'Gli Ogm? Il colpo di grazia per la nostra agricoltura'
di Stella Spinelli - 07/02/2010
Ogm sì, Ogm no. L'eterna lotta fra opposti schieramenti che si scontrano intorno a questi famosi sconosciuti organismi geneticamente modificati non ha colore politico, né partiti. "Dietro ci sono soltanto enormi interessi economici e probabili conseguenze sulla nostra salute, quindi prima di credere a quella o a quell'altra parte e prendere posizione, domandiamoci sempre: cosa e chi ha da guadagnarci?". È così che Marina Mariani, agronoma, specializzata in Ogm, docente di legislazione e sicurezza alimentare al Politecnico del Commercio di Milano, ci spiega la complessa questione del transgenico, tornato alla ribalta delle cronache proprio in questi giorni grazie alla decisione del Consiglio di Stato di sollecitare risposte concrete alle richieste di quegli agricoltori che intendono coltivare mais Ogm. "E si tratta del tipo più pericoloso, il mais Mon 810, attenzione", precisa la studiosa.
Ma andiamo per gradi. Gli organismi geneticamente modificati più coltivati nel mondo sono prevalentemente sei: soia, mais, colza, cotone, riso e frumento. Dediti alla loro produzione, 125milioni di ettari sparsi in 23 paesi. Una quantità enorme, diffusa principalmente negli Stati Uniti, quindi in Argentina, Brasile, Canada, Cina e India. Eppure, a tirare le fila dell'immane mercato che ne consegue e a goderne i golosi proventi sono davvero in pochi, molto pochi. Cinque per l'esattezza, cinque grandi multinazionali: Monsanto, Du Pont, Syngenta, Bayer Crop Science e Dow, che gestiscono attualmente il 35 percento del mercato mondiale delle sementi, alimenti base per il cinquanta percento della popolazione mondiale. Un business da capogiro.
"Gli Ogm - ci spiega Marina Mariani - sono organismi definiti "sostanzialmente equivalenti" a quelli prodotti in natura, ma, attenzione, è proprio in quell'avverbio che si nasconde un mondo di pericolosi non detti, supportati da scarse ricerche scientifiche, che quando producono risultati scomodi vengono secretate o insabbiate. La cosa che inquieta è che sono le medesime multinazionali produttrici Ogm a garantire sulla salute dei consumatori, gestendo direttamente analisi e controanalisi. Che mai e poi mai sono state ufficialmente affidate a centri di ricerca indipendenti. Eppure, tanti scienziati e dei più svariati paesi al mondo ne hanno dimostrato la pericolosità. Come si spiega il fatto che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) basi il suo giudizio finale esclusivamente sugli studi dell'industria che li vende?".
E se gli Ogm sono stati presentati come l'invenzione che avrebbe sconfitto la fame nel mondo, i numeri e le ricerche smentiscono questa affermazione, additandola come l'ennesima bufala ai danni dei consumatori e a tutto vantaggio dei produttori, che controllando il mercato delle sementi "controlleranno il mondo". "I semi Ogm non sono più produttivi di quelli naturali - spiega l'agronoma - né tanto meno scongiurano l'uso di pesticidi. Anzi. Diciamo è provato che gli Ogm stimolano la selezione naturale di piante e insetti, sempre più resistenti ai vari pesticidi, che quindi dovranno continuare a essere usati sempre in maggiori dosi e sempre diversi. E guarda caso, chi è che produce i pesticidi perfetti per queste sementi? Multinazionali quali la Monsanto naturalmente. Una maniera per stringere ancor più il legame con i compratori, che così facendo diventerà perenne. È ormai risaputo, infatti, che sta per essere introdotto in ogni singolo seme modificato il gene terminator, un'invenzione diabolica che provocherà l'aborto dei semi di seconda generazione, in modo che gli agricoltori Ogm siano costretti ad ogni stagione a ricomprare nuove sementi, diventando schiavi del produttore". La diffusione Ogm rende l'agricoltura definitivamente dipendente dalle industrie sementifere e se si aggiunge il fatto che la diffusione Ogm è irreversibile i conti son presto fatti. "Sì - ci spiega l'esperta - una volta piantato un alimento Ogm nel terreno non si torna indietro, perché la diffusione di questi prodotti è incredibilmente alta e una volta piantato si spargerà, contaminando i terreni nei dintorni, i cui effetti dureranno anni". Per questo nei paesi ad alta coltivazione Ogm sono state imposte ferree distanze di sicurezza tra Ogm e prodotti biologici. Distanze impossibili da rispettare in Italia, dove i campi sono troppo piccoli per permettersi ettari ed ettari da destinare a fungere da aree di sicurezza anti Ogm. Quindi, più agricoltori italiani pianteranno Ogm, più alimenti biologici ne verranno contaminati accidentalmente e le conseguenze sulla salute saranno imprevedibili. "Premettendo che mai nessuno ha eseguito test Ogm su persone per più di un giorno, da quanto emerge dagli studi sui topi, il consumo di prodotti geneticamente modificati porta allergie e forme tumorali molto gravi. Da uno studio statunitense emerge che in Usa dal 1996 sono aumentati i disturbi gastrointestinali, le allergie, le infezioni, i tumori del sistema linfatico, della prostata, del pancreas e del seno, e il fatto che quella data corrisponda al lancio degli Ogm non può essere una mera coincidenza".
Eppure, c'è chi difende gli Ogm a spada tratta, appellandosi però non al fatto che fanno bene, bensì al fatto che nessuno ha mai provato che una malattia sia stata provocata direttamente dal consumo di Ogm. Fra questi Federico Vecchioni, presidente di Confagricolutra: "Al mondo c'è chi coltiva così 111 milioni di ettari. Non credo per annientare la specie umana, ma perché ritiene di essere al servizio della scienza", ha spiegato lanciando la polenta transgenica alla Fieragricola di Verona. Questa l'approssimazione di chi vede dietro ai geneticamente modificati solo una montagna di soldi. "Che poi è tutto da dimostrare se i contadini che ne faranno uso avranno dei guadagni - precisa l'agronoma - non vorrei mai che si ritrovassero come i coltivatori di cotone Ogm indiani, molti dei quali, strozzati dai debiti, non hanno visto altra scelta che il suicidio. Mi sento anzi di dire che l'intrusione degli Ogm in Italia sarà il colpo di grazie per la nostra agricoltura".
E le leggi? Sia quelle italiane che le europee si basano sul principio espresso dal presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro: "E' giusto e sacrosanto il diritto dei consumatori di sapere se un prodotto contiene o no Ogm, ma è altrettanto sacrosanto il diritto degli agricoltori di scegliere se coltivare o no produzione Ogm in Europa". Quindi un appello alla libertà, che nella pratica non viene rispettato. "Impossibile sapere cosa si mangia veramente - spiega l'agronoma - perché le norme stabiliscono che se un Ogm è presente entro lo 0.9 percento non deve essere segnalato. Percentuale che l'Ue tollera persino nei prodotti marcati Bio. Quindi dove sta la libertà?".
L'unica via d'uscita dunque per quel 74 percento di italiani contrari ai geneticamente modificati e per quelle 172 regioni e 4500 enti "Ogm free" è "non abbassare mai la guardia, controllare attentamente le etichette di quel che si acquista, preferire i Bio nonostante i rischi accidentali e non smettere di lottare". Con un avvertenza, gli unici paesi espressamente ani-Ogm sono Austria, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Slovenia, Romania.