Sri Lanka, 20 mila civili massacrati per sgominare le Tigri Tamil
di Cecilia Zecchinelli - 30/05/2009
Gli operatori occidentali denunciano: bimbi rapiti e uccisi, medici «spariti», donne sgozzate
Le foto-choc del «Times»: fosse comuni in un campo profughi
COLOMBO — File ordinate di rettangoli nella sabbia, come un immenso orto abbandonato. Mucchi oblunghi di terra, alla rinfusa. Resti di baracche, carcasse d’auto, palme senza foglie. Le foto diffuse ieri dal Times sembrano mostrare una zona tropicale dopo un tifone. Invece, sono quel che resta dell’ultima roccaforte delle Tigri Tamil e del vicino campo profughi per 100 mila persone (chiamato con macabra ironia «no-fire zone», zona sicura), nel Nord Est di Sri Lanka. Il luogo della battaglia finale. I rettangoli sono tombe: quelle delle Tigri disciplinate come lo era il loro esercito, quelle disordinate della gente. Grazie a queste immagini, a documenti dell’Onu finora riservati, a vari esperti e testimoni, il quotidiano rivela: «I civili uccisi nell’attacco finale sono almeno 20 mila, tre volte la cifra ufficiale. Il governo non ha fermato i bombardamenti il 27 aprile, come dice, ma li ha intensificati fino al 19 maggio. A uccidere quelle persone, mille al giorno, non sono state le Tigri ma soprattutto le forze regolari negli ultimi, micidiali attacchi per cielo e terra».
A undici giorni dalla vittoria finale sulle «Tigri di liberazione dell'Eelam Tamil» (Ltte), annientate dopo 25 anni insieme al loro leader Prabhakaran, l’«unione e la pace» dell’isola sono ancora oggi celebrate a Colombo e nel Sud. Ogni accusa o sospetto respinti come «propaganda pro-Ltte». «E ora che l’onnipotente presidente Mahinda Rajapaksa ha avuto il sostegno a Ginevra del Consiglio Onu per i diritti umani, che mercoledì ha bocciato la richiesta europea di indagare il suo governo per crimini di guerra, la sua arroganza è totale», dice un volontario italiano che come tutti qui chiede l’anonimato. «Quello che scrive il Times è terribile ma cruciale per rompere la cortina di terrore che da mesi impedisce di sapere cosa succede al Nord. Nonostante le protezioni dei Paesi amici, guidati dalla Cina, spero che ora Ban Ki-moon aprirà un’inchiesta».
Il capo dell’Onu era arrivato a Colombo sabato scorso, poco gradito ma inevitabile. Aveva visitato (20 minuti) il «villaggio della solidarietà» di Manik Farm a Vavuniya, che rinchiude 265 mila profughi. Aveva sorvolato la zona dell’ultima battaglia. Aveva visto Rajapaksa, ricevendone rassicurazioni sulla sorte dei Tamil sopravvissuti. Poi la vittoria a Ginevra, l’annuncio che lo stato d’emergenza resterà, le prime testimonianze emerse dal fronte Tamil all’estero e da fonti indipendenti. Come quelle che provano l’uccisione a sangue freddo di due leader politici del Ltte con le loro famiglie, nelle ultime ore: erano usciti con le bandiere bianche, sono stati accolti dai mitra.
«Notizie terribili filtrano anche da Manik Farm, diventato il più grande carcere a cielo aperto del mondo — racconta un altro operatore europeo —. Mancano acqua, cibo e medicine perché le agenzie umanitarie hanno accesso limitato. Sono iniziati casi di Tbc e tifo. Sappiamo di rapimenti di bambini e di omicidi perché i paramilitari hanno mano libera». «E’ una situazione disperata — conferma al telefono un terzo operatore, uno dei pochi che ha accesso al campo —. Ci lasciano entrare per qualche ora, sempre sorvegliati. Il nostro pieno accesso ai profughi è lontano ». Di più non dice: tre medici locali che avevano rilasciato (vaghe) dichiarazioni ai media sono «spariti». Ma dal tam-tam di operatori e diplomatici è arrivata la notizia di 11 donne trovate sgozzate: avevano i capelli corti, «prova» di appartenenza alle Tigri. Si sa che le scuole di Vavunya sono state trasformate in piccole Guantanamo per i maschi sopra i 14 anni. «Il governo crede che ci siano ancora un migliaio di Tigri tra i civili, li controllano uno per uno — dice un diplomatico ». Avevano parlato di detenzione forzata dei Tamil per 2 o 3 anni, poi di sei mesi, ora vedremo ». E poi i bambini. Un quinto di loro, stima Stein Leid di Save The Children, sono dispersi o orfani. «La fuga verso il campo è stata così dominata dal panico che ho incontrato una madre che aveva perso il neonato — dice —. Centinaia di piccoli vagano soli, terrorizzati». E c’è di peggio. La Coalizione per fermare l’uso dei bambini- soldati dichiara di avere prove che molti bimbi sono prelevati nel campo dai paramilitari per interrogarli o chiedere un riscatto. Tra le milizie, c’è quella del Colonnello Karuna, l’ex numero due del Ltte, dal 2004 passato al governo e ora ministro della Riconciliazione.
Il presidente nega tutto. Dichiara che «a Sri Lanka non ci sono differenze etniche, solo tra patrioti e non patrioti». Si dice pronto ad accettare l’aiuto internazionale, «senza interferenze». Karuna promette perfino elezioni tra i Tamil. Ma nonostante i media locali tacciano (9 giornalisti uccisi dal 2006) e la barriera di terrore resti, forse qualcosa sta cambiando. Dopo le rivelazioni del Times, alti dirigenti Onu e sempre più Ong internazionali chiedono ora con forza un’inchiesta su Rajapaksa e il suo governo.