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Sugli irlandesi repubblicani, la consegna è il silenzio

di Alessia Lai - 16/07/2010

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Twaddel Avenue sbocca sulla Crumlin Road. Non è un semplice incrocio stradale. È l’angolo in cui finisce una via lealista e inizia un quartiere irlandese di Belfast. Non ci sono muri o cancelli, come succede in altre parti della città. In pochi metri si passa da un quartiere protestante, fedele a Sua Maestà la Regina, ad un sobborgo cattolico, bastione della resistenza nazionalista repubblicana irlandese. Finiscono le bandiere britanniche e iniziano i tricolori irlandesi. Il muro, qui, è invisibile. Ma c’è. Ed è qui che inizia il quartiere dell’Ardoyne, dove la rivolta irlandese di questi giorni è esplosa più forte in risposta alle provocatorie marce orangiste.
A vederli, questi lealisti che affollano Belfast nei giorni attorno al 12 luglio, giornata in cui i sudditi della regina celebrano la vittoria del principe Guglielmo d'Orange contro le forze del re cattolico Giacomo II nella battaglia di Boyne del 1690 – sono un popolo festoso, assiepato ai lati delle strade centrali di Belfast per ammirare costumi e stendardi. Cantano, applaudono, ballano. Educano. Il motto usato quest’anno per pubblicizzare il Glorious Twelfth è “Education trough celebration”. I bambini inglesi, tanti, spesso in testa ai gruppi, mentre reggono stendardi e nastri, imparano l’arroganza del potere. La respirano celebrando la superiorità della propria comunità sulla minoranza irlandese delle Sei Contee.
L’odio si impara fin da piccoli. Lo sanno bene gli altri bambini, quelli irlandesi dei sobborghi cattolici della città. In prima fila nelle proteste: figli, nipoti, cugini di carcerati e perseguitati dai britannici. Spesso fondamentale fonte di reddito per i loro familiari, visto il sussidio che il governo stanzia per ogni figlio. Nei muri dei loro quartieri lo Sinn Fein cancella con pennellate di verde i manifesti che ricordano e sostengono i prigionieri repubblicani del carcere di Maghaberry, che lottano per riottenere lo status di detenuti politici e contro trattamenti inumani e degradanti dei carcerati e delle loro famiglie. Nella civile Europa ci sono carcerati che devono urinare e defecare nei contenitori vuoti del latte o del succo di frutta, che non si possono fare una doccia, che vengono quotidianamente picchiati e umiliati. Nulla trapela nella stampa internazionale. La stessa Bbc dedica ai riots di Belfast di questi giorni qualche articolo di secondo piano, figuriamoci quale spazio possono avere le condizioni dei prigionieri di Maghaberry. Il partito di Gerry Adams ha barattato i diritti e la libertà del popolo irlandese con la gestione del potere politico nelle Sei Contee. Gli scranni nel parlamento di Stormont valgono bene il voltafaccia nei confronti della comunità nazionalista, di quelli che vengono definiti “dissidenti repubblicani”. Mentre l’Unione europea, che racchiude in sé anche le Sei Contee, sembra non essersene mai accorta.