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Un antico futuro, le radici del bio-regionalismo nella civiltà neolitica dell'antica Europa

di Stefano Panzarasa - 27/12/2009


 
La Terra è una Dea (Senofonte, IV sec. a.C.)
 
Il Bioregionalismo e la crisi del pianeta

"Il concetto bioregionale può essere descritto come la visione di una società umana connessa alla geografia della terra, come parte integrante della trama della vita, come il vivere e il lavorare nel rispetto dei ritmi e dei cicli naturali di luoghi specifici. Questi luoghi sono le bioregioni. La terra stessa è organizzata in bioregioni, territori omogenei definiti per continuità di paesaggio, di clima o di suoli, oppure dall'interezza di un bacino fluviale, o dall'areale di piante a animali nativi ma pure da culture umane che in quel posto hanno saputo evolversi in senso di reciprocità con l'ambiente circostante. Principalmente l'idea bioregionale ci permette di vedere e affrontare i problemi sociali e ambientali da un altro punto di vista. Essa considera il luogo in cui si vive, la propria bioregione, non più come una entità materiale da sfruttare, per l'esclusivo benessere dell'uomo, ma piuttosto come un insieme di esseri e relazioni" (Giuseppe Moretti - Rete Bioregionale Italiana). In questo fine millennio sia la società capitalistica, sia ciò che rimane della società del cosiddetto "socialismo reale", sia le società percorse da movimenti a carattere religioso-integralista, stanno mettendo terribilmente in luce tutti i loro limiti ambientali, sociali e economici. Il pericolo planetario di una catastrofe nucleare, la guerra, l'inquinamento, l'ingiustizia sociale, sono solo tra i più eclatanti aspetti che stanno lì ad incrinare profondamente il mito di dominio e di sviluppo che sembrerebbe abbia sempre guidato queste società di tipo gerarchico-dominatore nei loro pensieri e nelle loro azioni. Ma nella storia degli esseri umani e in particolare in Europa, le cose sono andate sempre così? E' proprio un destino intrinseco delle società umane, dalle più semplici alle più complesse, generare aggressività violenza e dominio nei confronti degli esseri umani stessi e della natura? E cosa possono rappresentare attualmente movimenti alternativi come il bioregionalismo o anche il movimento per la pace o il femminismo, rispetto allo spiegamento di forze culturali e materiali mese in campo dalle società dominanti per mantenere invariata la loro supremazia? Per cercare una risposta a questi interrogativi e ritrovare le nostre antiche radici europee, insieme alla saggezza dei nostri antenati "nativi" ecco quella che a prima vista potrebbe sembrare solamente una bella storia ma che potrebbe servirci per dare un nuovo significato alla nostra vita...
 
L'Antica Europa (7000-3500 a.C.) e il culto della Dea: Quando Dio era una donna…
 
C'era una volta una civiltà basata su valori come il legame con la terra e la natura, l'equilibrio ecologico, la pace, l'amore, la non violenza, l'uguaglianza fra i sessi, la parità sociale e la spiritualità, una civiltà dove il profitto e il progresso tecnologico erano investiti nel benessere comune, nelle arti e nel godimento della vita. Le città, prive di fortificazioni, erano costruite in base alla bellezza dei luoghi e alla ricchezza delle risorse naturali locali. Il principio comune era l'amore per la vita in tutte le sue manifestazioni animate e inanimate. Immaginate una società che non conosceva la guerra, almeno non nel senso comune che oggi le viene dato. La profonda osservazione della natura nei suoi processi ciclici e legati alla fertilità delle donne, degli animali e delle piante, il porsi domande sull'origine della vita e il significato della morte, portò le genti di questa civiltà a immaginare l'universo come una madre onnidispensatrice nel cui grembo ha origine ogni forma di vita e nel cui grembo, come nei cicli della vegetazione, tutto ritorna dopo la morte per poi rinascere. La religione di questa civiltà, di tipo matrilineare, fu quindi quello della Dea Madre, del principio femminile, del rispetto e considerazione delle donne, sacerdotesse e capi dan, la Dea aveva il potere di donare e sostenere la vita, quanto di portare la morte ma anche la rinascita. Il principio maschile aveva anche la sua importanza ed era rappresentato dal figlio/amante della Dea; la loro unione era simboleggiata dal rito del "matrimonio sacro". Alla mascolinità era quindi associata, tra l'altro, l'energia della Terra e Io spirito selvatico della natura e gli sciamani erano coloro capaci di entrare in contatto con queste forze per operare riti e guarigioni... Non stiamo raccontando una bella favola ecologista ma approfonditi studi archeologici sulla civiltà agricola neolitica dell'Antica Europa pre-indoeuropea come è stata definita dall'archeologa Marjia Gimbutas (Europa centro meridionale, balcanica, bacino del Mediterraneo). Una civiltà non utopica ma reale, che con tutti i limiti e imperfezioni immaginabili per quel tempo così lontano dai nostri giorni, vide a suoi albori all'inizio del Paleolitico superiore, circa 40.000 anni fa, con la comparsa deIl'Homo sapiens sapiens e delle prime pitture rupestri, per poi fiorire verso il 7000 a.C. e perdurare ininterrotta per circa 3.500 anni. In seguito l'evoluzione sociale e spirituale di questa civiltà fu interrotta dalle invasioni di violente popolazioni guerriere nomadi dedite alla pastorizia, provenienti inizialmente dalle fredde steppe caucasiche dell'Est europeo e in seguito da tutta l'Europa orientale e dai deserti dell'Asia Minore, come per esempio le antiche tribù ebraiche guidate dai loro sacerdoti-guerrieri. Queste genti, con una struttura sociale patriarcale, adoratrici di bellicose divinità maschili E delle armi, lentamente ma inesorabilmente travolsero anche con massacri e distruzioni le pacifiche popolazioni locali. Nella protetta isola di Creta questa antica civiltà, chiamata localmente Minoica, iniziata più tardi rispetto al continente, circa verso il 3000 a.C., perdurò fino a circa il 1500 a.C. Tra i principali centri della civiltà dell'Antica Europa, vere e proprie città con una tuttora invidiabile organizzazione e influenza socio-culturale ricordiamo Qatal Hùyùk e Hacilar (nell'attuale Turchia), Vinca (Yugoslavia), Cucuteni (Romania), Gerico (Palestina) e la più conosciuta Cnosso (Creta). L'isola di Creta fu forse l'ultimo luogo sul pianeta dove si celebrò l'armonia tra gli uomini e le donne... In seguito varie popolazioni europee come i greci, gli etruschi e i celti presero molti spunti dalla civiltà neolitica dell'Antica Europa e l'antica religione della Dea madre non fu mai del tutto soffocata ma alla società di tipo ugualitario-mutuale che celebrava la vita e la natura, se ne sostituì un'altra di tipo gerarchico-dominatore basata sulla violenza e la sopraffazione che vide innanzi tutto la supremazia degli uomini sulle donne e sulla natura e che ancora caratterizza principalmente le grandi società organizzate moderne come quella occidentale.
 
La visione universale della cultura della Grande Dea.
 
Queste nostre riflessioni derivano principalmente dagli studi di Marija Gimbutas autrice del libro: il linguaggio della Dea - Mito e culto della Dea Madre nell'Europa Neolitica, di cui riportiamo un passo essenziale: "La celebrazione della vita è il motivo dominante nella ideologia dell'arte dell'Antica Europa (...) la Dea era, in tutte le sue manifestazioni, il simbolo dell'unità di tutte le forme di vita esistenti nella natura. Il suo potere era nell'acqua e nella pietra, nella tomba e nella caverna, negli animali e negli uccelli, nei serpenti e nei pesci, nelle colline, negli alberi e nei fiori. Di qui la percezione mistica e mitopoietica della santità e del mistero di tutto quanto è sulla Terra. Quella cultura si deliziò dei prodigi naturali di questo mondo. Il suo popolo non produsse armi Ietali, nè costruì fortificazioni in luoghi inaccessibili, come avrebbero fatto i successori, anche quando conobbe la metallurgia. Invece costruì magnifiche tombe-santuari e templi, comode abitazioni in villaggi di modeste dimensioni e creò ceramiche e sculture superbe. Fu quello un lungo periodo di notevole creatività e stabilità, un'epoca priva di conflitti. La cultura di quel popolo fu una cultura dell'arte. Le immagini e i simboli derivanti dalle ampie testimonianze archeologiche di quel mondo antico affermano che la cultura della Grande Dea (1) partenogenetica dominò in Europa per tutto il Paleolitico e il Neolitico e nell'Europa mediterranea per la maggior parte dell'Età del Bronzo. La fase seguente, quella degli dei guerrieri, pastorali e patriarcali, che o soppiantarono o assimilarono il pantheon delle dee e degli dei, rappresentò una fase intermedia prima dell'era cristiana e del diffondersi del rifiuto filosofico di questo mondo. Si sviluppò un pregiudizio contro questa mondanità e con questo la ripulsa della Dea e di tutto quello che aveva significato. La Dea gradualmente si ritirò nel profondo delle foreste o sulle vette delle montagne, e lì sopravvisse fino ai nostri giorni nelle credenze e nelle fiabe. Seguì l'alienazione dell'uomo dalle radici vitali della vita terrena, e i risultati sono ben evidenti nella società contemporanea. ma i cicli storici non si fermano mai, ed ora vediamo riemergere la Dea dalle foreste e dalle montagne, recandoci speranza per il futuro, e riportandoci alle nostre più antiche radici umane".(1) M. Gimbutas preferisce il termine Grande Dea a quello di Dea Madre per indicare tutti i molteplici aspetti legati alla Dea oltre a quello della nascita e cioè il sostenere la vita, governare la morte, la rigenerazione, la fertilità della terra, ecc.
 
 
Che cosa ci insegnano a scuola?
 
 
Da Riane Eisler, autrice del libro: Il calice e la spada - La nascita del predominio maschile, ci arriva una importante riflessione sul fatto che dopo la caduta della civiltà dell'Antica Europa vennero alla luce le società, come quella greca, che vengono celebrate nei libri di testo delle scuole e delle università come capostipiti della società occidentale. Ma queste società riflettevano ormai un modello sociale di tipo gerarchico-dominatOre e patriarcale dove non solo la Dea ma la metà femminile dell'umanità, le donne, e i più deboli in genere dovevano essere sottomessi, al contrario del precedente modello sociale ugualitario-mutuale. In quest'ultimo il potere era visto come responsabilità - la responsabilità che ha la madre verso il proprio figlio - e non come dominio e la tecnologia veniva usata per aumentare il benessere comune e non per conquistare e dominare sia gli altri simili che la natura. lI poeta americano Gary Snyder ha sempre affermato di voler recuperare nella sua poesia i valori del tardo Paleolitico, tra cui la fertilità della terra, la magia degli animali e anche il lavoro comune della tribù. Snyder in una sua intervista intitolata: La grana delle cose, sostiene che il periodo neolitico, durato migliaia di anni, fu un periodo di profonda stabilità, benessere e vitalità per la razza umana, un periodo in cui si impostarono le basi materiali e spirituali della civiltà occidentale. Thomas Berry, gesuita, ecoteologo e bioregionalista si spinge ancora più indietro nel tempo ricordando che fu verso la fine dell'Era Cenozoica, diversi milioni di anni fa, quando l'evoluzione naturale aveva portato il pianeta alla sua più splendida espressione, che si palesarono le condizioni per la nascita del genere umano. Fu proprio in un mondo di grandiosa bellezza che il modo di vivere dell'uomo poté svilupparsi pienamente fino a percepire il divino nella sua partecipazione al mistero della vita. La storia del pianeta e del suo evolversi nell'universo, afferma ancora Berry, è la nostra vera storia sacra e la consapevolezza di ciò la vera rivelazione. Come i nostri antenati paleolitici e neolitici dobbiamo ritornare a sapere ascoltare ciò che la Terra può insegnarci. E' questo che in un suo bellissimo libro: The Dream of the Earth, Berry ha definito come il sogno della Terra. Ritornando al neolitico, Riane Eisler afferma che l'agricoltura, l'allevamento, la tessitura, la ceramica, la scrittura sono tutte una eredità di quel periodo e sicuramente inventate dalle donne. Infatti, già nel Paleolitico, mentre gli uomini andavano a caccia, le donne si occupavano dei figli e della tribù stessa, all'inizio tramite la raccolta del cibo e la realizzazione dei primi contenitori e infine, dal neolitico in poi, specializzandosi sempre di più nei mestieri, fino a che, con l'arrivo del benessere materiale, fiorirono anche le arti. Anche concetti come, per esempio, uguaglianza, saggezza, giustizia erano associate a quel tempo alla femminilità. La stessa "democrazia" greca può essere considerata come un retaggio dello stile di vita della società neolitica dell'Antica Europa. Anche la scienza moderna ci fa ricordare la visione neolitica dell'unità di tutte le cose grazie alla Teoria di Gaia (la Terra, pianeta vivente) da uno dei nomi dati dai Greci alla Dea. La teoria, formulata dal biochimico inglese James Lovelock negli anni '70, afferma che tutte le forme di vita sulla terra assieme all'atmosfera, oceani e suolo formano un sistema vitale complesso e interdipendente. A questo punto possiamo capire come l'unità con la natura, cardine fondamentale del culto della Grande Dea dell'Antica Europa, dovrebbe ancora oggi soddisfare la ricerca di spiritualità che invece porta tanti occidentali ad allontanarsi dalle loro radici più profonde per avvicinarsi, per esempio alla spiritualità orientale come quella buddista o alle culture dei nativi americani, spesso in modo superficiale o, peggio ancora, consumistico.
 
Androcrazia e Gilania
 
 
L'attuale modello sociale di tipo dominatore-patriarcale che ormai governa da migliaia di anni gran parte del pianeta ebbe in passato, oltre le armi, un altro mezzo altrettanto potente per affermarsi e ridurre sempre di più il potere della Dea e di conseguenza quello delle donne per arrivare alla loro sottomissione. Questo avvenne tramite la creazione di nuove leggende, nuovi miti, nuove storie sacre che soprattutto con l'avvento della scrittura furono tramandate e imposte con tutti i mezzi, spirituali e materiali. Non è possibile in questa sede affrontare in modo esaustivo questo argomento, basti però ricordare che in diversi miti mediorientali la Dea fu uccisa, umiliata con uno stupro o divenne moglie di un dio maschile, in Grecia la dea uccello europea divenne una divinità guemera (Atena), fino ad arrivare alla Bibbia dove la Dea non è più neanche nominata e l'unica divinità è maschile. Riane Eisier fa notare che la trasformazione della realtà fra sistema mutuale e sistema dominatore è stata così radicale che perfino le complesse lingue moderne non comprendono parole che possano chiarire immediatamente la differenza fra i due sistemi. La Eisier, mentre propone di continuare a definire il sistema dominatore, basato sulla forza dell'uomo, come una anch'ucrazia, dalle parole greche andros, "uomo" e kratos, "governato", per definire l'unica alternativa alla supremazia di una parte dell'umanità sull'altra propone il neoiogismo gilania, dalle parole greche gynè, "donna" e andros, "uomo" lettera Itra i due ha il duplice significato di unione, dal verso inglese to Iink, "unire" e dal verbo greco Iyein o lyo che significa "sciogliere" "liberare" e cioè la liberazione delle due metà dell'umanità dalle rigide gerarchie di dominio imposte dai sistemi androcratici.
 
Dalla teoria del caos una nuova speranza
 
 
La consapevolezza che il sistema attuale, il quale sembra ci stia portando inesorabilmente verso la catastrofe, non è stato dettato né da Dio né da qualche legge naturale inesorabile ma solo da un modello di società di tipo dominatore che sostituì circa 5000 anni fa l'altro di tipo mutuale, fa pensare che la storia potrebbe ancora invertirsi. Sempre Riane Eisler spiega questa possibilità basandosi sulla Teoria del Caos. Come per i sistemi naturali sembra che anche per quelli so~iaii si possa pensare a punti di biforcazione (prendere una via anziché un'altra) causati da periodi di crisi e controllati dai cosiddetti attrattori dinamici e dai loro possibili effetti replicativi. Dunque circa 5000 anni fa le invasioni dei pastori guerrieri indoeuropei misero in crisi la società agricola neolitica sedentaria, amante della pace e impreparata a questo evento che perdurò per circa 1500 anni e che incominciò in sordina con poche bande nomadi armate - gli attrattori - prima di travolgere completamente le popolazioni locali con un disastroso effetto replicativo. La Eisler analizzando gli ultimi duemila anni di storia del mondo occidentale e partendo quindi da una società in cui ormai della Dea vi era solo un pallido ricordo, dove le donne avevano perso completamente il loro potere e il modello sociale dominatore era ormai da tempo affermato, trova diversi momenti storici in cui importanti movimenti sociali si sono comportati come attrattori dinamici questa volta indirizzati verso il ritorno dal sistema androcratico a quello gilanico. Gesù e il primo Cristianesimo fino a circa il li sec. d.C., i Trovatori nel XII sec., il Rinascimento nel XV e XVI sec., l'illuminismo nel XVII e XVIII sec., il primo movimento femminista del XIX sec. e attualmente ancora il movimento femminista (peraltro t'unico movimento ad andare veramente al cuore del problema, la liberazione delle donne dai dominio maschile), il pacifismo e i'ambientalismo (insieme al bioregionalismo e al movimento dell'ecologia profonda, aggiungiamo noi), in tutti questi movimenti la donna ha sempre ritrovato la sua dignità fino alla prevalenza di valori cosiddetti dolci, come amore, compassione e responsabilità, in genere associati alla femminilità, su quelli cosiddetti duri, come la forza e l'assenza di emozioni in genere associati alla mascolinità. Molte volte nella storia queste spinte gilaniche sono state purtroppo totalmente o parzialmente riassorbite dal sistema androcratico ma l'attuale crescente numero di donne e uomini che si impegnano per la pace, l'ambiente, la giustizia e l'uguaglianza sociale fa sperare che, secondo le leggi del caos, avvenga la replicazione su vasta scala di queste idee. Vista la crisi ambientale, sociale ed economica del pianeta, che specialmente nelle società di tipo occidentale è una profonda crisi psicologica e spirituale, possiamo credere di essere oggi in presenza di un nuovo punto di biforcazione e quindi nella possibilità dell'affermarsi di un nuovo sistema sociale egualitano e mutuale, una nuova scienza olistica, una nuova spiritualità. Dalla competizione si dovrà passare alla cooperazione, dalla conquista alla armonia con la natura, dal potere come gerarchia di dominio al potere come unione e responsabilità, risvegliando in noi, anche tramite la creazione di nuovi miti, quel sentimento di gratitudine e di esaltazione della vita così evidenti nelle vestigia artistiche del neolitico dell'Antica Europa.
 
Un antico futuro: il ritorno ad una società gilanica

Appare dunque chiaro che ritornare ad una società mutuale, gilanica, non significa il ritorno all'età della pietra, nessuno vuole negare e rinunciare, per esempio alle conquiste tecnologiche della civiltà moderna, sempre che queste siano usate per la pace e il benessere comune e non per guerre, distruzione e dominio. Quindi dato che non è possibile ritornare indietro come possiamo andare avanti? Ancora Riane Eisler ci illumina con le sue parole: "li riallacciarsi alla precedente tradizione spirituale del culto della Dea, collegata al modello mutuaie della società, è più che una riaffermazione della dignità e del valore di una metà dell'umanità. E non èsoltanto un modo di raffigurare i poteri che regolano l'universo di gran lunga più sereno e rassicurante. Ci offre anche un sostituto positivo dei miti e delle immagini che per tanto tempo hanno manifestamente falsificato i più elementari rapporti umani, dando più valore all'assassinio e allo sfruttamento che alla nascita e allo sviluppo.
Abbiamo già visto come circa 5000 anni fa scomparve la civiltà dell'Antica Europa, pacifica, egualitaria e centrata sulla terra e come l'evoluzione sociale e spirituale delle sue genti fosse bruscamente interrotta. Ma ora sappiamo che il sogno ecologista di una società alternativa a quella attuale che vede nel bioregionalismo -vivere in un luogo in armonia con la natura - una delle sue migliori espressioni, affonda una delle sue radici nel neolitico europeo ed è già stata una realtà. Questa consapevolezza, una vera e propria impronta nella psiche umana lasciata dai nostri antenati "nativi" di quel lontano periodo, continua ancora ad affiorare nei nostri sogni, miti e archetipi e ci può dare la forza per cercare di riportare sul pianeta, quanto nel luogo in cui viviamo, spiritualità ecologica, amore, pace, giustizia sociale e equilibrio ambientale, in armonia con le energie creatrici della natura.