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La guerra segreta nella Papua Occidentale

di John Pilger - 29/03/2006

Fonte: Nuovi Mondi Media

 

La brutale occupazione indonesiana della Papua Occidentale è uno dei più grandi segreti del nostro tempo. Se non vogliamo che la storia dei diritti umani sia la storia delle grandi impunità del potere, le Nazioni Unite devono tornare in questo paese, come hanno fatto per Timor Est

Nel 1993, io ed altre quattro persone abbiamo viaggiato clandestinamente attraverso Timor Est, al fine di raccogliere le prove del genocidio commesso dalla dittatura indonesiana. Il silenzio riguardo questo piccolo paese era tale che l’unica cartina che sono riuscito a trovare prima di partire aveva degli spazi bianchi in cui si leggeva la scritta “Incompleto rilevamento dei dati”. Eppure, pochi luoghi sono stati così profanati e abusati da forze assassine. Sono così tante le persone che il dittatore indonesiano Suharto ha fatto uccidere, in collusione con la “comunità internazionale”, che neanche Pol Pot, in proporzione, è riuscito a mietere tante vittime.

A Timor Est, ho trovato un paese pieno zeppo di tombe, croci nere a perdita d’occhio: croci sulle vette, croci in file sui fianchi delle colline, croci ai lati delle strade: rivelano l’uccisione di intere comunità, dai bambini agli anziani. Nel 2000, quando gli abitanti di Timor Est, dando una prova collettiva di coraggio senza precedenti storici, finalmente hanno ottenuto la libertà, le Nazioni Unite hanno istituito una commissione d’inchiesta: il 24 gennaio, le sue 2.500 pagine sono state pubblicate. Non ho mai letto niente del genere. Nel rapporto, che è stato scritto avvalendosi per la maggior parte di documenti ufficiali, si racconta con dettagli raccapriccianti la disgrazia del sacrificio di sangue di Timor Est, si afferma che 180.000 persone sono state uccise dalle truppe indonesiane o sono morte di inedia forzata. Inoltre viene descritto il “ruolo primario” del governo statunitense, britannico e australiano in questa carneficina. “Il sostegno politico e militare [degli USA] fu fondamentale” in crimini che vanno dalle “esecuzioni di massa agli insediamenti forzati, dalle violenze sessuali ad altre orribili forme di tortura come i maltrattamenti ai bambini”. La Gran Bretagna, virtualmente complice nell’invasione, è stata il maggiore fornitore di armi. Se volete vedere attraverso la cortina di fumo che attualmente invade l’Iraq, e capire il vero terrorismo, allora dovete leggere questo documento.

Mentre lo leggevo, mi sono tornate in mente le lettere che gli ufficiali del Foreign Office hanno scritto ai cittadini e ai parlamentari preoccupati in seguito alla proiezione del mio film “Morte di una nazione”. Pur conoscendo la verità, essi negarono che gli elicotteri Hawk stessero radendo al suolo i villaggi dai tetti di paglia e che le mitragliatrici Heckler & Koch stessero uccidendo gli abitanti; mentirono persino riguardo il grado di sofferenza della popolazione.

E sta succedendo di nuovo; avvolto nello stesso silenzio e con la “comunità internazionale” che gioca ancora la parte di sostenitore e beneficiario dell’annientamento di un popolo indifeso. La brutale occupazione indonesiana della Papua Occidentale, una regione vasta e ricca di materie prime – che come Timor Est è stata sottratta al suo popolo – è uno dei più grandi segreti del nostro tempo. Recentemente, il ministro australiano delle “comunicazioni”, la senatrice Helen Coonan, non è riuscita a posizionarla sulla cartina della sua regione, proprio come se non esistesse.

E’ stato stimato che 100.000 papuani, il 10% della popolazione, siano stati uccisi dai militari indonesiani, ma secondo i rifugiati questa è solo una frazione della cifra reale. In gennaio, 43 abitanti della Papua Occidentale hanno raggiunto le coste dell’Australia settentrionale dopo un pericoloso viaggio di sei settimane in una piroga. Erano senza cibo e avevano stillato le ultime gocce d’acqua nelle bocche dei loro bambini. “Sapevamo che se i militari indonesiani ci avessero preso, la maggior parte di noi sarebbe morta”, ha detto Herman Wainggai, il capo della spedizione, “trattano gli abitanti della Papua Occidentale come bestie. Hanno creato milizie e jihadisti proprio a questo scopo. È come a Timor Est”.

Per più di un anno, circa 6.000 persone si sono nascoste nella giungla dopo che i loro villaggi e raccolti sono stati distrutti dalle Forze Speciali Indonesiane. Issare la bandiera della Papua Occidentale è considerato “alto tradimento”, due uomini stanno scontando una condanna di 10 e di 15 anni per aver soltanto tentato di farlo, e un uomo è stato cosparso di benzina e dato alle fiamme in seguito all’assalto a un villaggio, come terribile ammonimento.

Quando nel 1949, i Paesi Bassi concessero l’Indipendenza all’Indonesia, sostennero che la Papua Occidentale fosse un’entità geografica ed etnica separata, con un carattere nazionale distintivo. Un rapporto pubblicato lo scorso novembre all’Aia dall’Istituto di Storia dei Paesi Bassi, ha rivelato che gli olandesi avevano segretamente riconosciuto “l’inconfondibile inizio della formazione di uno stato papuano”, ma furono costretti dall’amministrazione di John F. Kennedy ad accettare il controllo “temporaneo” indonesiano su ciò che un consigliere della Casa Bianca definì “poche migliaia di chilometri di terra cannibale”.

Gli abitanti della Papua Occidentale rimasero fregati. Gli olandesi, gli americani, i britannici e gli australiani sostennero un “Atto di Scelta Libera” apparentemente controllato dalle Nazioni Unite. I movimenti di un team di monitoraggio composto da 25 persone furono limitati dai militari indonesiani e furono negati loro degli interpreti. Nel 1969, su una popolazione di 800.000 persone, circa un migliaio di papuani, attentamente selezionati dagli indonesiani, “votarono”. Sotto la minaccia delle armi, “scelsero” di rimanere sotto il governo del Generale Suharto – che aveva preso il potere nel 1965 con un’operazione che la CIA in seguito ha definito “uno dei peggiori omicidi di massa della fine del 20° secolo.” Nel 1981, il Tribunale dei Diritti Umani della Papua Occidentale, messo al bando, venne a sapere da Eliezer Bonay, primo governatore della provincia indonesiana, che circa 30.000 abitanti della Papua Occidentale erano stati uccisi tra il 1963 e il 1969. Di ciò si è saputo ben poco in occidente.

Il silenzio della “comunità internazionale” si spiega con la straordinaria ricchezza della Papua Occidentale. Nel novembre 1967, subito dopo che Suharto aveva consolidato la sua presa di potere, l’azienda Time-Life Corporation sponsorizzò una conferenza straordinaria a Ginevra. Tra i partecipanti c’erano i più potenti capitalisti del mondo, primo fra tutti il banchiere David Rockefeller. Sedevano di fronte a loro gli uomini di Suharto, conosciuti con il nome “mafia di Berkeley”, poiché alcuni avevano usufruito di borse di studio finanziate dal governo americano presso la University of California a Berkeley. In tre giorni, l’economia indonesiana fu spartita settore per settore. Il nickel della Papua Occidentale fu consegnato a un consorzio euroamericano, mentre alcune compagnie americane, giapponesi e francesi ottennero le sue foreste. Ma il pezzo forte del bottino, ovvero, la più grande riserva aurea del mondo e il terzo più grande giacimento di rame - letteralmente una montagna d’oro e di rame – finì nelle grinfie del gigante americano dell’industria mineraria Freeport-McMoran. Il rapporto olandese afferma che nel consiglio di amministrazione di tale società c’era Henry Kissinger; e chi altri, se non proprio Kissinger (mentre ricopriva la carica di Segretario di stato americano), diede il via libera a Suharto per l’invasione di Timor Est?

Oggi Freeport è probabilmente la più grande singola fonte di entrate per il regime indonesiano: si dice che l’azienda abbia consegnato 33 miliardi di dollari a Jakarta tra il 1992 e il 2004, ma una minima parte ha raggiunto il popolazione della Papua Occidentale. Nel dicembre scorso, sono stati riportati 55 decessi per inedia nel distretto di Yahukimo. Il quotidiano Jakarta Post ha notato l’“orribile ironia” di patire la fame in una provincia “immensamente ricca”. Secondo la Banca Mondiale, “il 38% della popolazione della Papua Occidenale vive in povertà: è più del doppio della media nazionale”.

Le miniere della Freeport sono sorvegliate dalle Forze Speciali indonesiane, un gruppo di terroristi tra i più esperti al mondo, come testimoniano i recenti crimini documentati a Timor Est. Conosciuti col nome Kopassus, sono stati armati dai britannici e addestrati dagli australiani. Lo scorso dicembre, il governo Howard a Canberra ha annunciato che avrebbe ripreso la “cooperazione” con i Kopassus alla base australiana delle Forze Aeree Speciali vicino a Perth. Ribaltando la realtà, l’allora ministro australiano della difesa, il senatore Robert Hill, ha descritto i Kopassus come altamente specializzati “nell’affrontare una crisi di dirottamento o le operazioni di salvataggio degli ostaggi.” I documenti nelle mani delle organizzazioni dei diritti umani sono stracolmi di prove del terrorismo dei Kopassus. Il 6 luglio 1998, nell’isola di Biak, appena a nord dell’Australia, le Forze Speciali hanno massacrato più di 100 persone, in maggioranza donne.

Tuttavia, i militari indonesiani non sono stati in grado di sedare il popolare Movimento Papua Libera (OPM), che dal 1965, quasi da solo, continua audacemente a rammentare agli indonesiani che loro sono gli invasori. Negli ultimi due mesi, tale resistenza ha portato gli indonesiani a far affluire più truppe verso la Papua Occidentale. Due unità corazzate per il trasporto truppe, fornite dal governo britannico e dotate di cannoni ad acqua, sono arrivati da Jakarta. Sono stati consegnati per la prima volta durante l’ultima “dimensione etica” in politica estera di Robin Cook. Cacciabombardieri Hawk, costruiti dalla BAE Systems (la più grande industria bellica britannica, NdT), sono invece stati usati per la distruzioni di interi villaggi della Papua Occidentale.

Il destino dei 43 in cerca di asilo politico in Australia è precario. Contravvenendo alle leggi internazionali, il governo Howard li ha fatti spostare nella Christmas Island, che fa parte della “zona di esclusione” australiana per i rifugiati. Dovremmo stare attenti a ciò che succede a queste persone. Se non vogliamo che la storia dei diritti umani sia la storia delle grandi impunità del potere, le Nazioni Unite devono tornare nella Papua Occidentale, come hanno fatto per Timor Est. Oppure dobbiamo sempre aspettare che le croci si moltiplichino?

 



Fonte: http://www.truthout.org/docs_2006/030906D.shtml
Tradotto da Chiara Turturo per Nuovi Mondi Media