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Sindrome da sospetto atomico

di Massimo Fini - 17/05/2006


IIl presidente iraniano Mahmoud
Ahmadinejad ha
inviato una lunga lettera
(17 cartelle) a George W. Bush
invitandolo a trovare, attraverso
contatti diretti, “soluzioni
nuove” per la crisi che contrappone
da tempo i due Paesi.
E già di per sé una notizia clamorosa
perché è da ventisei
anni che Stati Uniti e Iran non
hanno rapporti ufficiali: da
quando, nel 1980 ruppero le
relazioni diplomatiche.
Ed è quindi un gesto di grande
disponibilità, com’è sempre
quello di chi fa il primo passo.
Certamente la lettera contiene
affermazioni che non possono
piacere al presidente americano
(il liberalismo e la democrazia
occidentali non sono riusciti
a realizzare gli ideali dell’umanità),
ma il tono è estremamente
rispettoso e, in alcuni
passaggi, quasi amichevole
(Entrambi crediamo che l’insegnamento
dei profeti divini sia
l’unica strada della salvezza).
Ma a parte questo, Ahmadinejad,
a proposito dello sforzo
del suo Paese di darsi uno sviluppo
tecnologico più moderno
(in cui rientra anche la ricerca
sul nucleare che il presidente
iraniano ribadisce, per l’ennesima
volta, essere destinata ad
usi esclusivamente civili) dice
cose difficilmente
(…) contestabili e con parole
che suonano abbastanza sorprendenti
in bocca ad un leader
teocratico: “Perché qualsiasi
progresso tecnologico e
scientifico in Medio Oriente
viene interpretato e descritto
come una minaccia nei confronti
del regime sionista? La
ricerca e lo sviluppo scientifico
non sono forse uno dei
diritti fondamentali delle
nazioni?
Lei conosce la storia. A parte il
Medioevo c’è mai stata un’altra
epoca storica in cui il progresso
scientifico e tecnico è
stato considerato un crimine?”.
C’è sicuramente molta propaganda
nelle parole di Ahmadinejad,
ma questa non è certamente
la lettera di un ‘pazzo’
come si è compiaciuto di dire
il vice premier Israeliano Shimon
Peres e come crede - o fa
finta di credere - la leadership
americana. E, insieme alla
propaganda, c’è anche, a mio
avviso, un briciolo di sincerità,
di verità e di concretezza.
Tanto più che negli stessi giorni
in cui questa lettera viaggiava
- via Svizzera - fra Teheran
e Washington il negoziatore
iraniano, Alì Larijani, in
visita in Grecia, dichiarava:
“Siamo disponibili a riesaminare
il piano di Mosca per
arricchire, l’uranio in Russia e
a negoziare con l’Aiea, l’Agenzia
internazionale per l’energia
atomica”.
Come ha risposto Bush a queste
avances alla lettera di
Ahmadinejad? Non ha risposto.
Peggio, dalla Florida ci
ha tenuto a far sapere che non
risponderà. Un insulto sanguinoso,
in termini diplomatici,
come se gli iraniani fossero
delle cimici di cui non vale
nemmeno la pena tenere conto.
Sulla stessa linea Condolezza
Rice che ha negato che Teheran
offra “uno spiraglio diplomatico”.
Più di così non so cosa potrebbe
fare. Del resto, sarò
gnucco, ma non riesco proprio
a capirla tutta la questione
iraniana.
Teheran ha firmato il trattato
di non proliferazione nucleare,
ha accettato le ispezioni dell’Aiea
(quando ha ufficialmente
riaperto i suoi siti per il
nucleare civile ciò è avvenuto
alla presenza degli ispettori
Onu), fino a quando non è stata
deferita, non si è capito
bene su quali basi, al Consiglio
di Sicurezza dell’Onu
dove dovrebbe essere giudicata
da cinque potenze armate
disponibile ad accettare queste
ispezioni. Gli americani dicono
che è tutta apparenza e che
c’è il sospetto che l’Iran
voglia arricchire l’uranio per
poi arrivare, di nascosto, alla
creazione della sua atomica. A
parte il fatto che non si comprende
come questo potrebbe
avvenire con la presenza degli
ispettori dell’Aiea sul suo territorio:
se ci si basa sui
sospetti si può dichiarare
guerra anche al Polo Nord. Ed
è proprio quello che gli americani
pare vogliano fare, dato
che martellano Russia e Cina
per una risoluzione Onu che
non solo preveda sanzioni
contro Teheran, ma non escluda
nemmeno “l’uso della forza”.
E hanno fatto anche capire
che contro l’Iran sono disposti
a usare unilateralmente -
o con Israele - ‘bombe atomiche
tattiche’.
Insomma, sulla base del semplice
sospetto che un Paese
possa farsi, chissà, un giorno
l’atomica, nel frattempo gliela
si usa contro. Bella coerenza,
non c’è che dire.