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Addio a James Ballard e alle sue visioni

di Daniele Barbieri - 22/04/2009

 
 


«Credo nel potere che ha l'immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli».
E' l'inizio di un famoso testo di James Ballard, lo scrittore inglese morto domenica a 78 anni. Più avanti questa lunga poesia-preghiera si fa provocatoria: «Credo nella bellezza degli scontri d'auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell'eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati». Vi abbonda uno strano erotismo che mescola feticismo del moderno e odio-amore per i leader: «Credo negli organi genitali degli uomini e delle donne importanti, nelle posture di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e della principessa Diana, negli odori dolciastri emessi dalle loro labbra mentre fissano le telecamere di tutto il mondo».

Trovate il testo completo in Visioni (edito da Shake) che si presenta come la guida più completa all'universo ballardiano: raccoglie interviste, saggi di-su Ballard, collage e una bibliografia completa e aggiornata. Da pochissimo Feltrinelli ha tradotto I miracoli della vita , la sua auto-biografia (sapeva che sarebbe stata l'ultima opera) mentre Fanucci ripubblica tutti i racconti.

Era nato a Shangai nel 1930 e quando i giapponesi l'avevano occupata era finito in campo di concentramento, come sa chi ha letto L'impero del sole o ne ha visto la versione di Steven Spielberg. C'è ben poco di fantascienza in quel libro-film mentre il Ballard più provocatorio fu portato sullo schermo da David Cronenberg con Crash , tratto dal romanzo omonimo, «il primo romanzo pornografico basato sulla tecnologia». Due volti di un Fregoli, scrittore dalle 100 reincarnazioni.
Molti considerano Ballard uno dei più grandi autori di fantascienza; altri - e qualche volta lui stesso - hanno negato che la science fiction fosse l'aspetto più importante della sua opera: per assurdo entrambe le tesi sono giuste, a dimostrare che le etichette ingannano sempre.
Il primo Ballard, quello che in Italia è pubblicato solo da Urania e altri editori specializzati in fantascienza, si colloca nel genere catastrofico. Ma l'autore sembra più interessato alle psicologie che emergono che ai nudi fatti. Fin dagli anni '60 si dedica a esplorare «lo spazio interno» piuttosto che quello "esterno" della classica fantascienza. Ci spiega che in passato il mondo esterno era per noi la realtà mentre quello interno era il regno della fantasia, dell'immaginazione. Ma oggi i ruoli si sono invertiti: il reale diventa show… soprattutto tv: Guerra del Golfo come video-games, marines che in Somalia ripetono lo sbarco perché le telecamere non erano pronte a riprendere… Il reale diventa show mentre l'immaginario - ciò che è interno a noi stessi - sempre più occupa il posto della realtà. Ballard ci sfida a capire che ormai sogni e incubi ci sembrano veri mentre la realtà appare fiction. Ed è fra i primi a raccontare il presente e il futuro come archeologia: era già «post-moderno» quando il termine anzi il concetto non era stato pensato.

Politicamente difficile da definire. In Millennium People c'è un dialogo significativo sulla «società spazzatura» che però piace ai ceti medi: «ne sono schiavi, come gli operai delle fabbriche un secolo fa». Eppure proprio lui ha scritto uno straordinario racconto marxiano, Cronopoli con i lavoratori che distruggono i moderni orologi oppressori proprio come accade nel 1871 durante la Comune di Parigi.

Nei suoi scritti torna l'idea che «il matrimonio fra ragione e incubo» abbia dominato il XX secolo. Ballard non crede che sia possibile uscirne. Nel brevissimo «Un gioco da bambini» la frase-chiave è: «in una società totalmente sana, l'unica libertà è la follia». Anche perché quella sanità è imposta quanto presunta come l'ipocrita pacifismo dei grandi contro cui si scaglia nel bellissimo racconto Febbre di guerra che dà il titolo alla omonima antologia pubblicata da Rizzoli e che vale riassumere.

Siamo in un futuro vicinissimo, quasi un presente. A Beirut parlano le armi, di tutti contro tutti. Sembra che molti vogliano un "cessate il fuoco". Se il mondo è in pace, perché solo a Beirut si spara? Finalmente la tregua. Subito rotta. Da chi? Sono state le Nazioni Unite. Perché? «Hai sentito parlare d'una terribile malattia chiamata vaiolo? 50 anni fa l'Organizzazione mondiale della sanità lanciò una grande campagna per eliminarlo. Lo fecero scomparire dalla Terra. Ma il virus del vaiolo muta e noi dobbiamo aggiornare i nostri vaccini. Così l'Oms ebbe cura di non eliminare del tutto la malattia. Ha permesso che il vaiolo attecchisse in un remoto angolo del terzo mondo, per tenere d'occhio l'evolversi della malattia. Qui a Beirut si sta facendo lo stesso: si studia il virus della guerra».
Se ne è andato un grande scrittore: provocatore geniale ma anche il poeta del «credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce».