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Forse ormai soltanto un esorcista potrebbe liberarci dall’incantesimo maligno

di Francesco Lamendola - 28/02/2011





Crediamo che nessuno possa mettere in dubbio il fatto che il popolo italiano sia formato da persone mediamente intelligenti.
Persino gli stranieri più prevenuti contro l’Italia lo riconoscono di buon grado, anche se nutrono qualche dubbio sul modo in cui tale intelligenza viene esercitata, ai limiti - cioè - della furbizia, finendo per diventare l’esatto contrario di se stessa.
Analogamente, crediamo vi siano pochi dubbi sul fatto che gli Italiani, considerati in generale, sono persone dotate di un eccellente buon gusto: sanno vestirsi bene, meglio di qualunque altro popolo al mondo; apprezzano le cose belle, detestano quelle brutte.
Non ci si faccia ingannare dalle apparenze: sì, il nuovo ricco si costruisce la sua brutta villetta con piscina sulle pendici della collina, in barba all’estetica e ai vincoli paesaggistici; ma si tratta pur sempre di una minoranza di persone, tanto ricche sul piano economico, quanto povere e meschine sul piano culturale ed umano.
Ma la capacità di arredare bene una casa, di scegliere dei bei quadri, di apprezzare una buona musica, così come un buon pranzo (non ce ne vogliano i musicofili per l’accostamento sacrilego, ma in fondo non arbitrario), sono una dote naturale dell’Italiano medio.
Per quel che riguarda il senso morale e l’etica pubblica, poi, non c’è motivo di pensare che, fra gli Italiani, siano meno sviluppati che presso qualsiasi altro grande popolo dell’Europa: sempre parlando in generale, ossia delle persone comuni, e non di categorie specifiche, come, ad esempio della casta politica dominante.
È probabile che anche un Tedesco, un Inglese o uno Scandinavo finirebbero per tentare di evadere le tasse, se fossero alle prese con un fisco ottuso e rapace come il nostro; per gettare le immondizie direttamente sulla strada, se fossero in balia di un servizio per lo smaltimento dei rifiuti, come quello che esiste a Napoli; per guidare l’automobile in maniera tanto indisciplinata, se dovessero giocare d’astuzia con gli Autovelox posti ovunque in agguato, a tradimento, solamente per consentire alle pubbliche amministrazioni di fare cassa con poca fatica.
Bisogna avere l’eterna, piagnucolosa mania di auto-denigrazione che affligge tanti pseudo-intellettuali, per pensare che gli Italiani, come popolo, siano peggiori di ogni altro e che si meritino di subire eternamente tutte le disgrazie possibili, senza alcuna speranza di redenzione, per espiare non si sa quale peccato originale.
Dunque: gli Italiani sono un popolo che spicca per intelligenza, per buon gusto e amore delle cose belle; e che non occupa gli ultimi posti quanto a onestà, lealtà, senso etico, nonostante ciò che la vulgata auto-denigratoria dice e ripete continuamente.
Ma allora, qualcuno sarà mai in grado di spiegare quale incantesimo maligno si è impossessato di loro, dei loro cuori, delle loro menti, del loro senso etico, fino al punto di renderli non solo ciechi di fronte allo spettacolo osceno di un presidente del Consiglio che si comporta come fa Silvio Berlusconi, ma addirittura divertiti ed entusiasti delle sue imprese, delle sue prodezze, delle sue intollerabili performances mediatiche?
Quale demone ingannatore, quale spirito perverso, quale fattura o malocchio o magia nera sono riusciti ad ottundere il loro spirito critico, fino al punto di applaudirlo quand’egli, con “geniale” strafottenza, si vanta di avere introdotto la filosofia politica del “bunga bunga”, con un processo sul groppone per concussione e prostituzione minorile, più diversi altri - alcuni ormai caduti in prescrizione - per gravi reati fiscali, frequentazione di amicizie mafiose ed altre sciocchezzuole di analogo tenore?
Certo, lo sanno tutti che la miglior difesa è l’attacco: dunque, lui fa il suo legittimo mestiere allorché, invece di arroccarsi a difesa, contrattacca e volge in scherzo e in barzelletta i gravissimi capi d’imputazione per i quali è attualmente in attesa di processo.
Ma gli Italiani, perché non fanno il loro: che è quello di esigere le dimissioni immediate di un simile personaggio, il quale, dopo aver trascinato il Paese nel ridicolo a livello internazionale; dopo averlo governato per anni con criteri smaccatamente privatistici; dopo aver ridotto il Parlamento a ricettacolo delle più dubbie forme di trasformismo, ora non esita a manifestare apertamente il proprio narcisistico delirio di onnipotenza, dicendosi il miglior politico che l’Italia abbia mai avuto e l’unico degno di guidarla ancor, né si perita di surriscaldare gli animi, fino ai limiti dell’incitamento alla guerra civile, ponendo se stesso come la chiave di volta, come l’alfa e l’omega di tutti gli odî e di tutti gli amori, del lecito e dell’illecito, del presente e del futuro?
Che ciascuno, dunque faccia la propria parte; ma qui c’è un solo individuo che la interpreta: tutti gli altri, sembrano colti da demenza improvvisa.
A lui perdonano tutto, concedono tutto, scusano tutto; anzi, no: non è che perdonino: non perdonano, perché ritengono che non vi sia proprio nulla da perdonare; peggio: ritengono che tutto vada bene così, che quell’uomo sia stato veramente mandato dal Cielo («Meno male che Silvio c’è») e che ogni tentativo di sottoporlo alla legge, come qualsiasi altro cittadino, equivalga ad un colpo di Stato delle toghe rosse.
Da ultimo se l’è presa con i professori, rei di insegnare ai figli degli Italiani giusto il contrario di ciò che le loro famiglie vorrebbero; ed è riuscito a farsi applaudire da un’assemblea di cattolici, proprio lui che dei valori cristiani ha fatto strame, con la parola e con l’esempio; e che, in nome di quei valori, dovrebbe essere cacciato a furor di popolo, per evidente indegnità morale.
Ogni volta che le combina più grosse, alza sempre di più il tiro contro i suoi avversari, contro chiunque sia anche solo sospettato di non gradire il suo stile: è sempre all’attacco contro qualcuno, ha sempre bisogno di un nemico contro cui inveire, a cui attribuire i mali della società italiana e, naturalmente, i ritardi e le inadempienze del suo governo.
È malato di mania di grandezza, come aveva visto con chiarezza, almeno quindici anni fa, Cesare Musatti: ma si è circondato di una claque che lo applaude qualunque cosa faccia; e, grazie al lavaggio del cervello che le sue televisioni hanno iniziato a fare agli Italiani fin da prima del suo ingresso in politica, viene difeso  a spada tratta da molte persone qualunque, né ricche né direttamente interessate alle sue fortune.
Dunque, non resta che una ipotesi: è sano il popolo italiano, che non riesce a vedere ciò che tutti gli altri cittadini del mondo vedono e capiscono benissimo?
È malato il popolo italiano, quando si prende per buona la sua tesi, di aver telefonato alla Questura di Milano per ottenere il rilascio di Ruby, credendo, in perfetta buona fede, che la ragazzina fosse la nipote del presidente egiziano Mubarak?
È malato il popolo italiano, quando non batte ciglio davanti al paragone fatto da Iva Zanicchi, secondo la quale anche Gesù Cristo aiutava le prostitute: paragone che non è soltanto blasfemo, ma anche sommamente oltraggioso per l’intelligenza del pubblico?
Quale specie di sortilegio, di maledizione, di possessione si sono impadroniti degli Italiani, per portarli fino a questi estremi del ridicolo, del grottesco, dell’infame; e per indurli a sopportarli con flemmatico stoicismo o, peggio ancora, per rivendicarli con una miserabile e sgangherata forma di orgoglio, degna dei “descamisados” di Juan Peron?
Che cosa ci guadagna il lavoratore che stenta ad arrivare a fine mese, il pensionato che ha condotto una vita intemerata, la casalinga che ha tirato su tre o quattro figli con tanti sacrifici, a prendere scompostamente le difese del satrapo, ad inveire rancorosamente contro i giudici di Milano, a dichiarare che a lui rinnoverebbero la loro fiducia per altre cento volte, se fosse necessario?
Quale tarantola li ha morsi, quale stregoneria li ha sedotti, quale spirito menzognero si è insinuato nelle loro anime, stravolgendo il loro giudizio ed il loro senso della realtà?
Probabilmente, la spiegazione di tutto ciò è assai più semplice di quel che non si creda: si tratta di un bombardamento così aggressivo e sistematico da parte delle televisioni commerciali, da aver fatto cadere ogni senso di distinzione fra realtà virtuale e realtà vera e da aver imposto, anche nella politica, le logiche cialtrone e truffaldine della pubblicità.
A forza di vedere, per anni e anni, conduttori televisivi parlare letteralmente di nulla, circondati da schiere di ragazzotte seminude in pose provocanti, la volgarità, la stupidità, la pornografia sono entrate silenziosamente nelle nostre case, si sono insediate nelle nostre menti e hanno pervertito le nostre intelligenze e il nostro senso etico ed estetico.
Ormai da tempo eravamo “cotti”, pronti a mandar giù qualunque cosa: bastava che si facesse avanti un uomo politico (politico, si fa per dire) abbastanza sfrontato e abbastanza conseguente da presentarsi come l’incarnazione della videocrazia e da promettere «le magnifiche sorti e progressive» se solo gli Italiani gli avessero dato carta bianca, se solamente lo avessero lasciato fare; così come lo avevano lasciato fare mentre costruiva il proprio impero mediatico in una maniera che nessun altro Paese civile avrebbe neanche lontanamente tollerato.
Silvio Berlusconi è un super Pippo Baudo che, con la bacchetta magica dell’incantesimo televisivo, ha abolito la distanza fra il tubo catodico e la nostra vita di tutti i giorni, trasformando l’Italia in una gigantesca “casa” del Grande Fratello, di cui lui è il signore e padrone e nella quale siamo tutti invitati a recitare la nostra parte peggiore, tirando fuori tutto il fango e la sporcizia che sonnecchiano in fondo ad ogni essere umano.
Gli Italiani erano “maturi” per uno spregiudicato esperimento di ingegneria antropologica: per essere trasformati, da persone intelligenti, serie e con un discreto senso morale, in tanti burattini di un “reality” che, pirandellianamente, esce dal piccolo schermo e definisce lo spazio della realtà quotidiana, senza, beninteso, che essi se ne rendano minimamente conto.
Forse la stessa cosa sarebbe capitata ai Francesi, ai Russi, agli Americani, se si fossero presentate le medesime condizioni. Di nostro, ci abbiamo messo solo il culto della Mamma: quella grande mamma che, da alcuni decenni, è la televisione, la quale non può mentire, né ingannare, ma che chiede solo cieco abbandono e fiducia incondizionata da parte dello spettatore-bambino.
Ecco, è molto semplice, perfino banale: ci siamo rimbambiti. Volevamo una grande Mamma, e dallo schermo televisivo è uscito fuori, partorito come Atena dal cervello di Zeus, un Grande Imbonitore, col sorriso stampato a trentadue denti, pronto a risolvere tutti i nostri problemi: purché noi ci affidiamo a lui, con fiducia incondizionata, premendo il pulsante del televoto.
Arrivati fin qui, abbiamo superato il punto del non ritorno: ne abbiamo mandate giù così tante, e così grosse, che, probabilmente, non c’è più niente che non saremmo disposti a berci senza batter ciglio, bicchieri e bottiglie compresi.
Qualcuno potrebbe insinuare - e, di fatto, questa è la strategia adottata dagli pseudo-intellettuali i cui nomi sono segnati sul libro paga del Grande Imbonitore - che è tipico di una cultura snobistica separarsi dal comune sentire e voler giudicare il “popolo”, quando non si sa più capirlo.
Misero argomento, degno di quegli scribacchini prezzolati: quello che fa il tifo per il Cavaliere, a dispetto di tutto e di tutti, non è affatto il “popolo” - entità peraltro misteriosa e inafferrabile, tranne che nei sondaggi commissionati dalla Fininvest -, ma la sua versione “virtuale”; non le persone reali, ma la proiezione delirante del loro immaginario collettivo, dopo che esse hanno subito, per decenni, il lavaggio del cervello da parte della televisione spazzatura.
Le persone reali, quelle sì, meritano rispetto, sempre, anche quando sbagliano; ma le persone che delirano, immedesimandosi nei personaggi della “casa” del Grande Fratello, meriterebbero solo di ricevere una secchiata d’acqua fredda sulla testa, per essere svegliate dal loro sogno stravolto e voluttuoso.
C’è bisogno di uomini e donne veri, non di manichini e bambolotti, per mandare avanti una società vera, degna di questo nome.
Forse, è realmente arrivato il tempo di risvegliarsi.
E, se si tratta di qualcosa di più oscuro e di più minaccioso di un semplice sogno, allora c’è bisogno dell’esorcista: perché, in questi anni, non siamo più stati veramente noi stessi, ma qualcun altro.