Nonostante la ricca diversità di cibo che si trova nel mondo, un quarto della popolazione sta morendo di fame. Oggi la fame è un problema di massa in molte parti dell’Africa, dell’Asia e del Sud America e il futuro non promette nulla di buono. La popolazione globale ha una tendenza di crescita di 90 milioni per anno per i prossimi 40 anni e i più recenti studi [1] prevedono gravi carestie globali che condurranno alla fame su una scala senza precedenti.

Questa miseria è un risultato diretto della nostra brama di mangiare carne. I bambini nel mondo sottosviluppato muoiono di fame in prossimità di campi coltivati ad alimenti destinati all’esportazione come foraggi per gli animali, per supportare la civiltà “affamate di carne” del mondo ricco. Mentre milioni di esseri umani muoiono, più di un terzo della produzione di cereali del mondo e metà della produzione di pesce sono impiegati per alimentare gli animali nei paesi ricchi [2].

L’industria delle bistecche degli Stati Uniti d’America consuma tanto cibo quanto India e Cina messe insieme [3]. Un miliardo e novecento milioni di persone potrebbero essere alimentate con le proteine di cui sopra. Un ripensamento completo su come vengono distribuite le nostre limitate risorse alimentari è vitale se vogliamo trovare una soluzione al problema della fame nel mondo. Questa “Guida Viva” si occupa del perché il mangiar carne è la principale causa della fame nel mondo e del come il vegetarismo può fornire una soluzione.

Le radici della fame

Il mondo in via di sviluppo non è sempre stato affamato. I primi esploratori del 16° e 17° secolo spesso ritornavano stupiti dell’enorme quantità di cibo che vedevano. Per esempio, in certe parti dell’Africa le popolazioni avevano spesso tre raccolti di riserva e nessuno soffriva la fame. L’idea di comprare e vendere cibo era inaudita.

La Rivoluzione Industriale ha cambiato tutto ciò. I Paesi Europei avevano bisogno di materie prime a buon mercato come carbone e minerale ferroso di cui erano ricchi i paesi in via di sviluppo. Attraverso processi di invasione e colonizzazione i paesi ricchi poterono non solo procacciarsi le materie prime, ma reclamare il territorio come loro proprietà obbligando le popolazioni indigene a pagare le tasse o l’affitto delle terre. I poveri contadini (molti dei quali prima di allora non avevano mai avuto a che fare col danaro) furono forzati a coltivare piantagioni, come ad esempio quelle di cotone, per venderne il prodotto ai loro nuovi padroni. I paesi ricchi possedevano la terra, tutto il cibo che si produceva e decidevano il prezzo. Dopo aver pagato le tasse, ai contadini restava poco danaro per comperare cibo a caro prezzo e spesso finivano per indebitarsi semplicemente per vivere. Questo processo di colonizzazione continuò fino all’inizio del XX secolo.

La maggior parte dei paesi colonizzati è ora divenuta indipendente, ma grossa parte delle terre è ancora di proprietà di grandi compagnie costituitesi nei paesi ricchi. Queste terre non vengono utilizzate per nutrire le popolazioni locali ma per produrre cibo per l’esportazione. La maggior parte di questo cibo serve per alimentare gli animali. Questa è una delle principali cause di scarsezza di cibo e carestie.

I paesi in via di sviluppo non sempre hanno avuto il monopolio della fame. Una delle ultime grandi carestie Europee ebbe luogo in Irlanda dal 1846 al 1850 quando vennero meno le coltivazioni di patate. La patata era il cibo base degli Irlandesi poveri e pertanto serviva ad alimentare gran parte della popolazione. L’Irlanda fu colonizzata dall’Inghilterra e di conseguenza le terre divennero di proprietà dei latifondisti inglesi.

Mentre molti irlandesi morivano di fame, una quantità di cibo sufficiente per alimentare due volte la popolazione Irlandese fu esportato in Inghilterra. I contadini Irlandesi coltivavano i campi per i loro latifondisti Inglesi, poiché dovevano pagare l’affitto - se non potevano, venivano cacciati dalla terra rimanendo senza alcun mezzo di sussistenza. Il popolo affamato si cibò delle patate che dovevano servire per essere piantate l’anno successivo.

Che cosa ha a che fare tutto ciò con la fame nel mondo oggi? Sostituite l’Irlanda con “paesi poveri” e l’Inghilterra con “paesi ricchi” e le cose restano ancora molto verosimilmente le stesse. In tempi di carestia il cibo è esportato dai paesi poveri a quelli ricchi. E la gente ancora muore di fame.

 

Il problema odierno

La siccità ed altri disastri “naturali” sono spesso invocati come cause della fame. La popolazione locale si era sempre in passato saputa difendere dai disastri naturali e sebbene essi possono essere il “grilletto” che fa scattare la carestia, la causa principale è il sistema dei nostri giorni ovvero il neocolonialismo.

La terra nei paesi poveri è ancora largamente non di proprietà della gente che la lavora e gli affitti sono salati. Succede spesso che la gente è cacciata fuori dalla sua terra e si reca spesso ad affollare le città dove c’è d’altra parte poco lavoro. Molti paesi poveri si sono indebitati per importare il cibo ma anche per importare armi con le quali le elites dominanti si assicurano contro le rivolte popolari. Essi sono adesso indebitati con grandi banche dei paesi ricchi.

Al culmine della carestia in Etiopia nel 1984-5, la Gran Bretagna importava semi di lino, di cotone e di colza per un ammontare di 1,5 milioni di sterline. Sebbene niente di ciò è adatto per l’alimentazione umana, terreni di buona qualità sono ancora impiegati per produrre foraggi per gli animali dei paesi ricchi, mentre si sarebbero potuti utilizzare per produrre cibo per gli Etiopi. Oggi 800 milioni di uomini sono affamati e lo saranno durante le loro brevi vite. Tristemente sono le popolazioni rurali dei paesi poveri, le uniche che producono cibo per i paesi ricchi, che sono le prime a soffrire la fame. Anche quando il raccolto va male, i padroni della terra hanno la loro rendita, mentre i poveri contadini si affamano.

La triste ironia è che il mondo produce molto più cibo vegetale di quanto ne serve per venire incontro alle necessità alimentari di tutti i cinque miliardi e seicento milioni di abitanti. E’ stato stimato che sei miliardi di uomini potrebbero essere ben alimentati se il mondo adottasse una dieta vegetariana. Se invece noi assumiamo il 35% delle nostre calorie dai prodotti animali, allora questo numero cade a due miliardi e cinquecento milioni, meno di metà della popolazione umana vivente oggi.

La maggior parte dei paesi in via di sviluppo, se non tutti, producono abbastanza cibo per i loro bisogni, o potrebbero produrlo se la terra e le altre risorse per produrre cibo, come strumenti e macchine agricole, fossero più equamente distribuiti. Se la gente mangiasse essa stessa questo cibo, allora ce ne sarebbe abbastanza per alimentare ciascun abitante del mondo oggi, procurandosi una media di 2360 kcal (calorie) necessarie per una buona salute. Al contrario, molto di esso è sprecato per alimentare gli animali che producono carne.

[1] L. Brown, Full House, Worldwatch Inst. 1994
[2] E.F. Trainer, Abandon Affluence, 1985
[3] M. Perleman, Farming for Profit in a Hungry World; Capital and the Crisis Agricolture, 1997

Fonte: http://www.gondrano.it/ - Tratto da: Viva!

traduzione a cura di Giuseppe Pappalardo