per tentare di vincere nel 2008.