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L’Italia che frana

di Alessandra Profilio - 03/02/2010

Negli stessi giorni in cui un emendamento presentato dal Pdl al decreto Milleproroghe chiede un nuovo condono edilizio, il “Rapporto Italia 2010” sottolinea la gravità del rischio frane nel nostro Paese. Eppure, al di là dei movimenti franosi, quella descritta dall’Eurispes è un’Italia immobile e priva di progettualità futura.


 

italia
Il “Rapporto Italia 2010” sottolinea la gravità del rischio frane nel nostro Paese
In Italia il rischio frane è decisamente sottostimato. È quanto emerge dal “Rapporto Italia 2010” dell’Eurispes, presentato a Roma qualche giorno fa.

 

5.581 comuni (68,9% del totale) indiziati di problemi geologici ed idraulici, dei quali 1.700 a rischio frana, 1.285 a rischio di alluvione e 2.596 a rischio sia di frana che di alluvione: ecco quanto si rileva dal report e dai Piani per l'assetto idrogeologico (Pai) redatti.

In Campania i comuni a rischio idrogeologico sono 210 su 552, di cui 120 a rischio di colate rapide di fango. Calabria, Umbria Valle d'Aosta sono le regioni con la più alta percentuale di comuni classificati a rischio (il 100% del totale), seguite da Marche (99%) e Toscana (98%). La Sicilia è undicesima (70%), con 200 comuni a rischio frana, 23 a rischio alluvione e 49 a rischio frana e alluvione.

L'Inventario dei fenomeni franosi in Italia (Iffi), sviluppato dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), e attivo a partire dal 1996, sino ad oggi ha registrato 485 mila fenomeni franosi che interessano un'area di 20.721 chilometri quadrati, corrispondente al 6,9% del territorio nazionale. Tuttavia, come sottolinea il rapporto Eurispes, il numero dei fenomeni censito da Iffi, è “largamente sottostimato": i ricercatori sostengono che "una stima attendibile sia costituita da circa 2 milioni di fenomeni e di conseguenza la percentuale del territorio italiano soggetta a fenomeni in atto superi il 20%”.

Il quadro delineato dall’Eurispes appare particolarmente drammatico se si pensa che proprio in questi giorni un emendamento presentato dal Pdl al decreto Milleproroghe, in discussione in commissione Affari Costituzionali alla Camera, chiede un nuovo condono per alcuni abusi edilizi, compresi quelli commessi prima del 2003.

 

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A seguito dell'alluvione del messinese del 1° ottobre scorso, "si sono sviluppati numerosi eventi franosi classificabili per la maggior parte come colate di fango e detrito a rapida evoluzione"
“All'Italia per uscire dalla crisi serve ben altro, è necessario un piano per rilanciare l'edilizia di qualità legata al risparmio energetico e alla bellezza, serve un piano di riqualificazione dell'edilizia pubblica e opere di manutenzione urbana. L'Italia ha gia' pagato un prezzo molto alto ai condoni edilizi di Berlusconi”, afferma Ermete Realacci (PD) l'emendamento.

 

“Mentre il nostro Paese necessita di essere messo in sicurezza dai tanti dissesti idrogeologici e dal permanente rischio sismico; mentre il parco edilizio ha bisogno di verifiche profonde e di interventi di messa in sicurezza; mentre bambini, donne e uomini muoiono sotto le macerie di edifici fatiscenti o mal costruiti; mentre troppe famiglie subiscono sfratto o pignoramento perché la crisi non permette loro di pagare l'affitto o la rata di mutuo; mentre il vero Piano per l'edilizia sociale è praticamente fermo e il Fondo sociale per l'Affitto viene decurtato ogni anno, in Parlamento qualcuno della maggioranza propone un altro, l'ennesimo, condono edilizio”, questo il commento della Cgil che ha lanciato un appello al Parlamento affinché respinga la proposta.

Inoltre – come se tragedie, frane ed alluvioni non bastassero a scalfire il volto dell’Italia – quello ritratto dall’Eurispes è un Paese dissestato non solo dal punto di vista del territorio.

“Non abbiamo timore di essere accusati di eccessivo allarmismo, ma dal nostro osservatorio” – afferma il presidente Gianmaria Fara - cogliamo segnali preoccupanti di disagio, di distacco, quando non di ostilità nei confronti delle Istituzioni che aspiranti capipopolo vorrebbero cavalcare. E mentre tutto ciò accade, la nostra classe dirigente appare interessata solo agli equilibri di potere, a costruire e smontare alleanze, ad operare per il proprio esclusivo tornaconto, ad imbastire lucrosi affari, a difendere privilegi e vantaggi senza rendersi conto che l'intero sistema si sta progressivamente sfaldando”.

 

tasche vuote
L'Italia è il paese con gli stipendi più bassi e le tasse più alte
L’istituto di ricerca ha rilevato, infatti, che l’Italia è il Paese con gli stipendi più bassi (17% in meno della media dei Paesi Ocse, 19% in meno della media europea contata su 19 Paesi) e le tasse più alte: il 50% della popolazione, ovvero un italiano su due, arriva con difficoltà a fine mese, tagliando in modo drastico tutte le spese per beni secondari o superflui (purtroppo, in molti casi, anche i beni primari).

 

 

Un italiano su quattro, un campione di intervistati pari al 24,8%, si dichiara convinto che “gli immigrati rubano il lavoro agli italiani”. Riguardo agli immigrati, poi, dal rapporto Eurispes 2010 emerge che secondo il 31,7% degli italiani i mezzi di informazione sono responsabili dell'ondata di xenofobia che ha attraversato il nostro Paese negli ultimi mesi.

In generale, dunque, l’Eurispes restituisce l’immagine di un Paese immobile, privo di progettualità futura e sommerso dai problemi, oltre che da macerie e detriti.

Tuttavia, dal rapporto emerge anche una significativa crescita della green economy che – tra consumo di energia rinnovabile, prodotti di agricoltura biologica, commercio equo e solidale e finanza etica – si attesta nel nostro Paese su un mercato da 10 miliardi di euro.

L'economia ecosostenibile, etica, solidale e responsabile si è trasformata da una realtà marginale e trascurabile ad un fenomeno sempre più globale, in grado di contribuire in maniera significativa allo sviluppo economico mondiale.

Infatti, come conclude il rapporto, per evitare una nuova recessione globale, è necessario considerare le gravi ripercussioni del modello di sviluppo economico degli ultimi decenni e, di conseguenza, favorire la diffusione di pratiche economiche ispirate a principi come “la responsabilità sociale e ambientale, l'etica, la solidarietà, la trasparenza, l'ecosostenibilità e l'efficienza”.