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Fassino detto Frassino

di Gianni Petrosillo - 22/12/2010

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Il Pd cercava un uomo di spessore per le prossime amministrative di Torino ed ha trovato Piero Fassino, il grissino che filtra la luce.

Quelli di Bersani erano stati avvisati, con tutti quegli scheletri nell’armadio andava a finire che prima o poi qualcuno veniva fuori  o avrebbe preteso la riesumazione dal cimitero dei politicamente estinti. Fassino si è fatto avanti e nessuno ha voluto negargli l’ultima unzione. Verranno presto allestite le urne cinerarie nell’ossario cittadino dove gli elettori di centro-sinistra potranno recarsi per segnare sul libro dei morti la loro preferenza definitiva. A questo giro le Primarie si chiameranno, infatti, Terminali. Tuttavia, Fassino è un leader capace con qualità non comuni, quasi paranormali, uno che si è fatto le ossa nella vecchia scuola del Pc, dimenticandosi di metterci sopra muscoli e pelle.

Nel 2001, Fassino è riuscito anche ad ascendere allo scranno più alto del defunto Partito Comunista (qualche tempo addietro affossato da un lontano parente di Piero, un certo Achille Zombi coi baffi) che nel frattempo aveva cambiato nome e ragione sociale. La nuova denominazione, con qualche ulteriore metamorfosi di aggiustamento, era divenuta PDS-DS, Partito degli Spirati o dei Deceduti Sinistramente. Chi meglio di lui poteva dirigere quel mortorio di ex , post  e trapassati comunisti in preda ad una crisi mistico-politica?

Una prece lunga sei anni, tanto è durata la leadership del piemontese poi riseppellito da D’Alema e c. che si erano stancati dei suoi discorsi funerari da lutto dei consensi. Fassino, detto Frassino dagli amici, non se l’è presa ma si è chiuso in un silenzio tombale sporadicamente interrotto con qualche imprecazione ultraterrena. Nel 2008 Veltroni, nuovo segretario del Pd col pallino dello sciamanesimo africano, ha pensato subito a Sua Magrezza per un incarico che gli calzava a pennello (si fa per dire naturalmente...): Ministro Ombra degli Esteri nel sinistro shadow cabinet di Walter. E chi meglio di Mucchio d’Ossa poteva assolvere quella funzione?

Ma Fassino, nonostante il passo claudicante e la testa tra le nuvole per via dell'altezza non si è  dato mai per vinto. Il suo motto resuscitativo è stato: non si può morire due volte ed io ho già dato. Ed, infatti, dall'oscurità dove si era cacciato faceva cose nascoste per sentirsi vivo mentre la tumulazione dei suoi ideali procedeva senza corteo commemorativo.  Aveva imparato a comunicare a distanza e si teneva telefonicamente in contatto con gli spiriti della finanza. Il suo matrimonio funeralesco con Consorte non fu un atto d'amore ma d’interessi: voleva una banca. Ma con-sorte malevola uno è finito davanti ai giudici e l’altro di nuovo nella polvere. E’ il destino dei non-viventi o dei mal-viventi. Ora Piero ci riprova ripartendo dal basso ma con un lascito testamentario da deputato e da ministro che ne fa comunque un pezzo da 90 anche se i suoi detrattori lo appellano sempre 47 ('o muorto). Non è comunque poco per uno che pare costantemente più di là che di qua. Un Comune, rispetto ai nastri tagliati nei giorni migliori, è appena una consolazione ma i martiri sanno accontentarsi. Del resto, per assicurargli il posto il partito gli ha messo di fronte degli sfidanti che sono più spenti di lui, le Terminali saranno il suo epitaffio glorioso. Condoglianze a lui ed ai suoi cari, requiescat in pace.