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Tommaso Padoa Schioppa all'Economia? Il problema è un altro

di Carlo gambescia - 21/04/2006

 

Ieri su "Repubblica è apparsa l'indiscrezione che Tommaso Padoa Schioppa probabilmente sarà il futuro Ministro dell'Economia. Molti sicuramente ci sono rimasti male. Ma purtroppo il problema non è la preparazione di Padoa Schioppa. Ma la totale assenza di alternative a nomine del genere.
Per capire è necessario partire da lontano.
La storia delle élite politiche italiane può essere divisa in quattro fasi.
La prima, che va dall'Unità alla Prima guerra mondiale; la seconda, che copre il periodo fascista; la terza quello repubblicano (Prima e Seconda Repubblica).
Questa periodizzazione dal punto di vista della formazione delle classi politiche può essere così ulteriormente qualificata:
a) Le classi liberali, tra Cavour e Giolitti, accettarono la sfida dell'unificazione politica e della formazione di nuove classi dirigenti. Non la vinsero del tutto, ma lottarono: legge Casati di riforma del sistema di istruzione, e in particolare delle università; istituzione del Cesare Alfieri di Firenze; leggi di inizio Novecento sull'ordinamento delle carriere direttive pubbliche; valorizzazione delle Facoltà di Legge;
b) Anche il fascismo si impegnò notevolmente in tale direzione, certo, in chiave autoritaria: Riforma Gentile; valorizzazione delle Facoltà di Scienze Politiche; il tutto, come ovvio, rigidamente inquadrato all'interno delle istituzioni monopartitiche.
c) Le classi cattoliche, laiche e di orientamento socialista e comunista delle Prima Repubblica, diciamo da De Gasperi a oggi, hanno invece trascurato completamente la questione. Non sono sorte nuove istituzioni, alte scuole di formazione per dirigenti pubblici ed economici ; l'università pubblica completamente abbandonata a se stessa. Niente di niente.
Nell'Italia Liberale, "faceva carriera" fino ai più alti livelli, chi proveniva dal ceto borghese o dal notabilato politico-aristocratico, se era in possesso della Laurea in Legge e se aveva già lavorato negli alti quadri dell' amministrazione statale. Valgano per tutti gli esempi di Giolitti e Tommaso Tittoni.
Nell'Italia fascista iniziarono a "far carriera", anche i piccoli-borghese, ovviamente provenienti dal partito fascista. Continuava a contare la Laurea in Legge, e, anche se meno, la nuova Laurea in Scienze Politiche. Ma comunque a scegliere era sempre il partito unico, che ragionava soprattutto in termini di fedeltà. Valga per tutti l'esempio dello stesso Mussolini, maestro di scuola elementare e figlio di un piccolo artigiano. Ma anche di personaggi come Farinacci e Grandi (dalla estrazione sociale, professionale e culturale differente).
Nell'Italia repubblicana, invece ha "fatto carriera" chi ha accettato di passare attraverso le forche caudine dei partiti. Praticamente il meccanismo fascista, fondato sulla "fedeltà" e la cooptazione, ha continuato a funzionare in un sistema pluripartitico, ma diviso in due blocchi politici, le cui distanze si sono andate attenuando a mano a mano che la situazione internazionale mutava e il Pci si socialdemocratizzava. Va riconosciuto che il sistema ha permesso l'ascesa sul piano sociale di molti esponenti politici provenienti dalle classi operaie e piccolo-borghesi. La Dc e il Pci sono stati due potenti veicoli di ascesa sociale di giovani in possesso di Laurea in Legge o Scienze Politiche, oppure solo di capacità politiche e grande forza di volontà. Valga l'esempio di personaggi così diversi come Andreotti, Forlani, Fassino, Bertinotti.
I tre periodi sono però tutti caratterizzati dall'assenza di grandi scuole (come nel modello del francese), di grandi università private (come nel modello angloamericano) di solide tradizioni funzionariali e amministrative (come la Germania). Il che ha implicato in Italia una netta divisione di ruoli tra politici e tecnici, soprattutto di formazione economica. I politici, venivano scelti attraverso l'iter sopradescritto, i tecnici, generalmente economisti, (e questo soprattutto dopo la nascita e lo sviluppo dell'economia mista, dagli anni Trenta in poi...), venivano "prelevati" dal mondo dell'industria, della banca privata, o dalle rarissime università private italiane (Cesare Alfieri, Cattolica e Bocconi). L' unica e importante innovazione, avvenuta nel secondo dopoguerra è quella della crescente osmosi tra alto personale qualificato, specializzatosi in Banca d'Italia, e la politica, in particolare democristiana. Ragion per cui, la Banca d'Italia ha rappresentato, soprattutto nella parte terminale della Prima Repubblica ( ma non solo), l'unica vera grande scuola di formazione delle élite tecniche" (economiche) italiane. Valgano per tutti i nomi di Carli, Ciampi e ora di Padoa Schioppa.
Dopo questa lunga, ma necessaria premessa, ecco le poco piacevoli conclusioni. In quattro punti:
(1)Tangentopoli ha scompaginato, e giustamente, i ranghi della politica: oggi però non c'è più un progetto, un'idea, i politici "vivono alla giornata", attendendo ansiosamente il voto positivo o meno dei mercati, mentre (2) sul piano dell'economa internazionale e della dottrina economica è andata prevalendo da circa un quarto secolo un' aggressiva visione monetarista e liberista che propugna tagli di bilancio, alle tasse e alla spesa pubblica. Il che spiega perché i tecnici della Banca d'Italia, che (3) ormai da circa quarant'anni (a partire dalla classe nata tra il 1935 e il 1945) si sono formati in misura crescente all'estero (Mit, LSE, OxfordBridge), oggi ragionino (4) in termini di economia globale e liberismo spicciolo, seguendo alla lettera le prescrizioni teoriche e pratiche del Fondo Monetario e della Banca Mondiale , trascurando gli effetti di ricaduta nazionale dei problemi economici.
Perciò, come accennato all'inizio, il vero problema non è tanto l'eventuale scelta di Padoa Schioppa, come ministro dell'Economia (che comunque attuerà politiche restrittive...), ma il fatto, come si è visto, che non c'è per il momento alcuna alternativa. L'Italia è totalmente priva di una classe dirigente di politici e tecnici, dotata di senso dello stato e del bene pubblico. Che sia capace di garantire la continuità delle istituzioni, al di là delle divisioni politiche contingenti. E per formarne una (creando grandi scuole, istituzioni universitarie funzionanti, eccetera), anche se si cominciasse subito (il che è impossibile) servirebbero almeno, stando agli esperti della materia un quarto di secolo.
Per ora, perciò, dovremo continuare a subire i diktat del Fondo Monetario, e soprattutto assistere al bruttissimo spettacolo di ex ministri come Domenico Siniscalco ("tecnici prestati alla politica"), che privi di qualsiasi senso dello stato, accettano di trasformarsi in "commis" strapagati della Morgan Stanley.
Per poi in futuro tornare a fare i ministri. Come se nulla fosse...