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Il nuke di Germania

di Emanuela Pessina - 31/01/2010

Durante un incontro con i dirigenti dei maggiori produttori energetici in Germania, quali E.ON, RWE, Vattenfall, EnBW, la coalizione liberal-democratica ha deciso di prolungare la produzione di energia nucleare dei reattori tedeschi. Secondo l’accordo preso, i 17 reattori rimarranno per ora in esercizio, compresi quelli di Neckarwestheim und Biblis A, vecchissime centrali che avrebbero dovuto essere chiuse proprio in questi mesi.

Le disposizioni definitive saranno tuttavia prese solo a ottobre, quando la coalizione di Angela Merkel (CDU) e Guido Westerwelle (FDP) procederà alla stesura di un piano esaustivo in considerazione di tutta la produzione energetica della Germania.

Seppur “temporanea”, la svolta non è piaciuta all’opposizione, che non ha mancato di accusare il Governo di favoreggiamento della lobby dei produttori di energia. Secondo quanto riporta il quotidiano web Spiegelonline, è grande l’indignazione del presidente socialdemocratico Sigmar Gabriel (SPD), per cui il ritorno al nucleare costituisce “uno sporco affare” e “una pericolosa politica lobbistica”, che mette “l’interesse dei grossi produttori di energia al di sopra della sicurezza dei cittadini stessi”.

“I reattori continuano a funzionare, le lobby dell’energia nucleare intascano miliardi e al Governo va qualche briciola di questo guadagno, probabilmente qualche centinaio di milioni”, ha affermato Gabriel. Da non dimenticare che Sigmar Gabriel è stato ministro dell’Ambiente durante il primo governo Merkel e, secondo quanto riporta lo Spiegelonline, già nel 2006 aveva bocciato una richiesta di prolungamento di attività per alcuni reattori della RWE und EnBW.

Bisogna ammettere che la posta in gioco, per i produttori di energia, è davvero alta. Sempre secondo lo Spiegelonline, un prolungamento di 25 anni dell’attività dei reattori nucleari porterebbe a E.ON, RWE, Vattenfall e EnBW un’entrata di 233 miliardi di Euro. Il calcolo è stato fatto dalla Landesbank Baden-Württemberg (LBBW) in conformità a un prezzo dell’energia di 80 euro ogni megawatt orario.

L’affare, tuttavia, è goloso anche per il Governo tedesco: il ministro dell’Economia Rainer Bruederle (FDP) pianifica di incassare almeno la metà del guadagno dai produttori di energia. In realtà, per Bruederle questo denaro costituirà una specie di “capitale politico” da investire nelle energie rinnovabili, che dovrebbero, in un futuro prossimo, andare a sostituire completamente l’energia nucleare.

Secondo il Governo, infatti, il prolungamento dell’attività nucleare costituisce una soluzione transitoria che fa da “ponte” verso la completa attuazione delle fonti energetiche rinnovabili, quali quelle eolica e solare. Ma l’opposizione non accetta neppure questa spiegazione: la produzione di energia nucleare a tempo indeterminato metterebbe a repentaglio anche gli investimenti nel campo delle energie rinnovabili. Poiché nessun privato investirà miliardi nelle costose energie ecocompatibili se ci sarà il rischio di non riuscire a vendere il prodotto in un ambiente saturo di energia nucleare.

Le accuse dell’opposizione, in realtà, vanno a infierire su una coalizione nero- gialla che sta ancora costruendo la propria identità e che sembra mancare di unità di veduta. Il presidente dei liberali Guido Westerwelle ha spesso invitato la CDU a trovare il coraggio di rinnovarsi “spiritualmente e politicamente”. Questo significa dimenticare il precedente Governo di grande coalizione con i socialdemocratici di Frank-Walter Steinmeier (SPD), fatto di compromessi, e riconoscersi nel nuovo ruolo di forza di centro-destra.

In gioco c’è la credibilità del Governo stesso: la coalizione nero-gialla deve prendere decisioni coerenti con la sua linea di pensiero liberal-democratica. A volte, tuttavia, questa linea sembra tralasciare il bene comune per inseguire gli interessi di “qualcuno”, come accusano SPD e Die Linke. Che, proprio, non si vogliono rassegnare ad associare il termine liberal-democrazia a clientelismo.