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L’infanzia sola davanti alla tv, ecco l’umanità del futuro

di Franco Berardi Bifo - 17/05/2006

 
Anche in Italia arriverà presto il canale televisivo dedicato ventiquattro ore su ventiquattro ai neonati.

Negli Stati Uniti canali di questo genere sono in funzione già da due anni


Una notizia sui giornali di questi giorni: anche in Italia arriverà presto il canale televisivo dedicato ventiquattro ore su ventiquattro ai neonati. Negli Stati Uniti canali di questo genere sono in funzione da due anni. I pubblicitari sono naturalmente attentissimi al fenomeno.

La devastazione dell’ambiente fisico del pianeta si rivela di anno in anno sempre più allarmante. Sono preoccupanti le informazioni relative al buco nell’ozono, all’aumento della temperatura globale, alla desertificazione e all’innalzarsi degli oceani. Ma la devastazione più pericolosa è quella che si sta producendo nel cervello delle nuove generazioni di esseri umani.

In un libro intitolato The show and tell machine (dedicato all’influsso della televisione sul sistema cognitivo) nel lontano 1975 un’antropologa americana di nome Rose Golden scriveva: «Sta crescendo una generazione di esseri umani le cui impressioni primarie provengono da una macchina. Questo fenomeno è destinato a produrre effetti imprevedibili».

Erano gli anni in cui cominciava la diffusione dell’elettrodomestico televisivo, gli anni in cui arrivava la televisione a colori. Ma erano anche gli anni in cui si preparava il salto tecnologico e produttivo della terza rivoluzione industriale, e l’ideologia neoliberista prendeva il posto di comando nella politica economica dell’occidente. Rose Golden parlava di una generazione di esseri umani le cui prime esperienze percettive provengono dalla macchina televisiva. Possiamo aggiungere che l’apprendimento del linguaggio tende a svolgersi in un ambiente di tipo macchinico non più mediate dalla presenza corporea e affettiva di un altro essere umano, la madre, il padre, gli altri bambini. L’acquisizione del linguaggio da parte degli esseri umani non è un fenomeno meccanico, trasferimento meccanico di astratte competenze comunicative. E’ un processo che implica la corporeità, la sensibilità, il sorriso, il dolore, e soprattutto la presenza, fisica, carnale, olfattiva, della madre e degli altri simili.

Per questo la solitudine televisiva dei bambini induce un mutamento destinato a provocare effetti antropologici, culturali e psichici di proporzioni colossali.

La previsione di Rose Goldsen si sta realizzando secondo le linee di una angosciosa distopia. Il suicidio è, dopo gli incidenti stradali, la seconda causa di morte fra i giovani sotto i vent’anni. E sappiamo che i suicidi spesso vengono sottaciuti o camuffati e finiscono nell’elenco degli incidenti. Al contempo il crimine senza motivazioni e senza finalità si è diffuso negli ultimi anni soprattutto fra gli adolescenti. Gli insegnanti sono costretti a fronteggiare nelle ultime generazioni di allievi che arrivano nelle scuole in questi anni, forme di comportamento aggressivo, o scoordinato, che gli psicologi identificano come Attention deficit disorder, una sindrome caratterizzata da iperattività, difficoltà di coordinamento psico-motorio e linguistico. Per questo disturbo gli psichiatri somministrano farmaci come il Ritalin (metilfenato, una sostanza neuroattiva che negli anni ’60 si prendeva come sostitutivo dell’anfetamina). Negli anni Novanta negli Usa si vendevano milioni di confezioni di Ritalin al mese, a scopo pediatrico. E adesso questa moda è arrivata in Europa.

La depressione dilaga nella popolazione giovanile. Secondo il presidente della Commissione bicamerale per l’infanzia Maria Burani Procaccino, 800 mila giovani italiani tra i 15 e i 25 anni sono da considerare clinicamente depressi: soffrono anche di disturbi d’ansia, di sintomi che annunciano patologie della personalità e, in misura minore, di psicosi.

Ora leggiamo appunto sui giornali che sta per arrivare in Italia la televisione 24 ore per neonati. Negli Stati Uniti canali di questo genere esistono da due anni. Assicurano che si tratta di trasmissioni specialmente studiate per quello specifico target: immagini molto colorate, rassicuranti e gioiose, ninne nanne, canzoncine, figure geometriche, trenini che corrono.

Attualmente ogni bambino è mediamente abituato a vedere (o piuttosto: subire) quattromila ore di televisione all’anno, e quarantamila spot pubblicitari.

Non ha alcuna importanza la qualità del messaggio che viene inoculato nelle menti dei piccolissimi spettatori. Il problema non è se questo messaggio è violento o gentile. Quel che conta è l’effetto di raggelamento del processo di apprendimento del linguaggio e di formazione del sistema neuro-percettivo del bambino. L’apprendimento del linguaggio viene scollegato dall’affettività, dalla presenza corporea dell’adulto. E’ a questo livello che può verificarsi una devastazione di cui vediamo per il momento solo le prime manifestazioni.

Contemporaneamente si verifica un altro fenomeno, convergente. Mentre le donne occidentali sono costrette a orari di lavoro che non lasciano spazio alla cura dei bambini, milioni di donne dei paesi poveri sono costrette ad abbandonare le loro famiglie e i loro figli in Ucraina o nelle Filippine, in Senegal o nel Maghreb, per sostituire a pagamento le donne occidentali nell’accudimento dei figli. Si tratta di un vero e proprio trasferimento coatto di affettività. Quali effetti potrà produrre nella storia futura questo sfruttamento affettivo che la globalizzazione porta con sé? Possiamo prevedere che si accumulino nell’inconscio globale cataclismi di odio destinati ad esplodere in futuro?

La popolazione occidentale è sempre più assorbita da una frenesia di socializzazione: lavorare, produrre, connettersi. L’iper-economicismo, dogma economico e morale dell’Occidente, ha creato condizioni di terrore sociale e di mobilitazione permanente nella popolazione bianca occidentale, socialmente integrata. L’insistenza ossessiva sul successo economico come unica chiave per mantenere il controllo psichico sulla propria identità mette in moto conseguenze profonde nello psichismo collettivo. Il tempo per l’affettività si è ridotto, progressivamente sostituito da una cascata di sorrisi pubblicitari, frigide rassicurazioni familiari e tonnellate di psicofarmaci. Il bombardamento televisivo del cervello infantile è solo l’ultimo anello di questa catena di freddo orrore.