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L'Italia è in serio pericolo

di Gianni Petrosillo - 07/06/2010



L'articolo firmato da Renato Besana, dal titolo “La nostra auto sufficienza infastidisce gli Usa”, non smentisce la felice linea sposata da Libero sui recenti accadimenti che hanno visto coinvolta la nostra Finmeccanica, indebitamente colpita da sospetti di corruzione e pretestuosamente accusata di gestire fondi neri. L'obiettivo, nemmeno tanto velato, è quello di screditare l'immagine pubblica di un'azienda superavanzata che dà fastidio a qualcuno.
Vorremmo che metteste la vostra attenzione su alcuni punti focali, sottolineati dal giornalista di Libero, che sono fondamentali per capire la genesi dei problemi italiani e i rischi a cui andiamo incontro:
1.Sono gli Usa e la Casa Bianca ad aver agito nell'ombra contro una nostra impresa di punta perché infastiditi dal protagonismo italiano in settori strategici dell'economia, direttamente collegati al ruolo facilitatore degli Stati, i quali, tramite siffatti affari, veicolano interessi di politica estera.
2.Il bersaglio dell'amministrazione americana è Silvio Berlusconi, reo di aver inaugurato una stagione di proficua partnership, anche basata su rapporti personali, con paesi come la Russia, la Libia, la Turchia, il Venezuela che notoriamente non sono allineati sui diktat di Washington.
3.Besana riporta le collaborazioni nel settore energetico con i vari progetti sui gasdotti che hanno annichilito il tentativo americano di far avanzare un proprio progetto alternativo, teso ad isolare la Russia e gestire con più facilità gli approvvigionamenti di gas dell'Europa (Nabucco vs South Stream e Nord Stream).
4.Nell'articolo vi è una non casuale citazione da Mattei che riporta alla mente le iniziative condotte dal grande Presidente dell'Eni, il quale si era spinto sino a rompere l'isolamento dell'Urss e di alcuni paesi arabi, stringendo con essi accordi commerciali in palese contrasto con la linea atlantica: “Non c'è indipendenza politica se non c'è indipen­denza economica”. Appunto, ieri come oggi questo smarcamento italiano dalla agenda americana potrebbe costare la vita a qualche "recalcitrante".
5.Negli anni '90 l'Italia fu costretta a mettere sul mercato i suoi tesori pubblici sospinta dai piani americani che prevedevano, nel nuovo contesto monocentrico, un ridimensionamento delle iniziative economiche autonome dei paesi satelliti e della loro stessa sovranità nazionale. Iniziava il New American Century. Dice testualmente Besana: “...la li­quidazione della prima re­pubblica per via giudiziaria culminò nella svendita al grande capitale anglo-ameri­cano della nostra impresa pubblica, concomitante all'attacco speculativo contro la lira e all'insediamento d'un governo' tecnico guidato da Ciampi. Dal dopoguerra ope­ra infatti "il quarto partito" ­come lo chiamava De Gasperi - formato da segmenti dell'in­dustria e della finanza con so­lide sponde Oltremanica e Oltreoceano, nonché molteplici e trasversali agganci in parla­mento”. Concetti inequivocabili che rimandano al connubio tra FBI, magistratura politicizzata, spezzoni delle istituzioni e poteri del cattivo vapore (GF&ID) che si associarono per far cadere un'intera classe dirigente, colpevole di non inchinarsi alle esigenze totalitarie e messianiche dell'ipertrofico alleato d'oltreatlantico.
6.Questi poteri forti, interni ed internazionali, non hanno ancora abbandonato il progetto di impadronirsi pienamente del nostro paese. Hanno uomini collocati nelle alte sfere dello Stato, della politica e degli organismi economici. Di uno di questi giannizzeri potrebbero servirsi per dare concretezza alla loro spallata putschista: “D'un imminente governo guidato da Draghi la stampa estera parla da mesi. Il perché l'ha spiegato Le Monde rife­rendo che l'Eliseo non avreb­be mai acconsentito a nomi­nare il governatore di Banki­talia alla guida della Bee in quanto egli era stato il vice presidente per l'Europa della Goldman Sachs. Non possia­mo dare le chiavi dell'Europa, hanno detto i francesi, a un uomo degli americani. Ragio­ne per la quale palazzo Chigi gli andrebbe a pennello”.

Più chiaro di così non poteva essere e noi, scusateci la poca modestia, ci prendiamo il merito di averlo raccontato con anni d'anticipo.



La nostra auto sufficienza infastidisce gli Usa di Renato Besana

Niente di nuovo, pur­troppo: le trame interazionali che s'intravedono dietro l'attacco sferrato dalle procu­re contro Finineccanica san­no d'antico. Si tratterebbe, come Libero ha documenta­to, d'una ritorsione ispirata da alcune lobby statunitensi che non hanno-tollerato le inva­denze dell' azienda - italiana nel lucroso comparto della di­fesa. il bersaglio grosso, sullo sfondo, resta Silvio, cui non si perdona l'ostentata disinvol­tura nel promuovere gli inte­ressi nazionali. Non è certo la prima volta che la politica ita­liana si trova in questa situa­zione. «Non c'è indipendenza politica se non c'è indipen­denza economica», soleva ri­petere Enrico Mattei, che si ­comportò di conseguenza: osò sfidare, con successo, il cartello delle Sette Sorelle, strinse accordi - con Nasser, acquistò petrolio dall'Urss in piena guerra fredda, si affac­ciò in Algeria, volse lo sguardo al Sudamerica. Sappiamo quel che gli sarebbe toccato in sorte.
Oggi I'Eni, per iniziativa di Berlusconi, collabora con Gazprom per il gasdotto Sou­th Stream, destinato a portare il metano russo fino in Austria e in Italia; il progetto è inviso a molti dei nostri partner euro­pei e soprattutto agli Usa. Nel gennaio di quest'anno, l'Enì ha firmato col governo vene­zuelano un accordo per la for­mazione d'una società mista che prevede, tra l'altro, l'estrazione di 75 mila barili al giorno a partire dal 2013, e­ Chavez non si può certo an­noverare tra gli amici dell' America. il presidente del Consiglio, in prima persona, non soltanto s'è speso con «l'amico Putin», ma ha tratta­to con Gheddafi per assicu­rarsi le risorse energetiche di cui la Libia dispone. I rapporti personali con Bush e l'incon­dizionato appoggio alle sue iniziative, vedi Iraq, gli aveva­no evitato guai irreparabili. La nuova amministrazione democratica ha però altri riferimenti, ai quali la strategia d'indipendenza energetica dell'Italia provoca qualche fit­ta allo stomaco.
Negli anni Novanta, la li­quidazione della prima re­pubblica per via giudiziaria culmino nella svendita al grande capitale anglo-ameri­cano della nostra impresa pubblica, concomitante all'attacco speculativo contro la lira e all'insediamento d'un governo' tecnico guidato da Ciampi. Dal dopoguerra ope­ra infatti "il quarto partito" ­come lo chiamava De Gasperi - formato da segmenti dell'in­dustria e della finanza con so­lide sponde Oltremanica e Oltreoceano, nonché molteplici e trasversali agganci in parla­mento.
Anche la scissione del PdL, mancata per un soffio a caval­lo delle regionali, sembra ab­bia questa origine: Berlusconi è finito, gli americani non ne vogliono più sapere di lui, an­davano dicendo i finiani orto­dossi alla ricerca di proseliti (perfetta continuità con il vecchio Msi che, finanziato dalla Shell, votò nel 1953 con­tro l'istituzione dell'Eni). I pa­droni delle ferriere avevano deciso che era venuto il mo­mento di prendere il potere. il colpo di mano non riuscì, Montezemolo s'è ritirato, ma il progetto è rimasto in piedi.
D'un imminente governo guidato da Draghi la stampa estera parla da mesi. il perché l'ha spiegato Le Monde rife­rendo che l'Eliseo non avreb­be mai acconsentito a nomi­nare il governatore di Banki­talia alla guida della Bee in quanto egli era stato il vice presidente per l'Europa della Goldman Sachs. Non possia­mo dare le chiavi dell'Europa, hanno detto i francesi, a un uomo degli americani. Ragio­ne per la quale palazzo Chigi gli andrebbe a pennello.