Nel pomeriggio di mercoledì 23 giugno, a Genova, si e’ tenuto il primo degli incontri “a tema” organizzati dal Circolo di Genova del Movimento per la Decrescita Felice. E’ stata una bella occasione di conoscenza reciproca e di confronto, che ha visto la partecipazione di diversi volti nuovi e di alcuni ospiti di rilievo della cittadinanza attiva genovese. Durante la discussione sono emersi, come previsto, diversi punti di vista e diversi spunti per futuri approfondimenti:

  • Agricoltura locale e filiera corta
  • Mobilita’ sostenibile e riduzione dell’impronta carbonica della citta’
  • Risparmio energetico ed efficienza energetica delle abitazioni

I soci del circolo hanno concluso il pomeriggio, condividendo la senzazione e la speranza di aver costruito un’altro piccolo ma importante tassello sulla strada della costruzione di una citta’ piu’ consapevole e piu’ “resiliente”.

A partire dai primi di settembre l’esperienza delle discussioni pubbliche sara’ certamente riproposta, incentrando la discussione sulle diverse tematiche sulle quali si stanno dispiegando in questi mesi interessanti percorsi di condivisione con tutte le principali realta’ della “cittadinanza attiva” genovese.

Di seguito la trascrizione dell’intervento di Marcello Moresco

1. Petrolio: siamo già al punto critico?

Il petrolio è una cosa importante: il 40% di tutta l’energia primaria mondiale viene dal petrolio, il 90% di tutta l’energia usata per i trasporti viene dal petrolio il 65% del petrolio viene usato per fare carburanti, del restante si fa energia elettrica, riscaldamento degli edifici, asfalti, materie plastiche, fertilizzanti, prodotti chimici e medicinali.

Non esiste nessuna alternativa al petrolio che sia altrettanto versatile, efficiente e a basso costo!

Consumiamo un mare di petrolio

  • 5 litri di petrolio al giorno a persona
  • 1 barile di petrolio al mese a persona
  • 1 autocisterna per famiglia all’anno !

L’aumento dei prezzi segnala un problema. Secondo quello che si legge sui giornali, gli aumenti dei prezzi sono sempre dovuti a fattori estemporanei, attentati, crisi politiche, speculazioni, ecc. In realtà i prezzi hanno cominciato a mostrare forti oscillazioni con le grandi crisi  degli anni 1970 e da allora non sono mai ritornati ai valori bassi e stabili di prima. E’ possibile che gli aumenti siano legati all’esaurimento del petrolio?

Quanto durerà il petrolio? Dipende da quanto petrolio rimane da estrarre e dalla velocità con la quale lo estrarremo.

I dati sono incerti, ma già a partire dagli anni 1960, le stime delle risorse petrolifere globali si erano stabilizzate intorno a un valore medio di circa 2.000 miliardi di barili.  Non è vero che al tempo delle crisi del petrolio (1974-1979) si temesse di essere già arrivati alla “fine del petrolio”                                  

E ne rimane sempre meno: le scoperte di nuovi giacimenti hanno raggiunto il loro massimo storico verso la metà degli anni 1960. Da allora sono in declino. E’ dal 1985 che si consuma più petrolio di quanto non se ne scopra

Un po’ di conti: il totale estraibile di petrolio convenzionale è intorno ai 2.000 miliardi di barili. Fino ad oggi, abbiamo estratto circa 1.000 miliardi di barili. Stiamo consumando circa 25 miliardi di barili all’anno. Dunque, ci rimangono circa 40 anni. Giusto?
Non è così semplice. La produzione di petrolio non è mai stata costante nella storia, sia a causa dell’espansione economica sia dell’aumento della popolazione mondiale. Perciò, non ha senso parlare di “40 anni di riserve al ritmo di produzione attuale. La domanda giusta è, invece: “Quanto petrolio potremo produrre nel futuro e a quali costi?”
Come varierà la produzione? Il modello di Hubbert.

Il geologo M. King Hubbert nel 1956 aveva previso che la produzione di petrolio dai pozzi petroliferi americani avrebbe seguito una “curva a campana” (o gaussiana), passando per un massimo verso il 1971. A quel tempo, nessuno gli credette. La curva della produzione americana è passata per un massimo nel 1971, proprio come aveva predetto Hubbert. Dopo essere arrivati a produrre quasi 3,5 miliardi di barili all’anno, gli Stati Uniti ne producono oggi circa la metà e sono diventati un paese importatore di petrolio.

Previsioni globali (ovvero dalle vacche grasse alle vacche magre): Prima del picco: l’offerta prevale sulla domanda, i prezzi sono bassi e tutto va bene. Dopo il picco: la domanda prevale sull’offerta, i prezzi aumentano e i tempi si fanno più duri. Cosa possiamo aspettarci dopo il picco? Alti prezzi dei carburanti, Recessione economica, Instabilità politica, Guerre per le risorse : Sono tutte cose che stiamo già vedendo accadere!

E’ stato bello finchè è durato. Comunque vada, l’era dei combustibili fossili è destinata ad esaurirsi in tempi brevissimi in confronto alla durata della civiltà umana. Potremo rimpiazzare in parte il petrolio con altri combustibili fossili. Ma il picco del gas naturale si verificherà solo pochi anni dopo quello del petrolio.  Il picco del carbone potrebbe essere più lontano, alcuni decenni, ma il carbone è anche il combustibile che genera più gas serra di tutti e il suo uso generalizzato potrebbe causare gravi danni al pianeta. Per cui, si pone la necessità di sviluppare le sorgenti di energia che non sono soggette a esaurimento.

Il primo passo…Il primo passo per risolvere un problema è rendersi conto che esiste. Ricordiamoci che il sole e il vento non sono soggetti al picco di Hubbert!

2. Le risposte della Green Economy

I 27 Stati membri dell’UE stanno facendo ogni sforzo per assicurarsi che le riserve rimanenti dei combustibili fossili siano utilizzate in modo più efficiente e stanno sperimentando tecnologie di energia pulita per limitare le emissioni di anidride carbonica nella combustione dei carburanti tradizionali.

Questi sforzi sono in linea con la direttiva europea che impegna gli Stati membri ad aumentare l’efficienza energetica del 20% e ridurre le emissioni climalteranti del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020.

Ma maggiore efficienza e riduzioni obbligatorie globali dei gas a effetto serra non sono sufficienti ad avviare a soluzione la crisi senza precedenti dovuta al riscaldamento globale e al picco mondiale di produzione di olio e gas.

Guardando al futuro ogni governo dovrà esplorare nuovi modelli energetici ed economici nell’intento di raggiungere l’obiettivo il più vicino possibile allo zero delle emissioni di carbonio.

La sfida del 21° secolo

Il picco dei combustibili fossili è previsto si verificherà entro il 2015.

Nel lungo periodo il sistema energetico sarà dominato dall’elettricità.

Si prevede quindi la trasformazione da un sistema energetico “fuel-based” ad un sistema “electricity-based”.

Nei trasporti si utilizzerà l’elettricità come principale sorgente di energia.

L’elettricità da fonti rinnovabili sostituirà quella da combustibili fossili .

L’idrogeno potrà funzionare come mezzo di immagazzinamento dell’elettricità e, in un sistema basato sulle energie rinnovabili, diverrà probabilmente il mezzo essenziale per il settore dei trasporti.

I 3 pilastri dell 3a rivoluzione industriale

Tre i pilastri fondamentali della Terza Rivoluzione Industriale che devono essere sviluppati ed integrati perché il nuovo “paradigma economico” diventi operativo:

  1. energie rinnovabili
  2. tecnologie di accumulazione
  3. reti energetiche intelligenti

1° Pilastro: Energie Rinnovabili

Forme rinnovabili di energia - solare, eolico, idroelettrico, geotermico, moto ondoso e biomasse - costituiscono il primo dei tre pilastri della Terza Rivoluzione Industriale. Anche se oggi queste energie nascenti rappresentano solo una piccola percentuale del mix energetico globale, esse stanno crescendo rapidamente in conseguenza degli obiettivi obbligatori che i governi si sono dati, e i loro costi in diminuzione le rendono progressivamente competitive.

Miliardi di euro di capitali pubblici e privati vengono attualmente investiti nella ricerca e sviluppo, mentre le imprese e le abitazioni mirano a ridurre la loro impronta carbonica, diventando sempre più efficienti energicamente.

2° Pilastro: Accumulazione

Per massimizzare l’energia rinnovabile, e minimizzare i costi, sarà necessario sviluppare metodi di accumulazione che facilitino la conversione delle forniture intermittenti di queste fonti energetiche in un servizio affidabile.

Batterie, ri-pompaggio dell’acqua, e altri mezzi possono fornire una limitata capacità di accumulazione.

Per fortuna esiste un mezzo di accumulazione che è completamente disponibile e relativamente efficiente: L’idrogeno è il mezzo universale che “immagazzina” tutte le forme di energia rinnovabile per assicurare la disponibilità di una fornitura stabile ed affidabile per la generazione elettrica e, cosa altrettanto importante, per i trasporti.

L’Idrogeno. L’idrogeno è il più leggero elemento dell’universo e quando è applicato per produrre energia, come scarti produce solo pura acqua e calore. Le astronavi sono alimentate da celle a combustibile ad idrogeno ad alta tecnologia da più di trenta anni. L’idrogeno si trova dappertutto in natura ma raramente da solo in natura. Deve dunque essere estratto da altri elementi quali combustibili fossili, acqua, o biomassa.

Oggi, il modo più economico di produrre l’idrogeno commerciale è quello di ottenerlo dal gas naturale attraverso un processo denominato “steam reforming”.

Purtroppo la disponibilità di gas naturale è limitata come la disponibilità di petrolio, e quindi non si tratta di una fonte affidabile e sostenibile. L’idrogeno potrebbe anche essere ottenuto dal petrolio o dalle sabbie bituminose, ma questo comporterebbe un drammatico aumento delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.  Anche l’energia nucleare potrebbe essere usata, ma questo comporterebbe l’aumento indiscriminato delle scorie radioattive pericolose.

Ma c’è anche un modo per usare l’idrogeno come vettore e come accumulatore di energia da tutte le fonti rinnovabili: Le fonti energetiche rinnovabili di energia - celle solari, eolico, idroelettrico, geotermia, moto ondoso - sono utilizzate in modo sempre crescente per produrre elettricità. Questa elettricità può essere usata per scindere la molecola dell’acqua in idrogeno ed ossigeno in un processo chiamato elettrolisi. L’idrogeno può essere inoltre estratto direttamente da colture energetiche, residui animali e forestali, e rifiuti organici.

Il punto importante da sottolineare è che una società basata sull’energia rinnovabile diventa possibile nella misura in cui questa energia può essere accumulata sottoforma di idrogeno. Ciò a causa del fatto che l’energia rinnovabile è intermittente. Il sole non splende sempre, il vento non soffia sempre, l’acqua non scorre quando c’è siccità, e i raccolti agricoli possono avere anni di magra. Quando l’energia rinnovabile non è disponibile le attività economiche si fermerebbero. Ma se un po’ dell’elettricità generata quando le energie rinnovabili sono abbondanti fosse essere utilizzata per creare idrogeno dall’acqua, e accumulata per un uso successivo, la società potrebbe ottenere un flusso continuo di elettricità.

L’utilizzo dell’ idrogeno come “vettore accumulatore” sarà essenziale per assicurare all’Unione EUROPEA una fornitura affidabile e continuativa di energia da fonti rinnovabili.

L’idrogeno è anche il miglior modo per rendere fruibile l’energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti.

La Commissione Europea nel 2003 ha creato la piattaforma tecnologica per l’idrogeno, un massiccio sforzo di ricerca e sviluppo per far avanzare l’Europa alla testa della corsa verso il futuro all’idrogeno.

3° Pilastro: Smart Grid

Il terzo pilastro è attualmente in fase di sperimentazione da parte delle società energetiche europee: si tratta della riconfigurazione delle reti energetiche europee secondo il modello di internet per permettere alla imprese e all’utenza privata di produrre la propria energia e di scambiarla.

Questa “smart integrid” è costituita da tre componenti fondamentali: mini reti, contatori intelligenti e reti intelligenti

  • Mini reti che permettono all’utenza privata, alle imprese di produrre localmente energia rinnovabile - attraverso pannelli solari, eolico, piccolo idroelettrico, rifiuti organici, ecc. - e di utilizzarla per i loro bisogni elettrici.
  • Contatori intelligenti che permettono ai produttori locali di energia di venderla in modo vantaggioso alla rete elettrica e di prendere elettricità dalla rete rendendo il flusso elettrico bi-direzionale.
  • Reti intelligenti composte di sensori e micro-chip disseminati in tutto il sistema di rete collegati ad ogni elettrodomestico. Il software permette a tutta la rete di conoscere la quantità di energia utilizzabile in qualunque momento in qualunque luogo della rete.

Questa “interconnettività” può essere usata per re-indirizzare i flussi energetici durante i picchi o le cadute e perfino per sfruttare le variazioni del prezzo dell’elettricità, di momento in momento.

In futuro le reti elettriche intelligenti potranno registrare le temporanee variazioni meteorologiche - cambiamenti del vento, variazioni dl flusso solare, temperatura, ecc. - dando alle reti la capacità di variare i flussi di elettricità continuamente, sia in base alla condizioni del tempo, sia in base alla domanda dei consumatori.

L’Europa e i 3 pilastri

Nel 2007 il Parlamento Europeo ha approvato una dichiarazione che invita gli stati membri ad accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, l’economia dell’idrogeno, e la costruzione di reti energetiche intelligenti - i tre pilastri fondamentali della Terza Rivoluzione Industriale.

Una grande maggioranza di europarlamentari, e gli stessi leader dei 7 gruppi politici, hanno firmato il provvedimento, compreso il Presidente del Parlamento Europeo. Il Parlamento Europeo è così diventata la prima camera legislativa del mondo ad approvare ufficialmente la strategia dei tre pilastri per la Terza Rivoluzione Industriale.

L’industria europea possiede il know-how scientifico, tecnologico e finanziario per guidare la transizione verso le energie rinnovabili, le reti tecniche intelligenti e, così facendo, guidare il mondo in una nuova era economica.

Le industrie dell’UE dei settori automobilistico, chimico, dell’ingegneria, edile, informatico, e delle telecomunicazioni, sono leader mondiali, così come il settore bancario e delle assicurazioni.

Questo permette all’Unione Europea di partire dalla posizione più avanzata al mondo nella corsa alla Terza Rivoluzione Industriale.

L’Unione Europea vanta anche uno dei più grandi mercati mondiali per il solare ed è la prima produttrice mondiale di energia eolica.

L’UE è leader per quanto riguarda le applicazioni commerciali, la ricerca e sviluppo nel settore dei combustibili ad idrogeno:

  • Celle a combustibile per i trasporti e per gli apparati portatili sono attualmente costruite e sperimentate in tutta Europa e i primi prodotti stanno già cominciando ad arrivare sul mercato.
  • I primi macchinari industriali a idrogeno, scooter, automobili, autobus e camion sono già in fase di sperimentazione sulle strade europee.
  • Il primo sottomarino a idrogeno è operativo in Germania, i primi traghetti ad idrogeno sono in costruzione in Olanda e Germania, il primo treno ad idrogeno è previsto nel 2010.

Sicurezza Energetica

“La chiave per la sicurezza energetica dell’Unione Europea sta nella capacità di produrre energia localmente a partire da fonti energetiche rinnovabili largamente disponibili, accumulando una parte dell’energia prodotta sotto forma di idrogeno ed altre energie di accumulazione come riserva sulla rete elettrica e per i trasporti, condividendo l’elettricità in eccedenza attraverso un sistema di reti intelligenti interconnesse in ogni comunità in Europa”

3. Le risposte delle Transition Town

La doppia sfida

In risposta alla doppia sfida del Picco del Petrolio e dei Cambiamenti Climatici, alcune comunità del Regno Unito, d’Irlanda e di altre nazioni stanno avendo un approccio integrato e partecipato per ridurre il proprio consumo di combustibili fossili migliorare la propria capacità di sostenere il fondamentale cambiamento che accompagnerà il Picco del Petrolio.

Perché le iniziative di transizione

Le iniziative di transizione attualmente in corso nel Regno Unito, così come negli USA e in Italia, rappresentano il modo più promettente di coinvolgere le persone e le comunità ad intraprendere azioni ad ampia portata per mitigare gli effetti del Picco del Petrolio e dei Cambiamenti Climatici.

Inoltre, questi sforzi di cambiamento sono progettati per tradursi in una vita più soddisfacente, socialmente più collegata e più equa.

Azioni da assumere

Le Iniziative di Transizione esemplificano il principio di pensare globalmente, agendo localmente. Tuttavia molti di noi spesso si chiedono: “che differenza posso fare io, agendo nella mia comunità, quando i problemi sono così giganteschi?” Beh, prima di tutto, prima di valutare i cambiamenti che si stanno portando avanti nella vostra comunità, ricordate che ogni volta che fate questo tipo di lavoro, state ispirando altre persone.

Queste raccoglieranno la sfida e ispireranno altri, e così via: in questo modo ogni piccolo contributo si può moltiplicare e diventare veramente significativo. E’ bene sapere che ci sono diversi piani sui quali si stanno raccogliendo le sfide del picco del petrolio e del cambiamento climatico, a livello nazionale ed europeo (vedi ad es.”La terza rivoluzione industriale”) Le Iniziative di transizione completano questi sistemi facendo in modo che i cambiamenti della nostra vita quotidiana possano essere effettivamente messi in pratica “dal basso”.

Livello Locale

Questo è il livello dove le Iniziative di Transizione svolgono il loro ruolo significativo.

Si tratta di un processo di cambiamento di  tutti gli elementi essenziali di cui una comunità ha bisogno per sostenere se stessa e prosperare. Questo crea una nuova forma di “resilienza” della comunità locale nei confronti dei potenziali effetti dannosi del picco del petrolio, riducendone drasticamente l’impronta ecologica.

In questo modo, si indirizzano gli sforzi per gestire il picco del petrolio che per combattere i cambiamenti climatici

Che cos’e` la resilienza?

Adirati per l’aumento della tassazione dei carburanti, nel 2000 i camionisti del Regno Unito hanno bloccato i depositi di carburante e, entro un breve periodo di tempo, le flotte di camion e la totalità del sistema di distribuzione ‘just-in-time’ hanno avuto una battuta d’arresto.

Gli scaffali dei supermercati sono rimasti vuoti e, entro pochi giorni, il Regno Unito è passato da essere una nazione con scorte di cibo abbondanti (e con l’illusione di abbondanza) ad una nazione in grave crisi alimentare.

Questo ha altresì messo in evidenza che la produzione agricola locale, che in passato aveva sostenuto il sistema alimentare della nazione, era stata in gran parte smantellata.

Esperienze nel mondo

Diverse città negli Stati Uniti e ben più di 100 comunità in tutto il mondo si stanno incamminando verso specifici percorsi di cambiamento, per sviluppare “resilienza” a livello locale.

Portland in Oregon (popolazione di 550.000 abitanti) ha recentemente pubblicato la sua relazione “sul picco del petrolio” per consultazione. Portland ha effettivamente recepito un protocollo di “depletion” che mira a ridurre il proprio consumo di petrolio e gas del 2,6% all’anno, raggiungendo una riduzione del 25% entro il 2020.

Nel Regno Unito, un numero crescente di comunità è al lavoro per elaborare una pianificazione della decrescita energetica, come hanno iniziato a fare a Kinsale in Irlanda e si sta continuando a fare a Totnes nel Devon.

Che cos’è la Transizione

Lo scopo della Transizione è: “Offrire supporto alle comunità locali nell’elaborazione delle risposte al picco del petrolio e ai cambiamenti climatici, contribuendo ad aumentare la loro resilienza e la loro felicità”.

Il modello di Transizione è un insieme di principi e pratiche del mondo reale che sono state costruite nel tempo con la sperimentazione e l’osservazione delle comunità, così da costruire modelli di resilienza locale e ridurre le emissioni di carbonio.

Su internet sono disponibili molti dettagli su ciascuno di questi punti. Per il momento gli elementi esposti qui di seguito possono aiutare a farsi un’idea.

Alla base c’è la consapevolezza

Alla base del modello della transizione c’è il riconoscimento dei seguenti fattori:

  • i cambiamenti climatici e il picco del petrolio richiedono un’azione urgente
  • la vita con meno energia è inevitabile ed è meglio pianificarla che essere colti di sorpresa
  • la società di oggi ha perso la “resilienza” per essere in grado di far fronte alla crisi energetica
  • dobbiamo agire insieme e dobbiamo agire ora

La consapevolezza e la fiducia

Abbiamo mostrato fenomenali livelli di ingegno e di intelligenza quando abbiamo corso lungo la curva dell’energia negli ultimi 150 anni: non vi è alcun motivo per cui non dovremmo dimostrare le stesse qualità nel gestire la nostra “discesa” dal picco della montagna dell’energia.

Se programmiamo e agiamo con sufficiente anticipo, usando la creatività e la cooperazione per liberare l’ingegno, all’interno delle nostre comunità, possiamo costruire un futuro più soddisfacente e più arricchente, più collegato e più gentile con l’ambiente rispetto agli stili di vita che conduciamo oggi.

I 7 principi della Transizione

  1. Avere una visione positiva. le iniziative di Transizione sono basate sull’impegno a creare una visione tangibile, chiaramente espressa e pratica di come vivranno le nostre comunità una volta superata l’odierna dipendenza dai combustibili fossili
  2. Aiutare le persone ad accedere a buone fonti di informazione, e supportale affinché possano prendere buone decisioni.
  3. Coinvolgimento e apertura: le iniziative di transizione si impegnano a far si che i loro processi decisionali e i loro gruppi di lavoro siano fondati su principi di apertura e coinvolgimento
  4. Permettere la condivisione e il networking: le iniziative di Transizione si impegnano a condividere successi, fallimenti, opinioni e connessioni a vari livelli all’interno della rete, in modo da costruire una più ampia base di esperienze collettive
  5. Creare resilienza: ovvero costruire nelle nostre comunità le capacità per rispondere al meglio ai grandi cambiamenti che ci aspettano. Le iniziative di Transizione si impegnano a creare resilienza in diverse aree (alimentazione, economia, energia, ecc) e su diversi livelli (dal locale al nazionale)
  6. La Transizione è dentro di noi: esistono paradigmi psicologici per capire cosa ci sta realmente accadendo, e per superare i processi inconsci che “sabotano” i cambiamenti. Per esempio ci possono aiutare le teorie della dipendenza ed i modelli per il cambiamento comportamentale
  7. Decentralizzazione: autoorganizzarsi e decidere su diversi livelli. Nelle intenzioni del modello di Transizione non ci sono né centralizzazione né controllo sul processo decisionale. Piuttosto, il modello funziona lavorando con ciascuna comunità per realizzare la Transizione al livello più appropriato, pratico ed efficace

Transition Town di Totnes

Il progetto della Transition Town di Totnes è stato avviato da Rob Hopkins per affrontare la doppia sfida del picco del petrolio e del cambiamento climatico.

L’iniziativa si basa su lavoro embrionale fatto precedentemente da Rob in Irlanda per lo sviluppo del Piano d’Azione per la Decrescita Energetica della città di Kinsale.

Transition in Action

Quando la maggior parte delle amministrazioni, delle aziende o dei governi si siedono a pianificare i prossimi 20 anni, partono ancora dal presupposto che nei prossimi 20 anni si avrà più crescita economica, più occupazione, più energia, più automobili, più case, più imprese e così via. Negli ultimi mesi è diventato chiaro a molti che ciascuna di queste ipotesi è sempre più discutibile.

Stiamo passando da un epoca in cui il nostro livello di successo economico e di benessere personale era direttamente proporzionale al nostro livello di consumo di petrolio, a un tempo in cui il nostro grado di dipendenza dal petrolio sarà indice del nostro grado di vulnerabilità.

Per molte persone, è sempre più chiaro che non possiamo continuare a vivere come abbiamo vissuto fino ad oggi.

Tre tendenze principali ci stanno forzando la mano, introducendo grandi cambiamenti inevitabili nel lungo periodo:

  1. La fine dell’era dei combustibili fossili a buon mercato
  2. L’impatto sul clima
  3. La fine della bolla della crescita economica

1. La fine del petrolio a buon mercato

Nessuno sa ancora quando il mondo passerà il picco della produzione petrolifera, anche se questo momento storico può essere già stato superato nel mese di luglio 2008, quando il prezzo ha raggiunto 147 $ al barile, la qual cosa ha frenato la domanda talmente tanto che ancora oggi deve ancora riprendersi, e realisticamente non potrà farlo mai

Il nostro stile di vita dipende dal petrolio a buon mercato per praticamente tutto ciò che sta nelle nostre case, dal nostro cibo ai nostri spazzolini da denti, dai nostri tappeti alle nostre scarpe.

La teoria del picco del petrolio non dice che un giorno non lontano ci sarà ‘esaurimento’ del petrolio, potremmo anche non vedere mai quel giorno, ciò che dice è che presto potremo vedere la fine dell’era del petrolio a buon mercato, e di tutto ciò che questo ha reso possibile.

Durante l’età del petrolio, abbiamo estratto e bruciato 1.200 miliardi di barili di petrolio. Si tratta di una quantità impressionante di materia, e nessuno sa quale impatto a lungo termine avrà sul clima, sull’ambiente e sull’umanità.

Come il capo della International Energy Agency dice ora ai leader di governo del mondo “dobbiamo lasciare il petrolio prima che sia lui a lasciare noi”

2. L’impatto sul clima

Ogni giorno porta notizie sempre più cupe sulla velocità e sulla portata del cambiamento climatico.

A livello globale, la fonte di maggiore preoccupazione è il livello di scioglimento dei ghiacci dell’Artico, considerato dagli scienziati del clima come uno degli indicatori fondamentali. Il ritmo di fusione è di gran lunga più veloce di quanto chiunque si aspettasse.

L’ultimo rapporto del IPCC, mostrando un consenso scientifico senza precedenti sul fatto che il cambiamento climatico è in corso, ha ipotizzato che, nel peggiore dei casi, il ghiaccio artico potrebbe iniziare a rompersi entro il 2010. Se le tendenze attuali si confermassero potrebbe essere sciolto entro il 2014.

I governi ora stanno rispondendo, ma oggi stanno lavorando per raggiungere l’obiettivo di 450 parti per milione. La scienza ci dice che non dovremmo arrivare a superare le 350 parti per millione. Ma abbiamo già superato i 387ppm.

Il nostro tempo per rinviare e per procrastinare gli interventi è da tempo passato. Il livello dei tagli che dobbiamo fare alle nostre emissioni di carbonio è molto profondo, ma realizzabile, e potrebbe essere il catalizzatore di una straordinaria rivoluzione per l’industria e per il commercio.

3. La fine della bolla della crescita

Il denaro è messo in circolo per essere prestato alla gente, così i soldi (davvero) equivalgono al debito.

Il Regno Unito è diventato il secondo paese più indebitato del mondo (secondo solo all’Irlanda), con livelli sorprendenti di debito personale e un debito nazionale totale pari al 336% del PIL.

Il governo ha anche preso soldi in prestito pesantemente, al fine di perseguire i suoi obiettivi e, più recentemente, per salvare il settore bancario del Regno Unito, debito per il quale sarà responsabile per molti anni a venire.

Il guaio con la generazione del debito è che essa si fonda sul presupposto che in futuro saremo più ricchi di quello che siamo attualmente, per poterlo ripagare.

Alla base di questo ragionamento c’è il presupposto che ci sarà sempre energia a buon mercato per garantire la crescita economica necessaria.

Il disfacimento attuale della finanza internazionale, e la consapevolezza che gran parte del debito è ‘tossico’, vale a dire non ripagabile, risulterá avere implicazioni molto più profonde di quanto abbiamo fin qui sperimentato.

Transition in Action

Per gli ultimi tre anni, Totnes Transition Town ha coordinato un programma di sensibilizzazione nella città su questi tre temi chiave, portando lì molti esperti mondiali sul tema.

E’ stato un viaggio illuminante, e gran parte della saggezza che ha portato a questa comunità viene raccolta in questo documento: “Transition in Action” http://totnesedap.org.uk/ .

Totnes non è la prima città o paese che inizia ad esplorare gli aspetti pratici legati alla sfida di abbandonare la dipendenza dal petrolio e gli alti livelli di emissioni di carbonio.

Uno dei primi piani è stato il Kinsale Energy Descent Action Plan, sviluppato nel 2005 dagli studenti di una scuola nel sud dell’Irlanda, che è stato in parte responsabile della creazione del concetto di Transizione.

La relazione di Kinsale è diventata un fenomeno virale, e da allora ad oggi è stata scaricata migliaia di volte.

Localizzazione

Al momento, la citta’ e le sue zone circostanti agiscono come un grande secchio bucato. Nell’attuale modello economico la possibilità di sviluppare l’economia locale si perde quasi completamente, in conseguenza del fatto che la maggior parte dei flussi di denaro si riversano altrove:

  • Ogni volta che paghiamo la bolletta, il denaro lascia la zona
  • Ogni volta che facciamo la spesa al supermercato, l’80% dei soldi lascia la zona
  • Ogni volta che facciamo acquisti online, il denaro che avrebbero rafforzato la nostra economia lascia la zona

Nel frattempo, cresce la pressione sui nostri negozi locali e sulle imprese.

Allo stesso tempo, l’agricoltura locale impiega sempre meno persone ogni anno, sempre più cibo è importato, i nuovi edifici sono creati a partire da materiali provenienti da tutto il mondo, e la maggior parte dei prodotti venduti nei negozi hanno viaggiato per lunghe distanze per giungere lì.

Il concetto chiave della localizzazione è spostare il centro di produzione più vicino a casa. Non è qualcosa che può essere fatto in una notte, è un processo a lungo termine che richiede pianificazione, progettazione e innovazione.

Chiaramente la citta’ non può diventare autosufficiente per tutto, né lo vuole essere. Tuttavia in passato era di gran lunga più autosufficiente rispetto ad oggi, con un funzionamento molto più simile a quello di un secchio che al suo attuale setaccio.

C’è un potenziale significativo, per ogni citta’, per esempio:

  • Produrre la maggior parte del cibo a livello locale e creare localmente una gamma di modalità di conservazione e di trasformazione degli alimenti
  • Acquistare una percentuale significativa dei materiali da costruzione dalla produzione locale e dal riciclo dei rifiuti.
  • Acquistare energia da imprese del settore energetico di proprietà e gestione locale, piuttosto che da quelle distanti
  • Mantenere e valorizzare i negozi della città che sono di proprietà locale ed evitare il fenomeno delle “ghost town” visibile in tante città di tutto il mondo
  • Trasformare in proprietà della comunità i terreni per lo sviluppo territoriale, in modo che i proventi finanziari derivanti da tale sviluppo appartengono alla comunità, piuttosto che agli speculatori
  • Produrre i farmaci per il trattamento di disturbi comuni utilizzando piante locali
  • Utilizzare i rifiuti del cibo per produrre bio-metano per veicoli
  • Usare valute locali e meccanismi d’investimento locali per garantire più soldi nelle immediate vicinanze

Niente di tutto questo accadrà per caso, ha bisogno di un’attenta pianificazione e progettazione

Questo è solo un primo tentativo di cercare di delineare ciò che il processo di ri-localizzazione potrebbe essere.

Nel caso vi siate fatti l’impressione che la Transizione sia un processo definito da persone che hanno tutte le risposte, è bene che vi avverta di un fatto molto importante:

Noi non sappiamo davvero se questo funzionerà. La Transizione è un esperimento sociale su grande scala.

Le cose di cui siamo convinti sono queste:

  • se aspettiamo i governi, sarà troppo poco e troppo tardi
  • se agiamo individualmente, sarà troppo poco
  • se agiamo come comunità, potrebbe essere quanto basta e giusto in tempo

Quello che il movimento ci racconta

Quello che il movimento di transizione ci racconta sono i risultati di un lavoro reale fatto nel mondo reale attraverso il coinvolgimento delle comunità e delle singole persone.

Il modello di Transizione è proposto da persone che sono attivamente coinvolte nella transizione della propria comunità.

Persone che imparano facendo, e imparano continuamente.

Persone che capiscono che non possiamo semplicemente sederci e aspettare che qualcun altro faccia quello che c’è da fare al posto nostro.

Una considerazione finale…

… giusto per unire gli effetti de Riscaldamento Globale e il Picco del Petrolio:

  • Il Riscaldamento Globale impone la riduzione delle emissioni di CO2
  • Il Picco del Petrolio rende questa riduzione inevitabile
  • La Transizione rende tutto questo possibile e desiderabile (almeno per quanto abbiamo sperimentato fino a ora)