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I nuovi scenari in Asia Centrale

di F. D’Attanasio - 26/01/2010


Due eventi di grande portata sono accaduti ultimamente nella regione dell’Asia Centrale,
fatti di natura energetica ma dai risvolti geopolitici, nonché più prettamente economici,
enormi che potrebbero aprire scenari, nelle relazioni tra potenze, inaspettati, in grado cioè di
ridisegnare prepotentemente il quadro delle mosse strategiche e tattiche che gli attori
principali sullo scacchiere internazionale si accingono a mettere in atto nella lotta per la
supremazia e la conquista delle reciproche aree di influenza. Stiamo parlando di due
gasdotti, l’uno della lunghezza di 1.833 chilometri che collega i giacimenti di gas turkmeni,
uzbeki e kazaki (ma in futuro potrebbero interessare anche quelli russi) alla regione cinese
dello Xinjiang, l’altro, denominato Dauletabad-Sarakhs-Khangiran, collega l’Iran
settentrionale, sul Mar Caspio, con i vasti giacimenti di gas del Turkmenistan.* “Il gasdotto
turkmeno-iraniano di 182 km ha iniziato sommessamente, pompando 8 miliardi di metri
cubi (bcm) di gas turkmeno. Ma la sua capacità produttiva annua è di 20bcm, e se potesse
soddisfare le esigenze energetiche della regione del Mar Caspio iraniana, a Teheran
consentirebbe di destinare la propria produzione di gas, nei giacimenti del sud, per
l’esportazione. L’interesse reciproco è perfetto: Ashgabat ottiene un mercato sicuro dal
vicino; il nord dell’Iran può consumare senza timore di carenze invernali; Teheran è in
grado di produrre maggiori surplus per le esportazioni; il Turkmenistan può cercare vie di
trasporto per il mercato mondiale attraverso l’Iran, e l’Iran può aspirare ad ottenere un
vantaggio dalla sua eccellente posizione geografica, come snodo per le esportazioni
turamene.”
Per quanto riguarda invece il gasdotto che prende avvio dal Turkmenistan per finire in
Cina, c’è da dire che trasporterà non solo il gas proveniente dalle riserve di questo paese
(ricordiamo che il Turkmenistan è il quarto paese al mondo per riserve stimate di gas,
mentre Russia e Iran si attestano rispettivamente al primo e al secondo posto) ma anche il
gas dei giacimenti dell’Uzbekistan e del Kazakistan, tramite rami complementari confluenti
su quello principale, arrivando ad una capacità di trasporto complessiva notevole, cioè pari a
circa 60 miliardi di metri cubi annui.
Nel giro di tre settimane dunque il Turkmenistan avrebbe impegnato tutte le sue
esportazioni di gas con la Cina, la Russia e l’Iran, inferendo un colpo, a questo punto si può
dire quasi definitivo, alle speranze della UE e degli Stati Uniti di indebolire, tramite il
progetto Nabucco, il ruolo della Russia come fornitore principale di gas ai paesi europei.
“La diplomazia del gasdotto nel mar Caspio degli Stati Uniti, che si sforzava di bypassare
la Russia, la Cina e di isolare l’Iran, si è inceppata. La Russia sta progettando di
raddoppiare la sua acquisizione di gas azero, tagliando ulteriormente le iniziative
occidentali volte ad impegnare Baku come fornitore del Nabucco. In tandem con la Russia,
l’Iran sta anche emergendo come consumatore di gas azero. Nel mese di dicembre,
l’Azerbaigian ha stipulato un accordo per fornire gas all’Iran attraverso la pipeline di 1400
km Kazi-Magomed-Astara. Il “Grande Quadro” è che South Stream e Nord Stream della
Russia, che forniranno gas al nord e al sud dell’Europa, hanno preso uno slancio
irreversibile. Gli ostacoli per il Nord Stream sono stati liquidati con la Danimarca (in
ottobre), la Finlandia e la Svezia (a novembre) e la Germania (in dicembre), che hanno
approvato il progetto dal punto di vista ambientale. La costruzione del gasdotto inizierà in
primavera.
La costruzione del gasdotto [Nord Stream] da 12 miliardi di dollari, da realizzare
congiuntamente tra Gazprom, le tedesche E.ON Ruhrgas e BASF-Wintershall e l’impresa
olandese per il trasporto del gas, Gasunie, bypassa le vie di transito che attraversano
l’Ucraina, la Polonia e la Bielorussia, e si estende dal porto del nord-ovest russo di Vyborg
col porto tedesco di Greifswald, lungo un percorso di 1220 chilometri sotto il Mar Baltico.
La prima tappa del progetto, con una capacità di carico di 27,5bcm [miliardi di metri cubi]
annuali, sarà completata il prossimo anno e la capacità raddoppierà entro il 2012. Il Nord
Stream influenzerà profondamente la geopolitica del continente eurasiatico, le equazioni
trans-atlantiche e i legami della Russia con l’Europa.
Per essere sicuri, il 2009 si è rivelato un anno molto importante per la “guerra
energetica”. Il gadsdotto [Turkmenistan-Kazakistan-Uzbekistan-Cina] inaugurato dal
presidente cinese Hu Jintao il 14 dicembre; il terminale petrolifero nei pressi della città
portuale di Nakhodka, nell’estremo oriente della Russia, inaugurato dal Primo Ministro
Vladimir Putin, il 27 dicembre (che sarà alimentato dal gigantesco oleodotto da 22 miliardi
di dollari, che parte dai nuovi giacimenti nella Siberia orientale, e va verso i mercati della
Cina e dell’Asia-Pacifico); e il gasdotto iraniano inaugurato da Ahmadinejad il 6 gennaio,
praticamente ridisegnano la mappa energetica dell’Eurasia e del Mar Caspio.
L’anno 2010 inizia con una nuova nota affascinante: sapranno la Russia, la Cina e
l’Iran coordinare le mosse future, o almeno ad armonizzare i loro interessi in gioco?”.
La Cina dunque si insinua prepotentemente in un’area che fino a poco tempo fa
sembrava proiettata del tutto nelle sfera di influenza russa, l’approccio del gigante dell’est
costituisce una novità assoluta, esso non si limita a sfruttare le risorse energetiche di cui ha
enormemente bisogno per sostenere il suo livello di crescita a due cifre, ma collabora
fattivamente con quei paesi, mettendo a disposizione non solo le proprie risorse finanziarie
ma anche il know how, allo scopo di svilupparne tutte le potenzialità sia in campo
industriale che agricolo. E tutto ciò fornisce una cornice ottimale per migliorare e
stabilizzare i rapporti politici e diplomatici, con ricadute positive sulla popolazione di tutta
l’area, sia in termini di sicurezza che di generali condizioni di vita.
Non c’è dubbio che la Russia, a causa di questo rinnovato protagonismo cinese in
un’area che considerava, fino a poco tempo fa, sostanzialmente di sua esclusiva prerogativa
(tenuto conto anche dei trascorsi storici che certamente hanno un peso) risulta indebolita nei
rapporti con le repubbliche dell’ex URSS; ma come già accennato, sull’altro piatto della
bilancia si situa una situazione più favorevole per la stessa Russia nei suoi rapporti con
l’Europa, ed è proprio quest’ultimo aspetto che forse attualmente preme più di ogni altra
cosa al Cremlino. D’altronde non è un caso che Medvedev recentemente si sia recato in
visita ufficiale proprio a Ashgabat (capitale del Turkmenistan) per normalizzare i rapporti
tra i due paesi dopo le dispute sul prezzo del gas che la ex repubblica sovietica continua
comunque a fornire al suo potente vicino, difatti Mosca ha ufficialmente accettato di pagare
un prezzo molto più elevato di quanto facesse prima, in linea cioè con le condizioni del
mercato europeo, e questo con lo scopo principale di non lasciare che il gas possa essere
utilizzato per il gasdotto Nabucco. Importante anche il fatto che i due paesi hanno ribadito il
loro impegno a favore della Pipeline Caspica (che si estenderà lungo la costa orientale del
Mar Caspio verso la Russia), e della costruzione di un oleodotto est-ovest che colleghi tutti i
giacimenti di gas turkmeni a un’unica rete, in modo che le pipeline principali verso la
Russia, l’Iran e la Cina possano unire tutti i giacimenti.
In definitiva sembra proprio che la Russia sia lieta di coabitare, allo stato attuale delle
cose, con la Cina in Asia centrale, la politica dei due giganti al momento appare abbastanza
coordinata con quella delle ex repubbliche sovietiche, chi in realtà risente negativamente di
questa nuova situazione politica-diplomatica sono proprio gli Stati Uniti che siamo sicuri
non resteranno a guardare e presto si accingeranno a prendere le contromisure necessarie al
caso. Lo stesso diplomatico Bhadrakumar difatti ci rivela che le intenzioni della super
potenza sarebbero quelle “di ampliare la portata della loro strategia in AfPak, per attirarvi
la regione dell’Asia centrale. La maggiore presenza delle truppe NATO in Afghanistan, non
può che portare ad un ruolo maggiore dei paesi dell’Asia centrale, un ruolo che dovrebbe
portare a un rapporto di lavoro più stretto. Vi è anche motivo di credere, che la guerra in
Afghanistan si sia già diffusa in Asia centrale. Lo sfondo esatto rimane aperto a
interpretazioni, ma il fatto è che ci sia una rinnovata attività d’agitazione in Asia centrale
(e nello Xinjiang) [seppur il nuovo gasdotto Turkmenistan-Kazakistan-Uzbekistan-Cina dà
la possibilità a quest’ultima di superare i problemi legati al transito delle risorse energetiche
nello stretto di Malacca controllato dagli States, ciò non dimeno la stessa Cina potrebbe
avere nuovi ed enormi problemi con il nuovo gasdotto proprio perché questo transita nella
regione dello Xijniang, e sappiamo cosa “bolle” in questa regione]. Il sottosegretario Krol
[Vice Assistente del Segretario di Stato americano incaricato degli affari dell’Asia centrale e
del Sud America], l’ha formulato, in modo diplomatico, sottolineando che la priorità
politica degli Stati Uniti, è “ampliare la cooperazione con gli Stati dell’Asia centrale, per
assistere gli sforzi della coalizione al fine di battere gli estremisti in Afghanistan e in
Pakistan, e raggiungere la stabilità e la prosperità della regione. Ciò va di pari passo con
lo sforzo di “favorire lo sviluppo e la diversificazione delle fonti energetiche e delle rotte di
approvvigionamento della regione.”
D’altronde la vicenda di Google non sembra affatto casuale, appare piuttosto essere il
segnale di una rinnovata ostilità degli Stati Uniti nei confronti della Cina (si legga
attentamente “La sfida per il mondo” di G.P.), che il motore di ricerca americano abbia
agito indipendentemente dall’amministrazione del proprio paese, accampando le più
improbabili argomentazioni, risulta di difficile credibilità; d’altro canto il suo fondatore,
nonché attuale presidente, è molto legato all’attuale presidente Obama, tanto è vero che
sembra abbia tirato fuori un bel po’ di soldini per finanziare la sua ultima campagna
elettorale.
*Tutte le parti in corsivo di questo scritto sono tratte da due articoli di MK Bhadrakumar
pubblicati da www.eurasia-rivista.org e tradotti da Alessandro Lattanzio