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Rovesciamo il paradigma dello sviluppo

di Alessandro Messina* - 10/03/2006

Fonte: decrescita.it

 


Non è banale in questi giorni affrontare il tema delle periferie e della qualità della vita nei territori che le compongono. Tanto meno diviene banale, allora, discutere del modello economico che soggiace le relazioni che nelle periferie, tra loro e con il centro, si instaurano. Una delle sperimentazioni più ambiziose degli ultimi anni è stata certamente quella di provare ad utilizzare lo strumento della finanza agevolata per cambiare il modello di sviluppo economico locale nelle aree periferiche di Roma. Partendo da una concezione meno ortodossa e monolitica di "sviluppo economico", che non può essere più interpretato solo come crescita di addetti e fatturato, per arrivare ad un approccio integrato di politiche diverse (sociali, ambientali, urbanistiche ed economiche), raramente usate in modo sinergico. Ciò che ne è scaturito - in un work in progress ben al di là dall'essere definito e completato, nonché adeguatamente testato - merita di essere discusso e approfondito anche per collocare meglio l'oggetto della discussione di oggi.
Tutto parte da una legge nazionale...
E anche ciò non è banale, oggi che la programmazione in materia economica e la capacità delle politiche nazionali di innescare processi dinamici è assai remota. Questa relazione racconterà in estrema sintesi quello che il Comune di Roma sta facendo dei fondi stanziati dal Ministero delle Attività Produttive in attuazione dell'art. 14 della legge 266/19972. Si tratta di un caso positivo e virtuoso di interazione tra livelli di governo nazionale e locale, come dimostrano anche gran parte delle esperienze nelle altre città coinvolte3.
Dal 1999 ad oggi la città di Roma ha gestito quasi un terzo del totale stanziato a livello nazionale: circa 56 milioni di euro, dunque, sui 171 totali. Di questi, 22 milioni, pari al 39%, sono stati dedicati alle attività di servizio alle imprese e la restante parte ai contributi a fondo perduto: un comportamento poco distante dalla media nazionale, che ha distribuito rispettivamente il 30% e il 70% sulle due misure. Per quanto riguarda le aree della città su cui concentrare gli interventi, è stato da subito chiaro che queste dovevano essere nella periferia. La prima scelta della Giunta comunale fu quella di individuare alcune aree, in base ad indicatori socio-economici di minore sviluppo, e di procedere con un criterio di rotazione più o meno equo per la destinazione dei fondi. Così si è proceduto per i primi tre programmi: 1999, 2000 e 2001. Giunti al termine del 2001 si è capito però che occorreva dare maggiore coerenza agli interventi, procedere verso una chiara direzione di politiche integrate, sfruttande al meglio le opportunità specifiche di ciascun territorio, riconoscendo la grande varietà delle micro-città ricomprese nella città di Roma e dunque anche la diversità delle loro esigenze e potenzialità.
Il programma per il 2002 ha così delineato una "fascia della periferia" su cui l'Amministrazione comunale può intervenire in modo complessivo o selezionandone specifiche porzioni, potendo in questo modo modulare la maggiore o minore intensità dell'intervento programmato e orientando questo tipo di misure verso quelle aree dove vi siano anche altri interventi di tipo sociale, ambientale, urbanistico. Tale fascia è stata ripresa e leggermente modificata - utilizzando come unità geografica le zone urbanistiche - nell'ultimo programma approvato dalla Giunta comunale, con delibera n. 89 del 23 febbraio 20054.
Nel corso di questi anni a Roma sono così state finanziate più di 700 imprese, per un ammontare di investimenti previsti di circa 50 milioni di euro, per un'occupazione attesa a regime pari a circa 3.300 posti di lavoro aggiuntivi, con una media di più di 4,5 nuovi posti di lavoro per impresa finanziata.
Gli otto assi di una strategia di sistema
Nell'attuazione di questi programmi di sostegno alle piccole imprese è andata via via manifestandosi l'esigenza di dare maggiore solidità all'efficacia dell'intervento di pura matrice economica. Servono - per un'azione di sviluppo locale efficace e coerente con lo spirito della legge nazionale - presenza sul territorio, relazioni attive con i cittadini e con il tessuto di potenziali e attuali imprenditori, rivitalizzazione del rapporto fiduciario tra amministrazione e abitanti. Perchè l'obiettivo è far nascere o consolidare piccole imprese in grado, con la loro presenza, di riqualificare un territorio. Dunque si tratta di immaginare un modello di relazioni molecolare, di rete, in cui l'impresa non è una monade isolata dal tutto, frutto soltanto dello spirito animale dell'imprenditore, ma la tessera di un mosaico sociale e territoriale che va costruito - e si autocostruisce - giorno per giorno.
Si parla di piccole, spesso micro, imprese. Dunque situazioni di scarsa patrimonializzazione, con pochi addetti, in cui ciò che conta è più il fattore umano, con la sua triade di sapere, saper essere e saper fare, che il capitale. E' nato così un sistema complesso di interventi tramite i quali si attua l'art. 14 della l. 266/97 a Roma. Non solo contributi alle imprese, quindi, ma anche rete di rapporti, relazioni, informazioni che aiutino la crescita del tessuto sociale prima ed economico poi. Sono otto gli assi che oggi possono essere identificati all'interno di questa strategia: l'animazione sociale; le politiche integrate; gli strumenti tecnico-economici; i presidi territoriali; il credito e la legalità; le filiere privilegiate; l'orientamento alla responsabilità di impresa; l'approccio di prossimità.
Alcuni già consolidati, altri in fase di test, altri in avvio, questi assi - a volte ben intersecati e sovrapposti - riassumono bene la vasta gamma di interventi realizzata e progettata.
1. Animazione sociale
Non c'è sviluppo economico senza tessuto sociale. Non si potrà mai diventare imprenditori se non ci si sente neanche intraprendenti. Non si potrà scommettere su un progetto economico, rischiando tempo, energie, coinvolgimento emotivo, capitale, se non si ha fiducia nella comunità in cui questo progetto si dovrà realizzare. Tutto ciò è più che mai vero in una grande città, con i rischi di frantumazione sociale, dispersione di reti, distanza dell'istituzione dai cittadini. Per questo il primo asse della strategia di Autopromozione sociale deve essere l'attivazione di un serio intervento di animazione sociale, prima di qualunque iniziativa specificatamente economica. Iniziative ricreative, di aggregazione, di partecipazione popolare su specifici territori, possono facilitare la riattivazione di rapporti fiduciari con l'amministrazione pubblica e avviare percorsi di empowerment e di sollecitazione all'intraprendenza individuale. Ad oggi sono sei i territori in cui si andrà sperimentando queste iniziative: Tor Bella Monaca-Torre Angela, Acilia, San Basilio, Laurentino, Corviale, Quartaccio. Zone note della periferia romana, tra le più complesse. Non a caso tra quelle che hanno mostrato - in relazione al resto della città - meno capacità progettuale quando sollecitate da appositi bandi per agevolazioni.
2. Politiche integrate
E' cresciuta nel tempo la consapevolezza interna al Comune di Roma dell'importanza di dare maggiore probabilità di successo agli interventi in campo economici integrandoli in più ampie azioni su specifiche aree della città, che abbiano ad oggetto la riqualificazione urbana, sociale o ambientale.
Ha poco senso favorire la nascita di una bottega artigiana lì dove non c'è passaggio di abitanti perchè la viabilità urbana non lo permette. Oppure sostenere la nascita di una gelateria senza che vi sia un luogo vivibile in cui consumare il gelato. E' da queste considerazioni - basate anche sulla concreta esperienza, sulla storia di vere imprese, fallite o di successo - che l'intervento di Autopromozione sociale si associa spesso con i Contratti di quartiere o con la riqualificazione delle piazze urbane (programma originariamente noto come "100 piazze"), cioè con forme di intervento urbanistico locale, spesso progettato insieme agli abitanti.
3. Strumenti tecnico-economici
Fare impresa è e resta un'attività complessa, che richiede doti e capacità significative, nonché abilità tecniche che si possono trasmettere e imparare, ma che non si può non avere. Per questo restano fondamentali alcune attività standard per la promozione d'impresa come l'orientamento, la consulenza, l'assistenza tecnica. Oggi esistono due Centri servizi, uno a nord (San Basilio) e uno a sud (Garbatella) della città, per fornire assistenza tecnica, orientamento, formazione, tutoraggio alle imprese e agli imprenditori (anche solo aspiranti tali) che desiderano accedere alle agevolazioni. Con l'intento specifico di sollecitare l'intraprendenza e l'imprenditorialità dei migranti è stato aperto uno sportello operativo presso la sede della Caritas di Roma di via delle Zoccolette, noto punto di riferimento degli stranieri nella nostra città. E con gli stessi fini - almeno per la fase informativa - è ormai costante la collaborazione con la Consulta dei cittadini stranieri del Comune di Roma.
Se la componente tecnica è la più collaudata, non bisogna sottovalutare le difficoltà di ripensarne modalità e contenuti alla luce di quanto esposto, concependo l'intervento tecnico come momento di responsabilizzazione dell'individuo, di condivisione di finalità (sull'efficacia, sull'efficienza, sulla trasparenza ecc.), di ingresso in una rete. Dunque la tecnica come veicolo per la strategia.
4. Accumulatori di progettualità
Il riferimento è a quelle strutture fisiche, localizzate sul territorio, che possono realmente fungere da "accumulatori" delle progettualità, da nodi di rete, da punti di partenza per progetti locali. Si tratta degli incubatori di impresa (ad oggi quattro, presto saranno cinque), dei centri servizio (due), dei poli di animazione sociale (sei), dello sportello per migranti (uno), della Città dell'altra economia, dello sportello per la prevenzione dell'usura. Contandole, 16 strutture (17 se si considera anche la forte partnership con la Consulta delle persone straniere) sul territorio cittadino in grado di esprimere anche fisicamente quella strategia di rete e di relazioni che si intende perseguire. Fra le diverse strutture citate, il ruolo principale di "accumulatori di progettualità" spetta certamente agli incubatori di impresa, veri presidi sul territorio, in grado di catalizzare nel tempo le energie più positive. In breve:
- incubatore di Corviale (Incipit): opera dal 2002, ha vocazione territoriale - nel senso che mira allo sviluppo locale del quartiere -, ospita fino a 10 imprese attive in diversi settori economici e ne può associare fino a 15. Si tratta di una struttura di grande qualità dal punto di vista funzionale e architettonico, che ancora deve sviluppare appieno le sue potenzialità sul territorio. Ad oggi sono tre le imprese che sono riuscite a trovare una propria autonomia dopo il periodo di insediamento;
- incubatore di Cinecittà (Start): collocato all'interno degli studios, partito nel 2003, unico in Europa, l'incubatore di Cinecittà è a vocazione, ospita cioè soltanto imprese attive nel settore della produzione audio-video e del multimediale. Progetto che mira a dare forte sostegno a imprese che operano in un settore di nicchia, ad elevata competitività e che richiede una costante crescita della qualità offerta. Ospita 8 imprese e ne associa 10. Sono 5 le imprese che si accingono a uscire per fine anno, alcune con ottime potenzialità di sviluppo;
- incubatore imprese sociali (InVerso): dimensionato su circa 1000 metri quadri, ospita fino a 15 imprese e ne associa 20. Anch'esso a vocazione, è dedicato esclusivamente alle imprese non profit della città: cooperative, cooperative sociali, altre forme imprenditoriali purché prive di scopo di lucro. Si trova nel quartiere di Garbatella;
- incubatore per imprese dello spettacolo (Play): ancora un incubatore a vocazione, questo dedicato esclusivamente ad imprese operanti nella filiera della produzione di eventi culturali e ricreativi (teatro, cinema, danza, musica ecc.). Ospita 8 imprese e ne associa 10, anch'esso insediato a Garbatella;
- incubatore per imprese ICT Open Source: nascerà entro l'inizio del 2006 tra la Tiburtina e San Basilio. Dovrebbe ospitare 8 giovani piccole imprese in grado di lavorare su piattaforme Linux e in generale con l'uso e l'implementazione di free software. L'obiettivo è favorire a Roma la nascita di un piccolo polo del software libero, che possa proporsi come riferimento - anche di mercato - per pubblica amministrazione, imprese e cittadini.
5. Credito e legalità
La cultura del fare impresa è intrinsecamente collegata con il rapporto che una collettività ha con il denaro e con i suoi diversi utilizzi. Il denaro serve a fare impresa, è uno dei prodotti del fare impresa, troppo spesso si identifica - nell'immaginario collettivo più o meno manipolato dalla vulgata economica - con i fini dell'imprenditore. Una sana ed equilibrata crescita economica dei territori non può dunque che associarsi con una cultura del denaro che lo riesca a contestualizzare come strumento indispensabile, mai come fine ultimo. Serve dunque un lavoro attento, cauto, che va dallo strumento tecnico, che aiuta ad entrare in possesso di denaro, all'attività di sensibilizzazione e alfabetizzazione sulla finanza aziendale e le sue implicazioni.
Di qui le scelte di: attivare dei fondi di garanzia per favorire l'accesso al credito delle piccole imprese beneficiarie delle agevolazioni; coinvolgere in questa operazione due banche di cui il Comune di Roma è socio e dalla forte connotazione territoriale e responsabile, Banca di Credito Cooperativo di Roma e Banca Popolare Etica5; avviare una collaborazione con il delegato del Sindaco in materia di prevenzione all'usura, Tano Grasso, per l'attivazione di un centro apposito nel quartiere di Quartaccio.
6. Filiere privilegiate
Un lavoro di ricerca e presenza nei territori implica anche l'individuazione progressiva di determinate esigenze, che possono assumere caratteristiche a volte molto specifiche. E' in questo caso, allora, che si sviluppano misure di intervento mirate su particolari settori o filiere produttive.
E' quanto è accaduto nel tempo con i bandi per:
- artigiani del centro storico: ne sono stati finanziati 50, purché si impegnassero ad ospitare almeno un tirocinante proveniente da aree periferiche, nella prospettiva di contrastare il duplice fenomeno dell'abbandono delle botteghe artigiane e il loro concentrarsi nel centro della città;
- librerie: un'analisi spaziale delle librerie presenti a Roma ha evidenziato la loro fortissima concentrazione intorno al centro. Da lì è nato il progetto di un'azione volta alla nascita solo di nuove librerie, purché ubicate nelle periferie. Oggi il risultato è che ne sono nate 16, che hanno permesso a 120 mila abitanti di avvicinarsi ad una libreria, portando la percentuale cittadina di abitanti che ne hanno una a meno di 500 metri dal 22% al 31%, con un aumento percentuale pari al 41%. Ora la sfida è rendere sostenibile questo progetto, continuando a garantire assistenza e promozione a delle imprese che operano in un settore - quello dell'editoria e della vendita al dettaglio nell'editoria - assai fragile e sempre più dominato da pochi grandi operatori;
- imprese dell'intrattenimento: dopo alcuni avvenimenti della primavera 2004, che portarono sulle prime pagine delle cronache cittadine l'assenza di locali di divertimento nelle periferie, si è avviato un altro progetto dai contenuti simili a quello delle librerie, con la finalità di far nascere nuovi luoghi di aggregazione, intrattenimento, socializzazione. Sono così stati selezionati 19 progetti, ora in fase di avvio e consolidamento, che vanno dal teatro di quartiere alla sala da ballo, dal centro ricreativo multiculturale alle aree giochi per i bambini;
7. Orientamento alla responsabilità
Una scelta chiara della Giunta del Comune di Roma è l'utilizzo dello strumento agevolativo per riorientare
verso comportamenti virtuosi le pratiche delle imprese cittadine. Questo obiettivo viene perseguito attraverso un insieme di azioni, diverse per tipologia e livello di impatto:
- requisiti preferenziali per l'accesso alle agevolazioni;
- strutture di servizio, informazione e formazione;
- sensibilizzazione nei confronti dei cittadini;
- lancio di progetti specifici in grado di incidere sui processi produttivi, economici e finanziari.
Si è arrivati così ad un 15% di piccole imprese (tra le agevolate) che si impegnano a valutare l'impatto socio-ambientale della propria attività, oltre alla nascita di diverse botteghe del commercio equo e solidale e a punti vendita o di trasformazione dei prodotti dell'agricoltura biologica. Ciò significa che vi è un numero crescente di operatori a Roma che inizia a cimentarsi con la cultura della responsabilità d'impresa e degli strumenti per gestirla. Anche per questo, per rafforzare e dare sostegno nel tempo a un simile incentivo, si è pensato di costruire uno strumento che accompagni le imprese in questo nuovo percorso di "responsabilizzazione" socio-ambientale. E' evidente, infatti, che se si vuole promuovere una crescita culturale dei piccoli imprenditori (ma non solo) è opportuno fornire loro tutte attività di formazione, guida metodologica, aggiornamento, condivisione delle informazioni. Ecco perché è stato attivato un Centro per l'Impresa Etica e Responsabile, che avrà il compito di sollecitare, formare, assistere il tessuto produttivo romano in questo percorso. Per dare ulteriore forza al progetto è stato siglato uno specifico protocollo di intesa con la Camera di Commercio di Roma per perseguire congiuntamente l'obiettivo di un'azione di sensibilizzazione e formazione sulle imprese cittadine.
All'interno delle pratiche di responsabilità d'impresa assumono un ruolo guida e trainante, come accennato, i progetti sull'altra economia. Ad oggi il più rappresentativo è senza dubbio quello della Città dell'altra economia, spazio permanente che - a metà tra centro servizio e incubatore di impresa - si collocherà all'interno dell'ex mattatoio di Roma e, con 3.500 metri quadrati a disposizione, darà vita ad un fondamentale punto di promozione, messa in rete e consolidamento delle esperienze dell'altra economia cittadina.
Unica esperienza del genere in Europa, questo progetto può inoltre rappresentare il fulcro - come stabilito dalla Giunta comunale nel febbraio 2005 - per lo sviluppo di un vero e proprio Distretto cittadino dell'altra economia, una rete fitta cioè di scambi e relazioni, economiche e finanziarie, ma anche culturali e sociali, che, dal commercio elettronico ai gruppi di acquisto, sviluppi a vario livello la nuova imprenditoria cittadina secondo un coerente approccio alla riqualificazione dei territori.
8. Approccio di prossimità
Questo punto riguarda meno ciò che si fa e più il come lo si fa. E riguarda più l'amministrazione, il Comune di Roma, come motore del tutto, che i cittadini o gli operatori economici. E' la strada che Autopromozione sociale sta scegliendo: quella di una relazione diretta, possibilmente basata su rapporti di reciproca conoscenza e collaborazione con le imprese. Non è una strada facile, perché nel frattempo va mantenuta la funzione di controllo nel rispetto delle procedure amministrative. Ma non è possibile promuovere sviluppo locale senza mettersi in gioco alla pari degli altri attori, al di là dei ruoli formalmente riconosciuti e oltre le responsabilità di cui non ci si può spogliare.
Troppo spesso gli strumenti di finanza agevolata sono diventati nel tempo un sistema a sé, completamente distante dai reali processi di sviluppo, e troppo spesso questo ha generato nei proponenti una tensione tutta rivolta alla graduatoria e al forzare i progetti dentro i requisiti di gara piuttosto che alle effettiva realizzazione del progetto d'impresa. E questo dipende non solo dalle tendenze al free-riding, che pure ci sono, ma anche dall'atteggiamento della Pubblica amministrazione al formalismo astratto, che mai è opportuno e che nelle politiche economiche diviene surreale.
L'intervento a favore dei migranti
Il mondo dell'imprenditorialità immigrata risulta fortemente dinamico, variegato e complesso. Ciò vale sia a livello nazionale sia per la città di Roma: risulta evidente l'aumento di attività autonome in tutto il territorio cittadino, oltre a territori più "storici", come Esquilino Pigneto, Torpignattara, Magliana, Casilino, Trastevere, Ostiense, Porta Furba. Aumenta l'allontanamento dall'ethnic business, cioè di imprese rivolte a soddisfare prevalentemente bisogni interni alle comunità, a favore della creazione di imprese nelle quali clienti e prodotti non hanno legami con il paese di origine. Diventano più sofisticate le forme societarie, anche se continua a dominare la ditta individuale7.
Ciò nonostante, tra le oltre 700 imprese selezionate dal Comune di Roma fino alla fine del 2004, per più di 4 mila progetti pervenuti, la presenza di cittadini immigrati era praticamente nulla. I pochi casi, del tutto accidentali, non potevano certo considerarsi rappresentativi di una vis economica crescente e che di certo merita attenzione da parte dell'ente locale. Per questo si è deciso di avviare una sorta di progetto pilota per favorire la diffusione presso le comunità di immigrati delle informazioni relative alle opportunità di contributi e di servizi. E per riuscire al meglio in questo obiettivo si è deciso di progettare un bando destinato soltanto ai cittadini stranieri8.
Il lavoro di preparazione è durato diversi mesi e si è avvalso del contributo sia dell'Istituto per gli studi sulla popolazione del CNR, sia della Caritas, sia della Consulta per le persone straniere presso il Comune di Roma. Quest'ultimo partner - coinvolto anche in fase attuativa - si è poi rivelato fondamentale per raggiungere le diverse comunità di immigrati, fungendo da ponte e moltiplicatore per le attività di comunicazione promosse dal Comune.
Dalla fase istruttoria sono emerse alcune linee-guida, che hanno condizionato i contenuti del bando:
- concentrarsi sulle micro-imprese, favorendo la fuoriuscita dall'economia sommersa;
- attivare anche forme di sostegno finanziario (in forma di prestito) per ovviare alle difficoltà di accesso al credito e alla ridotta capacità patrimoniale;
- premiare i progetti in grado di valorizzare le competenze alte degli immigrati, troppo spesso mal utilizzate e sacrificate nel nostro mercato del lavoro.
Ci si è così concentrati su un progetto ideale intorno ai 50 mila euro (tra investimenti iniziali e spese di gestione in avvio), rispetto ai quali il Comune metteva a disposizione un 40% di contributo a fondo perduto e un altro 40% di finanziamento a tasso agevolato (1,5%) rimborsabile in 5 anni. Il bando, uscito a fine 2004, è stato aperto 4 mesi. Sono state più di mille le persone che hanno chiesto informazioni o hanno ricevuto orientamento e assistenza tecnica. 180 i progetti pervenuti, 31 quelli finanziati.
Tra questi esercizi commerciali (alimentari e abbigliamento soprattutto), artigiani (parrucchieri e sartoria), attività editoriali e culturali (giornali, radio), consulenza alle aziende, pompe funebri per persone di rito mussulmano, servizi diversi (dai viaggi ai telefoni).
In queste settimane sono in avvio i progetti, che a volte si sono confrontati con difficoltà particolari, che superano quelli già noti per ogni piccola impresa9. Una fra tutte: il diverso atteggiamento nei confronti dei cittadini immigrati da parte di chi affitta un locale per l'attività imprenditoriale.
Mentre in media sono due o tre le mensilità richieste come caparra, si stanno verificando casi in cui la richiesta arriva a 12 mensilità, spingendo l'impresa a rinunciare al progetto e dunque anche all'agevolazione. Resta dunque un lavoro importante da svolgere, sia in fase di tutoraggio di queste imprese, sia nell'elaborazione di strumenti tecnici pensati ad hoc, come potrebbe essere un sistema di fideiussioni garantite dal Comune da rilasciare ai proprietari dei locali.
Il risultato più importante, comunque, al di là del significato umano, oltre che economico, di ciascuna delle esperienze che partiranno, è l'aver avviato un dialogo forte con le comunità, essere riusciti a far conoscere loro queste opportunità. Di lavoro da fare ne resta tanto, le difficoltà - come detto - sono diverse e a volte spinose, ma da questo momento in poi, per un cittadino immigrato, sarà forse un po' più semplice scegliere di trovare una propria via al reddito, sviluppare un'idea, mettere in gioco le proprie competenze.

Riferimenti bibliografici
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*Il testo dell'intervento di Alessandro Messina, dirigente dell'Ufficio di Autopromozione sociale del Comune di Roma, al convegno intitolato "Migranti, credito, sviluppo locale. Nuove relazioni economiche per la qualità sociale":