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La verità per pochi e la verità per molti

di Luciano Fuschini - 14/03/2011

 




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In tutte le grandi ideologie, le grandi visioni del mondo, si può cogliere un livello che potremmo definire esoterico e uno essoterico. Non si tratta della teoria aberrante della doppia verità: non si parla di una verità riservata ai pochi e di un’altra, diversa, data in pasto al popolino, perché i due messaggi qui non sono in contraddizione. Il livello esoterico è quello di pertinenza degli iniziati, il livello essoterico è la parte della dottrina che viene più divulgata e che più deve fare i conti con le realtà contingenti, immergendosi nel qui e ora del confronto politico e culturale. Livello esoterico, nell’accezione che propongo, non significa necessariamente qualcosa che abbia a che fare con sette segretissime e riti misteriosi. Per fare qualche esempio, il livello esoterico del liberalismo è la dottrina cosmopolita, la concezione di un’umanità unificata, una comunità universale fraterna illuminata dalla Ragione e guidata dalla scienza, con un governo mondiale e, come corollario logico, una moneta unica. Queste teorie esistevano già fra il Seicento e il Settecento, ma non a caso furono affidate ai circoli semiclandestini delle Logge massoniche. Alle masse furono offerte le parole d’ordine più accattivanti della libertà, dell’uguaglianza davanti alla legge, dei diritti naturali, del libero scambio e della libera iniziativa che avrebbero garantito progresso e abbondanza di beni materiali per tutti.
Il marxismo ha coltivato un ideale in sostanza molto simile, quello della pace universale nell’internazionalismo proletario, variante del cosmopolitismo illuminista, l’ideale dell’abbattimento delle frontiere e della divisione internazionale del lavoro. Questo obiettivo è stato dichiarato, ma è rimasto a un livello più implicito, più per iniziati rispetto agli obiettivi mobilitanti del riscatto dei salariati attraverso la lotta di classe, dell’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, del diritto al lavoro per tutti, del diritto alla casa, all’assistenza sanitaria e all’istruzione gratuite: questo era il livello essoterico, che si esprime nei programmi politici ed elettorali.
L’antimodernità è una grande visione del mondo, che è stata elaborata da decine di pensatori di diversa sensibilità e diverso indirizzo, da De Maistre in poi, un ideale che ha due secoli di vita. Anch’esso presenta un livello esoterico e uno essoterico. A livello esoterico l’elaborazione parte dal ripudio dell’idea di progresso, dal momento che l’andamento della storia è ciclico, o per meglio dire assume la figura della spirale. Da secoli viviamo nell’Età Oscura, quella che già l’antica saggezza indù definiva kali-yuga; chi vive con tormento interiore questa decadenza, non può fare altro che “cavalcare la tigre” rassegnandosi a essere incompreso, vivendo da straniero in un’epoca che gli è estranea, con l’unico intento di poter fare un’opera di educazione nei confronti di altre sensibiltà simili alla sua, per tenere accesa una luce di speranza in una svolta futura, quando la decadenza sarà giunta al punto di rottura. Una concezione come questa è fatalmente destinata a pochi, collocandosi quindi in una dimensione esoterica. Un simile atteggiamento “eroico” confligge con le esigenze di persone che nell’età oscura vivono e con essa devono fare i conti. Il livello esoterico per essere praticato coerentemente esige individui del tutto autonomi e provvisti di una rendita sostanziosa. Chi ha doveri e responsabilità verso una famiglia, una comunità, un ambiente di lavoro, deve proiettarsi sul terreno essoterico. Questo significa riformulare gli obiettivi in modo che possano incidere sulla realtà circostante. La difficoltà consiste nel non perdere la carica di opposizione radicale al sistema, nel momento in cui si entra nei suoi meccanismi per cercare di rovesciarlo (sperare di cambiarlo dall’interno sarebbe già partire col piede sbagliato). Per gli antimoderni si tratta di aprirsi alla convergenza con coloro che si ribellano alla mercificazione di tutte le relazioni umane, alla distruzione di tutto ciò che era spirito comunitario, all’onnipotenza della speculazione finanziaria, alla sottomissione a un Impero omologante e totalizzante.
Scegliere la prima via, quella del ritiro esoterico in un piccolo gruppo di iniziati che si propongono solo di fare alcuni proseliti, oppure la seconda, che comporta lo sporcarsi le mani nel lavoro politico quotidiano e anche nel compromesso, comporta un’analisi preliminare. Solo l’analisi del momento storico può avere valore dirimente nella questione della via da scegliere. Se l’analisi ci suggerisce che dobbiamo attenderci ancora lunghi anni o decenni di progressiva e squallida decadenza, non resta che il rifugio nel piccolo gruppo che al suo interno mantiene accesa la fiammella. Se l’analisi ci dice che il sistema non è più in grado di puntellare le proprie contraddizioni, è il momento di intraprendere la via del fare massa sul terreno della politica attiva e propositiva. Io sono propenso a pensare che il decennio appena iniziato sia quello delle svolte decisive, quindi suggerirei di operare con altri in unità di intenti e in spirito di apertura, abbandonando reticenze e timori di perdere la nostra carica di opposizione radicale. Le condizioni devono essere soltanto due: un progetto che sia di vera e totale rottura con un presente che detestiamo e il ripudio di retoriche resistenziali e nostalgie fasciste. Resistenza e fascismo appartengono al vecchiume di un passato ormai lontanissimo, superato da quasi 70 anni di eventi tanto profondi e sconvolgenti da valere quanto secoli. Finiamola di rivangare il vecchio. Lo diciamo noi che ci appelliamo al passato contro i falsi progressismi. Ma il nostro passato è antico, quell’antico che resta eternamente valido. Vecchio e antico non sono sinonimi.