Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Troppe norme e pochi finanziatori. Le opportunità buttate al vento

Troppe norme e pochi finanziatori. Le opportunità buttate al vento

di Emanuele Bompan - 09/03/2010

Fonte: terranews

Pala_eolico.png
ENERGIA. Le difficoltà degli impianti eolici e le prospettive in Italia. Ne parliamo con Cesare Fera, fondatore e presidente di FERA, azienda che da vent’anni investe nel settore, che dice: «Sono le leggi il vero ostacolo italiano alla diffusione delle pale».


Cesare Fera è un pioniere dell’eolico. Fondatore e presidente di FERA, Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative, da vent’anni lavora nel settore. L’idea di investire nell’eolico nasce infatti nel 1992 durante Desert storm dalla domanda «Dove investire per evitare di fare guerre per il petrolio? ». Scrive una tesi sull’eolico che viene derisa dalla commissione che non vede alcuna prospettiva di crescita del settore. Lui deride la commissione e con degli amici fonda Fera nel 2001. Riescono con sacrifici enormi a costruire un impianto. Da allora la crescita è rapida. L’occupazione passa in pochi anni da quattro a cinquanta e i progetti aumentano di qualità e numero, facendo di Fera un punto di riferimento dell’eolico italiano. Terra lo ha incontrato nella sede di Milano per fare il punto del settore eolico.
 
Parliamo di mercato: quale è lo stato del settore eolico in Italia?
Nel 2009 sono stati installati 1000 nuovi Megawatt, che equivale a una crescita del 30%, passando da 3700 a 4800 Megawatt, una crescita importante. Non siamo ai livelli di Germania, che ha 2000 nuovi Megawatt, o di Usa che quest’anno ha installato 18000 Megawatt, ma ci sono dei presupposti per raggiungere gli obbiettivi di Kyoto per l’Italia del 2020, ovvero 10% di energia prodotta dall’eolico, circa 20.000 MhW. Si è poi iniziato a vendere macchine eoliche italiane. La Leitner di Vipiteno produce una turbina generatore da un megawatt e mezzo che sta per essere distribuita in tutto il mondo. Una pala è stata persino installata a Vancouver per le olimpiadi. Segno che la tecnologia italiana ha un ruolo da giocare.
 
E che può creare occupazione.
Nel settore eolico, su cinque posti di lavoro creati, uno è legato a progettazione e installazione mentre gli altri quattro sono nella produzione delle macchine. Per questo è importante fondare centri di produzione; invece che generare occupazione in Germania si può far crescere l’industria italiana. Sviluppatori e costruttori stanno crescendo in qualità, lo studio del vento e del potenziale eolico migliora costantemente cosi come il monitoraggio dell’avifauna. Dopo i primi quindici anni di “far west” finalmente emergono le aziende migliori e il mercato si screma.
 
In Italia quante sono le aziende che operano?
ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) raccoglie cinquanta aziende divise tra costruttori, come ABB, e sviluppatori di parchi eolici, circa quindici.
 
Che performance di crescita ha tenuto Fera?
Noi abbiamo fatto un progetto da 46 Megawatt in Sicilia, e altri due in Liguria e uno in Abruzzo, con una crescita del 100%.
 
Quali difficoltà si trova ad affrontare l’impresa eolica?
Soprattutto di tipo amministrativo: troppi enti, troppe leggi, troppe variazioni di leggi. Questo comporta iter di realizzazione lunghissimi. Si inizia a lavorare su un progetto nel 2003 e finisce nel 2011, con tutte le incertezze del caso.
 
Per quanto concerne i finanziamenti esistono linee di credito preferenziali?
Trovare capitali per questi progetti non è sempre immediato. Esistono però banche e gruppi assicurativi che hanno aperto linee di credito per chi investe in rinnovabili e green economy. In Italia c’è Allianz, una serie di utilities straniere che hanno acquisito quote importanti di imprese italiane; e poi Enel ed Eni che hanno capitali d’investimento nel settore eolico.
 
Ci sono sistemi per il finanziamento alternativi?
In Italia sono casi rarissimi. Rimangono solo società quotate in borsa come Kenergy o Elion. In qualche caso si è riusciti a finanziare un parco fotovoltaico con meno di 200 finanziatori offrendo obbligazioni, con un tasso d’interesse di 5 anni al 3 per cento o 12 anni con ancora più alto. Noi abbiamo un po’ approfondito lo studio e abbiamo visto che è molto complicato. In Germania è cosa comune: le società mettono sul mercato il parco eolico e la gente si associa. È un’ottima idea perché avvicina i cittadini all’eolico come forma di energia e distribuisce i benefit sul territorio.
 
Tecnologie: come cambia l’efficienza ed il design delle macchina?
Migliora la qualità di pale e rotori. Oggi i rotori più performanti sono quelli senza moltiplicatori di giri. Che cosa significa? quelli vecchi girano a 1500 giri al minuto, mentre le pale girano a 30 g/m. Questo genera un sistema ad ingranaggi enorme e costoso in termini di manutenzione. I sistemi a magneti, dove il motore va con gli stessi giri delle pale, permettono alla macchina di essere più performante, più silenziosa e meno incline a guasti. Il design s’è decisamente evoluto, le macchine sono più belle, più curate e attento a limitare il più possibile incidenti con i volatili.
 
Vedremo l’introduzione in Italia dell’eolico offshore?
In Italia siamo solo al livello progettuale. All’avanguardia sono le case tedesche che hanno queste tecnologie. Ma in Italia per ora c’è ancora molto spazio nel mercato su terraferma.
 
Il minieolico invece?
I piccoli impianti (casalinghi da pochi centinaia di watt, ndr) sono in difficoltà. Al contrario del fotovoltaico domestico, dove è facile conoscere l’insolazione, l’eolico ha misurazioni complesse e costose. Ha senso quindi se si investono milioni in un parco eolico, non ne ha per un investimento da 20mila euro. Quando in Italia esisterà una mappatura complessiva del vento, anche il minieolico potrebbe finalmente trovare una sua nicchia.