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Ogm: tante trappole tra frutta e gelati

di Antonio Cianciullo - 03/03/2010

  
 
Tante trappole tra frutta e gelati la verità è nascosta nell´etichetta

Difficile capire al primo sguardo: in 10 anni rischi moltiplicati

E se fossero nascosti nel pacchetto di patatine che abbiamo appena comprato? O nel gelato messo in freezer per la serata con gli amici? O magari in quel ciambellone che aveva uno sconto formidabile? I dubbi sulla presenza degli ogm sulla nostra tavola sono destinati a moltiplicarsi dopo il controverso via libera alla patata con il segno dell´antibiotico. Anche perché l´insidia si nasconde in particolari invisibili: parliamo di prodotti fotocopia, dall´anima cangiante ma dal corpo perfettamente replicato. Una mutazione che ha preso piede in pochissimo tempo.

L´uomo da sempre ha cambiato i geni delle piante coltivate e degli animali d´allevamento ma, fino a pochi decenni fa, ha usato sistemi tradizionali, provando i possibili incroci e riproducendo le linee genetiche più interessanti. Nel 1973 per la prima volta, in California, si applica la tecnica del Dna ricombinante, cioè l´inserimento in laboratorio di un frammento del Dna di un organismo vivente in un altro organismo. E nel 1980 la Corte suprema degli Stati Uniti stabilisce il diritto di brevettare la vita creata dall´uomo. La strada per esperimenti capaci di stordire l´opinione pubblica è aperta.
Dieci anni dopo il battesimo dell´ingegneria genetica, viene prodotta la prima pianta transgenica, era tabacco. Poi si sperimenta la fragola capace di resistere a temperature bassissime grazie all´inserimento del gene di un pesce artico, il pomodoro che non marcisce, il gelato che non si squaglia. Si lavora al vino biotech. Si creano le premesse per costruire in laboratorio l´intera gamma della ricchezza di profumi che finora era stata legata a un territorio e al suo bagaglio di saperi.

Ma l´Europa, e in particolare i paesi mediterranei affezionati alla tradizione del cibo, fa muro e inizia una battaglia che ormai dura da 15 anni, da quando negli Stati Uniti ha preso il via la coltivazione commerciale degli ogm. Il 18 aprile del 2004 Bruxelles approva il regolamento che stabilisce l´obbligo di etichettatura e tracciabilità per i prodotti con più dello 0.9 per cento di materiale transgenico.

Dunque chi oggi, nel vecchio continente, vuole evitare di comprare un prodotto con ogm oltre il limite di legge non ha che da guardare le etichette, anche se poche industrie si sono cimentate sul mercato europeo, piuttosto ostile ai cibi dal dna mnodificato, con alimenti dichiaratamente frutto del bisturi genetico. Nel 60 per cento dei prodotti da supermercato, però, soia, mais e colza, le tre piante ogm largamente utilizzate, possono essere presenti in traccia: biscotti, gelati, prodotti da forno e cioccolata possono contenere licitina di soia modificata; a rischio anche l´olio di soia; il mais transgenico può essere contenuto nelle farine e nell´amido.

Ma si tratta di una presenza contenuta. Almeno in teoria perché nella rete dei controlli restano aperti molti varchi. Innanzitutto la maggior parte degli alimenti ogm che arrivano in Europa è destinata all´alimentazione animale ed è difficile conoscere il menu seguito da un maiale o da un pollo prima di finire sulla nostra tavola. Poi ci sono le contaminazioni accidentali determinate dal fatto che le filiere di produzione e trasporto (silos, navi, camion) usano spesso gli stessi mezzi.

«I casi di contaminazione sono stati moltissimi», ricorda Federica Ferrario, di Greenpeace. «Nel 2006, ad esempio, c´è stato un gravissimo episodio legato a un riso ogm della Bayer, in fase sperimentale, proveniente da oltre oceano. In quell´occasione l´Unione europea chiuse le importazioni di riso dagli States spingendo migliaia di agricoltori a far causa alla Bayer che ha già perso le prime due cause contro cinque coltivatori a cui deve dare 3,5 milioni di dollari».

Il nodo del dibattito riguarda però le conseguenze ambientali e sanitarie degli ogm. Sul primo fronte c´è il rischio di un´ibridazione spontanea che trasferisca in piante infestanti il materiale genetico modificato per assicurare la resistenza ai pesticidi. Sul secondo fronte il problema è venuto alla luce con lo scontro sui rischi legati all´uso di due antibiotici (kanamicina e neomicina) nel processo di produzione della patata transgenica: da una parte la Commissione, dall´altra l´Agenzia europea per i medicinali (Emea) e l´Organizzazione mondiale della sanità. Il timore è che geni resistenti ai batteri passino nella flora intestinale dell´uomo vanificando l´effetto di farmaci salvavita.