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La fobia dell'ordine delle cose

di Fabio Mazza - 22/07/2010

 


 



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Il dibattito serrato sull’allarme omofobia, che ha scaldato le platee di innumerevoli (e spregevoli) trasmissioni televisive recentemente, è, in realtà, un falso problema. Quelli che volevano una legge apposita che punisse l’ “omofobia” (che letteralmente dovrebbe significare la “paura” dell’omosessuale, in senso stretto significa la “discriminazione” degli stessi), si sono visti rispondere giustamente, dagli stessi custodi della costituzione che essi esaltano ogni giorno, che non è possibile approvare una legge del genere, perché contraria all’articolo 3 della costituzione.
L’articolo 3 sancisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Ora, la legge in questione prevede come aggravante del delitto di aggressione, il fatto di avere commesso i suddetti reati per motivi di omofobia. Quindi se aggredisco una persona perché gay è più grave del caso in cui, poniamo aggredissi un biondo, perché a mio avviso troppo nordico. Ma non si capisce perché se picchio un gay per qualsiasi motivo, ciò debba essere più grave che picchiare un'altra persona, magari eterosessuale.  “Ma perché i gay vengono picchiati per motivi inerenti al loro orientamento sessuale”, parte il coro delle solite anime belle. Ma, rispondiamo noi, come si fa a dimostrare che l’aggressione vi è stata per motivi sessuali? Se aggredisco un omosessuale per motivi personali, magari senza sapere che costui lo è, e questi per accrescere il risarcimento che gli sarà dovuto e la pena inflittami, sostiene che io l’ho chiamato “frocio schifoso”? In secondo luogo: avrò diritto o no di allontanare da me, di non volere vedere, al limite anche di odiare l’omosessuale, se questo non si traduce in un comportamento violento e aggressivo? Se non compio reati contro la persona? O dovendomi omologare al diktat demo-buonista devo amare e legittimare una realtà che per me è sì degna di rispetto (che si deve ad ogni essere umano) ma fuorviante e sintomo di discentramento interno? In ogni caso il disegno di legge in questione è palesemente anticostituzionale, contrario a quella stessa costituzione che i promotori di questa legge difendono a spada tratta quando a loro fa comodo.
Ma il problema è più a monte. I gay e le lesbiche, che sono una vera e propria lobby, sostengono di volere uguali diritti e di voler essere uguali agli altri. E proprio qui si contraddicono. Difatti se si vuole essere uguali si debbono avere gli stessi diritti della massa. Non di più o diversi. Ed ecco che scatta la solita discriminazione al contrario; il solito razzismo mascherato da umanitarismo, da solidarietà sociale, da diritti umani.

Il rendersi uguali alla massa, di cui quando gli fa comodo reclamano la somiglianza, a giorni alterni, quando invece si danno al travestitismo e alle oscene parate del gay pride, rivendicano invece la loro “libertà espressiva”, e la loro diversità, è un'altra contraddizione tipica di un mondo discentrato, di persone che davvero non hanno idea di chi/cosa sono.
Si badi, non ci sono preclusioni verso l’omosessuale, per parte nostra. Libero di esprimere la sua sessualità come meglio crede, di circondarsi delle persone che meglio lo rappresentano, deve però anche capire una volta per tutte, che il relativismo culturale insito nella sistematica messa in discussione del concetto di “normalità” è un giochino che lascia il tempo che trova.
“Normalità” è una parolaccia, perché anche noi antimoderni non siamo catalogabili nella “normalità” odierna (che a nostro parere è un'anomalità in realtà, una situazione di mancanza di equilibrio delle condizioni sane e normali di una sana e normale società). Parliamo allora di “equilibrio”, di aderenza ai principi ordinatori della natura e del cosmo. Nessun dogma teologico, ma semplice constatazione della realtà delle cose, che si può constatare con l’osservazione dei cicli, delle fasi del sole e della luna, della stessa natura. Il principio che regola il tutto è l’opposizione di due opposti elementi: bianco e nero, luce e ombra, maschile e femminile. È la diversità che da origine alla complementarità che dà origine al tutto. In questo, e vorremmo che gli amici omosessuali convenissero con noi, senza sentirsi svalutati in alcun modo, l’omosessuale è un essere imperfetto, che non aderisce alla Realtà delle cose, che in un certo senso, si pone fuori dall’ordine naturale. Questo, ripetiamolo, non giustifica violenza, soprusi e ghettizzazioni, ma semplicemente ci porta a constare come il rivendicare la “normalità”, se intesa nel senso di conformità alla natura delle cose, è fuorviante se fatto da chi è, almeno sotto il punto di vista sessuale, sicuramente discentrato. Ma siccome non siamo moralisti e sappiamo come va il mondo, qui nessuno taccia l’omosessuale di “malattia”; nessuno dice che deve curarsi; nessuno dice che deve essere malmenato ed emarginato dalla società. Semplicemente pensiamo che sia ora di finirla di portare avanti una volontaria confusione dei ruoli e delle posizioni, che è tra l’altro un trend della nostra società, che già ha tentato il “meraviglioso” esperimento con i due sessi, e adesso ci prova anche con l’orientamento sessuale.
Non si può infatti far passare l’orientamento sessuale, come una scelta esclusivamente personale, come se si trattasse di una scelta del gusto del gelato: “Tu sei eterosessuale? Io invece ho preferenze per il transgender”. Non è cosi. Non può passare, per il benessere, la conservazione e la sopravvivenza di una società, il messaggio che qualunque scelta sessuale si faccia è ininfluente. Già si vedono gli effetti della decade di propaganda per cui il gay da un'ingiusta situazione iniziale “machista” dove veniva trattato da animale, è passato ad un'altrettanto ingiusta assimilazione come “di moda”, come “tanto simpatico e dolce”, come “l’amico delle donne”. La confusione di ruoli ha già messo in ginocchio la società, ora si aggiunge quella dei sessi, con ragazzini che si truccano, si mettono lo smalto e via dicendo.
Ma in tutta questa amorfa e anodina “libertà” di essere e fare ciò che si vuole, noi, come al solito, vediamo solo il dimenarsi frenetico e disperato di chi non sa chi e che cos’è. Nella ricerca sempre di nuovi significati e di nuovi ruoli vediamo solo l’incapacità di accettare un posto e un ruolo nella società. Vediamo solo una mancanza di equilibrio e di tenuta interna.
Crediamo che questa supposta legge sia assolutamente liberticida, perché andrebbe a colpire non chi aggredisce vilmente un omosessuale, nè chi lo discrimina sul posto di lavoro, nè chi lo taccia di malattia. Ma chi, come noi, rivendica semplicemente il diritto di chiamare l’anormalità con il suo nome, non per odio, non per spregio, non per paura. Ma semplicemente perché cosi è. Questo non significa una “caccia alle streghe” nè significa che non si debba avere il diritto di amare chi si vuole. Significa solo mettere dei paletti alla perdita totale di identità, di ruoli e di decenza che attraversa la nostra società. Sentiamo già le critiche che ci fioccano adosso: omofobi! razzisti! fascisti! Il solito mantra per criminalizzare chi ha opinioni non conformi al trend dominante. No. Nessuna di queste cose per noi. Solo conformi alla natura delle cose. Ma capiamo che, per l’uomo attuale che non riconosce più alcun senso che non sia quello del “faccio quello che mi pare” e “sono libero di fare ciò voglio”, in spregio ad equilibri che hanno regolato il mondo per migliaia di anni -e che per questi uomini sono e rimangono solo, nella loro cecità, non adesione incondizionata alla Realtà delle cose, ma patriarcalismo, sopraffazione, imposizione- tutto questo sia come il fischio del vento.