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Un suicidio nella società dei vincenti

di Alessandro Cavallini - 14/06/2010


Una settimana fa Villatora di Saonara (Pd) il venticinquenne Giulio Diserò si è suicidato impiccandosi ad una trave della casa degli zii. Pare che all’origine del tragico gesto, compiuto nel giorno del proprio compleanno, vi sia un esame non superato all’Università pochi giorni prima, dov’era già stato bocciato l’anno precedente.

Sono stati i genitori di Giulio, che non vedendolo tornare a casa, hanno chiamato gli zii, nel frattempo rientrati dal lavoro. La preoccupazione si è trasformata in dramma quando uno dei parenti, Alberto Gobbi, ha trovato Giulio privo di vita. Immediato l’allarme al Suem, ma ogni tentativo di rianimare il giovane è risultato vano. Poco dopo sono arrivati in via Villanova anche i carabinieri.

I militari, assieme ai parenti di Giulio, hanno controllato sia il luogo del suicidio che la camera del ragazzo, cercando un biglietto o altro che desse una spiegazione del gesto. Ma Giulio è morto in silenzio, senza lasciare alcuna traccia delle ragioni che l’hanno spinto a togliersi la vita. Ma i parenti puntano l’attenzione proprio sull’esame non superato. Giulio era iscritto al quinto anno di Agraria a Legnaro. Stando al libretto degli esami aveva superato 30 esami; alla tesi di laurea mancavano soltanto due scogli. Tra cui Anatomia, che nel luglio del 2009 non era riuscito a superare.

Disperato il padre, Savino Diserò: «Mio figlio non ha mai creato problemi, era un esempio di bontà. Era timido, introverso e questo non lo aiutava nei rapporti interpersonali. Ma nessuno di noi ha mai letto nei suoi occhi il disagio che stava accumulando. Adesso ripartire sarà dura senza di lui». Ha ricordato la zia Fiorenza Gobbi: «Viveva per la famiglia, la campagna e l’università. Non aveva amici, ma tutti noi lo adoravamo».

Ma al di là della pietà umana che si può provare per un giovane che si toglie la vita con le proprie mani, pensiamo che il caso di Giulio sia emblematico degli pseudo-valori che caratterizzano la società moderna. Una volta si riteneva che una persona di carattere avesse il dovere di risollevarsi di fronte ad una caduta. Nella vita si può anche sbagliare o perdere, ma l’importante è sempre e comunque ripartire, con ancor più costanza e consci degli errori passati. Al giorno d’oggi invece il messaggio che ci propinano quotidianamente è uno solo: vincere sempre e comunque, con ogni mezzo, anche illecito. Chi fallisce è un misero perdente e non è degno della nostra ammirazione. Ecco perché casi come quello di Giulio stanno aumentando di anno in anno. La sconfitta non è più contemplata nella vita dell’essere umano, a quel punto tanto vale andarsene, perché la nostra esistenza non ha più alcun valore. Complimenti a chi è riuscito a lanciare questo nefasto messaggio ai nostri giovani, sempre più deboli ed insicuri.