Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Cieche ambizioni: La firma dei politici sugli obbrobri.

Cieche ambizioni: La firma dei politici sugli obbrobri.

di Nikos A. Salìngaros - 30/03/2010


Commissionano incubi di cemento credendo così di garantirsi fama eterna.

http://farm2.static.flickr.com/1120/588375853_937b73467a.jpg


È tempo di liberare le nostre città dall’impostura architettonica. Come si fa? Cacciando via coloro ai quali la stampa meccanicamente attribuisce l’etichetta di «uno degli architetti più famosi al mondo».
Gli uomini politici ne sono terrorizzati, perché fino a quando un sistema totalitario non collassa, pochissimi sanno sperare nella sua fine. Invece oggi il sistema è vicino al crollo. Seguirà una ristrutturazione, visto che metodi e conoscenze scientifiche per una progettazione a misura di uomo esistono già. Prevedo un’esplosione di talento di architetti fino a ora calpestati e ridotti alla marginalizzazione in casa propria, vittime di un sistema di potere corrotto, disgraziatamente appoggiato dal ceto politico.
Da un po’ si scorgono segni buoni. Per la prima volta i «nomi» cedono alle resistenze contro i propri progetti faraonici, e si ritirano a servire le classi dirigenti di lontani Paesi in via di sviluppo dove ancora s’ingollano le truffe architettoniche, intese come ostentazione di potere. Vadano questi personaggi a servire lontani sistemi totalitari con edifici propagandistici, invece d’inquinare il patrimonio storico e la bellezza naturale europei. Anche in Italia si avverte un’aria nuova fra gli architetti, anche se il coro dei soliti giornalisti che tesse le lodi del sistema questo non lo sa ancora.

La voce dei cittadini.
Quando qualcuno — e ormai questo “qualcuno” è la maggioranza dei cittadini — afferma che l’opera di un celebre architetto funzionale al sistema è orribile, lo si dichiara ignorante, ma con coscienza sporca.
Il re nudo delle amministrazioni vendute al potere globale consumistico continua così a promuovere opere mostruose, torri ridicole, assurde espressioni di sproporzione. La cittadinanza respinge questi progetti, come ha fatto sempre, ma adesso è assolutamente sicura del proprio giudizio! Siamo giunti al punto che sempre più spesso a salvare certi cerebralismi davvero indigesti deve intervenire l’ultimo salvagente:
«Ormai i contratti sono stati firmati, e rischiamo di perdere la faccia». Occorre allora una riflessione profonda sul danno che simili furberie infliggono non soltanto alla geometria vitale dell’ambiente, ma, cosa assai più grave, alla cultura e alla democrazia del Paese. È meglio «perdere la faccia» che inquinare un territorio contro la volontà comune. La prima cosa si dimentica, ma la seconda resterà con noi per generazioni.
L’errore fondamentale consiste nell’incaricare uno scultore astratto del progetto di un edificio o di una regione urbana. Una tale assurdità danneggia la città in modo irreparabile. Non basta aver creato una scultura gigante e costosa per diventare capaci di progettare un’architettura vitale o, peggio, uno spazio urbano. L’urbanistica è una scienza dall’enorme portato di saggezza e di dati scientifici comprovati nel tempo, e gli scultori/architetti nutriti dal sistema nichilista dell’arte contemporanea non ne sanno assolutamente alcunché. Cosa deve dire il popolo se un sindaco incarica un macellaio di fare il chirurgo?
Una tale responsabilità si paga con il proprio posto alle elezioni successive.
Il punto è che i politici, conferendo il mandato all’edificazione di mostruosità, credono di immortalarsi: più grandi e strane, più elogiate dalla critica del solito giro, più a loro, quelle “cose”, pare debbano garantire fama imperitura. Veramente tragico quando in tal modo hanno scelto di metter mano al cuore delle città, a luoghi di vita addirittura magici, per poi distruggerli con alieni inserimenti «contemporanei».
Progetti veramente belli e adatti al luogo, vengono regolarmente esclusi dagli amministratori in favore d’incubi da rivista patinata. La classe politica pare essere diventata espertissima nel sabotare i progetti urbanistici e architettonici a scala umana.
Tanti despoti nel terzo mondo firmano contratti edilizi miliardari per arricchire se stessi: il gioco è formalmente legale, ma profondamente ingiusto verso il popolo e la storia delle loro povere nazioni. Quanti esempi di mastodontici progetti incompiuti, o che appena finiti si sono rivelati inutili e destinati al degrado, inquinano le parti più belle delle città storiche, rovinano lungomari straordinari con torri ed ecomostri extraterrestri? Gli incubi non funzionano. È tristemente lunga la collezione di rovine appena costruite, tutte nuove, vuote perché inabitabili, prive persino di valore turistico. Ora, certi Paesi democratici adoperano lo stesso trucco contro il proprio patrimonio storico, magari con la buona intenzione di portare «sviluppo». Seguono le raccomandazioni di architetti famosi (o, se non tanto famosi, comunque legati al medesimo sistema di potere) e non ammettono che determinati consigli hanno prodotto solo il disastro edilizio. Ma quel che è peggio è che non imparano, seguitano a favorire gli stessi furbi consiglieri e così accumulano un disastro dopo l’altro.

Una coscienza civile.
Con l’aumentata coscienza civile riguardo agli scandali dell’architettura contemporanea c’è da aspettarsi un futuro migliore.
L’Italia è un Paese democratico e finalmente comincia a svincolare le proprie città da una pratica e da un sistema di pensiero diretti dall’alto, che peraltro hanno per effetto quello di rendere tutti complici nell’assassinio del patrimonio architettonico nazionale. Le persone non possono essere ingannate in eterno, e le persone votano.
Insomma, le «stelle» usate dai politici stanno tramontando.
La loro architettura corrisponde del resto all’idea di una società chiusa. Aprirla vuol dire anche liberare il pluralismo progettuale, con tutti gli effetti che esso può avere sul tessuto della vita quotidiana.
Mentre la sapienza e la logica hanno poco da spartire con i mondi chiusi, giacché fondamentalmente incompatibili con il giustificazionismo dei sistemi di potere, essi fioriscono quando vi è innovazione autentica su basi scientifiche. Venendo meno le costrizioni artistiche, applicate inflessibilmente e fanaticamente per decenni da un piccolo gruppo di persone al comando dell’architettura contemporanea, può allora riprendere sì respiro il credo ottimista di una nuova società di progettisti solidali e amanti della verità.