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Il vento latino-americano scuote gli Usa

di Lorenzo Moore - 08/05/2006


“Subito attorno a un tavolo, per trattare e confrontarsi sulle differenze. La crisi del gas boliviano – si leggeva ieri sul Corriere della sera, che si sta accorgendo infine come non tutto quadri nell’ex cortile di casa degli Usa – si trasferisce in Argentina, nella città di Puerto Iguazú, dove si svolge un vertice tra quattro capi di Stato sudamericani. Padrone di casa Néstor Kirchner, ospiti Luiz Inacio Lula da Silva (Brasile), Evo Morales (Bolivia) e Hugo Chávez (Venezuela)”.
Il vertice latino-americano tra i quattro Paesi più di prima linea nelle contestazioni alla superpotenza del nord (ma il Brasile di Lula è tra questi il più “morbido” e più omologato agli atlantici: non a caso lo stesso Lula ha dichiarato un “errore strategico” far dipendere il Brasile dall’import di gas bolviano, mentre la compagnia brasiliana Petrobras ha deciso di sospendere “ogni forma di investimento in Bolivia”) è stato convocato d'urgenza, dopo la decisione boliviana di nazionalizzare i giacimenti di gas e annullare i contratti esistenti tra lo Stato e le imprese straniere.
Se Lula è il più “politicamente corretto”, espressione di una sinistra rosa molto socialdemocratica e quindi più opportunista, gli altri tre capi di Stato sono da considerarsi “furi dagli schemi”, espressione cioè di una sinistra nazionale dalle varie sfaccettature.
“Populisti” - o, meglio, socialisti nazionali - Chávez e Morales sono su posizioni radicali quanto a commerci, investimenti stranieri e Stati Uniti; “peronista” Kirchner, più pragmatici e meno demagoghi.
Quello che mette in crisi gli Stati Uniti, è la valutazione della consistenza dell'asse Kirchner-Chávez-Morales, che si dichiarano l’uno guida di un giustizialismo che riprone le sfide di Peron e la sovranità di un’Argentina che decine di anni di regime militare e di sudditanza alle multinazionali ed alla Banca Mondiale non hanno affatto piegato, gli altri due alla testa di due rivoluzioni.
Il leader indio boliviano Morales e Chávez hanno finora negato qualsiasi accordo bilaterale sulla decisione della Bolovia, ma i due si erano incontrati all'Avana appena una settimana fa, ospiti di Fidel Castro, e non a caso già da qualche settimana tecnici della venezuelana Pdvsa si trovavano già a La Paz, pronti a prendere il posto dei brasiliani della Petrobras e garantire tecnologie e funzionamento degli impianti nazionalizzati. Per Morales la sostituzione dei tecnici delle concessionarie straniere con i venezuelani sarebbe tuttavia un’extrema ratio.
Il leader boliviano ha infatti ribadito che le imprese straniere hanno tutto l'interesse strategico ed economico per restare in Bolivia, accettando le nuove condizioni - più onerose, ma pur sempre adeguate alla crescita dei consumi e dei prezzi dell’oro nero e di gas - dello sfruttamento dei giacimenti.
Ma, gas e oro nero non sono la reale posta in gioco. A Puerto Iguazù, si discute in verità l’avvenire dell’America Latina. Se dovrà restare colonia di Washington o se farà altri passi per rivendicare la propria sovranità nazionale.