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Ancora balle per screditare l'Iran

di redazione - 03/06/2006

Fonte: aljazira

   
 

Selezione di articoli che svelano la nuova montatura costruita dall'ADM (Apparato di Disinformazione di Massa)...

 

IRIB - Secca smentita da parte di un deputato della comunita` ebraica al Parlamento islamico iraniano, in merito alla notizia diffusa dal quotidiano canadese National Post secondo il quale il Parlamento di Teheran ha varato una legge che obbliga i non musulmani a portare segni distintivi in pubblico. "Questa notizia e' inventata di sana pianta e totalmente falsa e segue solo obiettivi politici ", ha detto Maurice Motamed in un'intervista con la France Press, citato dall'IRIB. "Ero presente al momento della votazione del progetto di legge per la moda femminile iraniana e islamica - ha aggiunto il deputato - nel testo non si fa menzione di minoranze religiose". Intanto un membro della Commissione cultura del Majlis Said Abu Taleb ha spiegato che la legge, che l'Assemblea si appresta a votare, "non ha niente a che vedere con la religione e appartenenza etnica" dei cittadini della Repubblica islamica. Va ricordato che la Costituzione iraniana assegna tre seggi ai rappresentanti della comunità cristiana, uno alla comunità ebraica e uno a quella zoroastriana.
L'Iran ha smentito categoricamente la notizia riportata da un giornale canadese secondo la quale le minoranze religiose dovranno portare fasce colorate per distinguersi dai musulmani. Lo riferisce l'agenzia stampa iraniana l'Irna, definendo la notizia ''semplicemente ridicola'' e accusando il quotidiano canadese che l'ha diffusa, il National Post, di essere una pubblicazione sionista. Anche il deputato iraniano di religione ebraica Maurice Motamed ha categoricamente smentito che una simile decisione sia stata presa dal parlamento iraniano.
 
 
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Iran denies ‘mischievous’ allegations on Jews
Gareth Smyth in Tehran
Published: May 21 2006 20:26 | Last updated: May 21 2006 20:26

Iranian officials and politicians have strongly condemned a Canadian newspaper report alleging that Iran had passed a law requiring Jews to wear yellow badges on their clothes.

The story also claimed Christians and Zoroastrians, the two other main religious minorities in mainly Muslim Iran, would have to wear badges identifying themselves.

“When I heard this, I immediately felt it was a mischievous act, a fresh means of pressure against the Iranian government,” Maurice Motammed, the Jews’ deputy in the Iranian parliament, told the FT on Sunday. “We representatives for religious minorities are active in the parliament, and there has never been any mention of such a thing.”

The story, published in Canada’s National Post on Friday, was also reported by the UPI news agency and widely posted on websites.

Iran tops agenda when Olmert meets Bush
Click here

It led Chuck Schumer, a US senator to issue a news release calling the Iranian regime “lunatic” and “pernicious”. At a White House press briefing, spokesman Sean McCormack said such a measure would be “despicable” and “carry clear echoes of Germany under Hitler”.

Chris Wattie, the reporter, sourced his story only to Jewish groups and “Iranian exiles”. He quoted Rabbi Marvin Hier, dean of the Simon Wiesenthal Center in Los Angeles, saying the move was “reminiscent of the holocaust” and that Iran was “moving closer and closer to the ideology of the Nazis”.

The Post story was drawn from a column in the paper by Amir Taheri, editor of the state-owned Kayhan newspaper under the Shah of Iran before the 1979 Islamic Revolution. Mr Taheri claimed the law was “drafted two years ago” and had been revived “under pressure” from President Mahmoud Ahmadi-Nejad.

“The new codes would enable Muslims to easily recognise non-Muslims so that they can avoid shaking hands with them by mistake, and thus becoming najis (unclean),” Mr Taheri wrote.

A contributor to various newspapers including the New York Post, the Wall Street Journal and Al-Sharq Al-Awsat, a leading Arabic-language newspaper, Mr Taheri is an opponent of talks between the US and Iran.

He wrote in the New York Post last month the US should “go for regime change in Tehran” as the only way to stop Iran’s drive to “dominate the region and use it as the nucleus of an Islamic superpower which would then seek global domination”.

In Tehran, Hamid-Reza Asefi, the foreign ministry spokesmen, said “a Zionist operation” was “active in different countries, including Canada, to foment psychological war and spread lies” about Iran.

“It’s being done now because of the nuclear issue to give a negative image of the Islamic Republic,” he added.

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Stella gialla per gli ebrei in Iran?
Maurizio Blondet
20/05/2006
 

IRAN - Il regime dell’Iran obbliga le persone di minoranza ebraica a circolare con un contrassegno giallo appuntato sugli abiti, e gli zoroastriani con un contrassegno azzurro?
Molti lettori ci segnalano questa notizia; alcuni precisano di averla avuta per mail da qualche amico israelita.
Tutto è possibile.
Ma il dubbio che la «notizia» sia disinformazione e propaganda, in preparazione dell’attacco bellico all’Iran, ha qualche solido fondamento.
La fonte originaria della notizia è il National Post, un oscuro giornale canadese di estrema destra (neoconservatrice), la cui redazione (basta cercare sul sito) è composta in schiacciante maggioranza di ebrei.
Il National Post sostiene di aver ricevuto l’informazione da «esiliati iraniani», di cui non fa il nome. Ma non è difficile ricostruire l’identità dell’informatore.
Un «esiliato iraniano» di nome Amir Taheri è collaboratore fisso del National Post.
Questo prolifico Taheri collabora assiduamente anche al Jerusalem Post, alla National Review e al Weekly Standard, che sono gli organi ufficiosi dei neoconservatori israelo-americani. Soprattutto, Taheri è cliente sponsorizzato dalla Benador Associates.

Di che si tratta?
Di un’agenzia di pubbliche relazioni la cui fondatrice Elana Benador, ebrea americana d’origine boliviana, «è nota per aver promosso note personalità neoconservatrici attraverso la sua ditta, che serve come la principale agenzia di marketing neocon» (1).
Secondo il giornalista Jim Lobe (2), la Benador piazza su tutti i media che può gli articoli d’opinione stilati da «Richard Perle, Michael Leeden, Frank Gaffney, James Woolsey [ex capo della  CIA]
e una decina di altri prominenti neocon le cui opinioni guerrafondaie sono molto difficili da evitare per chi segue i talk-show e gli editoriali dei maggiori giornali.
Tra i suoi clienti appaiono altri importanti caldeggiatori di guerre, come  A.M. Rosenthal, l’ex direttore del New York Times e oggi editorialista del New York Daily News; l’editorialista del Washington Post Charles Krauthammer; l’imperialista del Council on Foreign Relations Max Boot; e Victor David  Hanson, uno degli ospiti più assidui a casa di Dick Cheney
». 
Questi nomi possono dir poco ai lettori italiani, ma sono il Gotha del fanatismo likudnik.
Hanno fortemente premuto per l’invasione dell’Iraq, ed ora stanno fortemente premendo per l’aggressione all’Iran.
Di alcuni di loro ho raccontato il passato e la filiazione nel mio «Chi comanda in America», Effedieffe edizioni.
Sono ovviamente tutti ebrei, alcuni con doppia cittadinanza.

Un altro importante cliente della Benador Associates è Khidir Hamza, uno scienziato nucleare iracheno riparato in USA da anni, che ha scritto un libro per «provare» che Saddam Hussein aveva la bomba atomica.
Prova oggi accertata come falsa, ma che servì per giustificare l’occupazione dell’Iraq.
I nostri lettori, specie i più giovani, probabilmente non hanno una nozione chiara di quanto la disinformazione venga usata come parte integrante delle tattiche belliche.
Nella prima guerra mondiale, la propaganda alleata diffuse la notizia che i soldati tedeschi tagliavano le mani ai bambini belgi.
Falsa, ma tutti i giornali europei la fecero propria e la ripeterono all’infinito.
Durante la prima guerra del Golfo, «fuoriusciti kuwaitiani» sparsero la notizia che i soldati di Saddam avevano gettato fuori dalle incubatrici decine di neonati nel Kuwait occupato;oggi è comprovato che questa falsa informazione fu montata da un’agenzia di pubbliche relazioni americana.
Oggi una nube di disinformazione circonda la questione del nucleare iraniano.
Israele ha comprato pagine dei giornali USA per gridare che l’Iran sta per farsi la bomba atomica; e che può lanciarla su Parigi e Roma, perché ha missili di 3 mila chilometri di gittata.

A parte il fatto che non si vede per quale motivo Teheran dovrebbe sprecare una sua preziosa atomica contro Parigi, pare accertato che i missili iraniani di gettata massima hanno un raggio di 500 chilometri.
Cerchiamo di fissare i punti di verità.
Ahmadinejad ha annunciato in pompa magna, ad aprile, che i tecnici iraniani sono riusciti ad arricchire l’uranio al 4%.
Ciò basta per far funzionare una centrale elettrica; ma per costruire una bomba, occorre disporre di uranio arricchito almeno al 93%, e in quantità notevole, tra i 15 e i 25 chili.
Gli americani, premuti da Israele, sostengono che già oggi l’Iran sta violando i trattati di non-proliferazione (NPT), e si preparano alla punizione armata.
«Sia chiaro che nulla di ciò che l’Iran sta facendo è illegale», ha ricordato Scott Ritter, l’ex ispettore ONU per gli armamenti, che negò che l’Iraq avesse armi atomiche (e per questo ha ricevuto l’accusa di essersi fatto pagare da Saddam).
I trattati NPT consentono esplicitamente alle nazioni firmatarie di arricchire l’uranio per scopi civili, appunto fino al 4%.
L’Iran ha sempre sostenuto che vuole dotarsi di nucleare esclusivamente civile.

La questione è se Teheran mente.
E soprattutto, se sia in grado rapidamente di dotarsi di venti chili di uranio al 93%.
E ciò è escluso perché, come hanno determinato gli ispettori dell’ONU, ha in funzione solo 164 centrifughe a membrana, che servono a separare l’uranio 238 non fissile dall’U-235, fissile, che è presente nel materiale d’origine (esafluoruro di uranio, un gas) in proporzione dello 0,70 %. Per ottenere materiale militare, dovrebbe disporre di almeno 16 mila centrifughe, e meglio di 50 mila, collegate a cascata.
La conferma dell’impossibilità attuale dell’Iran di dotarsi di bomba atomica è venuta da una personalità insospettabile di essere filo-iraniana: John Negroponte, l’uomo che Bush ha nominato direttore della National Intelligence, l’organo di controllo (politico) di tutte le entità di spionaggio americane.
Il 20 aprile scorso, in un’intervista alla NBC, Negroponte ha detto: «secondo gli esperti che ho consultato, riuscire a far funzionare 164 centrifughe è ancora parecchio lontano dalla capacità di ottenere materiale fissile sufficiente per un’arma nucleare. La nostra valutazione è che l’atomica iraniana è ancora a parecchi anni di distanza, probabilmente una decina. E’ importante vederele cose nella giusta prospettiva» (3).
Questa affermazione di Negroponte non ha avuto alcuna eco sui «grandi media».

Ma Negroponte è stato attaccato verbalmente, con furia inaudita, da Frank Gaffney - uno dei «clienti» della Benador, ebreo e neocon incendiario, membro fondatore del pensatoio neocon Project for a New American Century - sul Washington Times.
Gaffney ha invocato il licenziamento di Negroponte per quelle affermazioni, sostenendo che Negroponte «ha promosso a posti di responsabilità funzionari di Stato che sovvertono attivamente le direttive politiche del presidente» Bush.
Costoro «hanno dato l’assurdo spettacolo di dichiarare che il regime iraniano è lontano dieci anni dal darsi un'arma nucleare».
La furia si spiega: Negroponte stava mandando all’aria il concertato programma di disinformazione e propaganda che deve demonizzare l’Iran onde giustificare l’aggressione imminente.
Il ogni caso, il direttore della National Intelligence si è subito zittito.
Ma Negroponte ha perfettamente ragione.
«Dubbi sulla capacità nucleare iraniana» sono stati segnalati dalla BBC e dal Financial Times, e questi dubbi vengono da fonti d’intelligence, diplomatici ed esperti nucleari europei e americani (4).
Il problema è con quanta rapidità l’Iran riesca a far funzionare un numero maggiore di centrifughe, dice David Albright, ebreo e presidente dell’Institute of Science and International Security.

Forse riesce a metterne in funzione a cascata tra le 1500 e tremila dal 2007, dopo di che occorre almeno un altro anno per ricavarne abbastanza uranio fissile per la bomba, salvo problemi, aggiunge Albright.
Perché le centrifughe iraniane, chiamate P-1 (perché la tecnologia è pakistana) sono macchine delicate, che devono girare a 500 giri al secondo nel vuoto pneumatico.
Spesso si guastano.
La URENCO, il consorzio europeo che ha concepito le P-1, le ha poi abbandonate per la loro difettosità.
E poiché migliaia di centrifughe sono collegate a cascata, «il crash di una, provoca crash successivi delle altre», dice Pat Upson, capo della ricerca e sviluppo centrifughe della Urenco.
«Se hai una cascata di 3 mila centrifughe, la qualità deve essere altissima».
Ma la qualità dell’esafluoruro di uranio usato dagli iraniani è anch’essa dubbia.
Il gas è altamente corrosivo, perché troppo ricco di contaminanti (molibdeno) che guastano le centrifughe.
Nel 2003 l’Iran ha ammesso di usare nel suo programma esafluoruro ottenuto dalla Cina.
Benchè l’Iran abbia propri giacimenti di uranio, giudicati però troppo contaminati di molibdeno, i suoi tecnici hanno evidentemente dei gravi problemi con la tecnologia nucleare avanzata.

Anche ammesso che riescano a produrre i 20 chili di uranio fortemente arricchito per una bomba, gli iraniani devono ancora essere capaci di progettare una testata nucleare, e di metterla in un missile a lunga gittata.
Sono passi non facili, per un Paese sotto embargo, non assistito da competenze estere.
Infine, secondo la AIEA, anche l’uranio al 4% di cui Teheran si è vantata di disporre va misurato «in grammi, e non in chilogrammi».
Insomma, siamo vittime di una frenetica campagna di allarmismo, che ha l’evidente scopo di mostrare una «urgenza» immediata di «fermare la bomba iraniana» con un attacco aereo delle sue installazioni.
Urgenza che i tecnici non confermano, e nemmeno Negroponte.
La storia dei contrassegni gialli per gli ebrei iraniani s’inserisce troppo bene nella campagna di demonizzazione in atto, che è condotta primariamente da Israele.
Lettori ci segnalano che a dare come certa la (probabilmente falsa) notizia è stato in Italia il TG di Mimun.
Non credo che Mieli, Ferrara, Lerner e Mentana resteranno indietro; aspettiamoci una campagna in piena regola per la salvezza di Israele.
A questo serve l’occupazione direttoriale dei grandi media.

Maurizio Blondet


Note
1)
 «The iranian badge story: neo-con propaganda?», Daily Kos, 19 maggio 2006.
2) Jim Lobe, «The andean condor among the hawks», Asia Times, 15 agosto 2005. Il «condor delle Ande fra i falchi» neoconservatori è ovviamente Eleana Benador.
3) Robert Parry, «Target: Negroponte & Iran», ConsortiumNews.com, 29 aprile 2006.
4) «Doubts over Iran nuclear capability», BBC, 18 maggio 2006. Si veda anche  Daniel Dombey, «West set to bring forward date of iranian nuclear bomb»,  Financial Times, 19 maggio 2006.
 
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LE FASCE COLORATE DELL'IRAN: ALTRA PROPAGANDA NEO-CON

DI KURT NIMMO
Another Day In The Empire

Non finisce mai con i neo-con: armi di distruzione di massa illusorie, tubi di alluminio, yellow cake, Mohammed Atta a Praga, argumentum ad nauseam, ab ovo usque ad mala. I neocon sono bugiardi consumati e patologici. "L'annuncio dell'Iran di costringere i non musulmani ad indossare una fascia identificativa sta inducendo molte persone a fare il paragone di Hitler e dei Nazisti, che costrinsero gli Ebrei ad indossare stemmi dalla forma di una Stelle di David", dichiara il
Pensatore Americano, o piuttosto non-pensatore, poiché c'è una buona probabilità che la storia sia un insensato e vistoso stratagemma da quattro soldi: altre scartoffie gettate sulla pila di documenti per attaccare l'Iran.

John Howard, il neo-con australiano, "ha reagito con orrore ad una nuova legge iraniana che costringere gli Ebrei e i Cristiani ad indossare fasce colorate", riferisce National Nine News. "Questa settimana il parlamento iraniano ha passato una legge che stabilisce un codice di abbigliamento per tutti gli Iraniani, richiedendo loro di indossare 'indumenti islamici standard' quasi identici', riporta il giornale canadese National Post", ma non si fa menzione che che il National Post sia sommerso da neo-con e posseduto dall'israeliano Harold "Izzy" Asper, un eminente membro della comunità ebraica canadese e un energico difensore del sionismo fino alla sua morte nell'ottobre 2003.

Come fa notare oggi Paleo nel blog di Daily Kos, l'autore dell'
articolo sulla "fasce colorate" è Amir Taheri. Potrete constatare che i suoi scritti sono pubblicati da National Review, New York Post, Jerusalem Post e Weekly Standard. Ma ancor più significativo è che viene sponsorizzato dalla Benador Associates, precedentemente un'azienda di pubbliche relazioni il cui fondatore, Eleana Benador, ha importanti legami con la destra [o meglio con i neo-con]". La lista di clienti della Benador è un veritiero "chi è chi" di criminali neo-con, tra cui, Richard "Principe delle Tenebre" Perle, James "Quarta Guerra Mondiale" Woolsey, Michael "Fascista Universale" Ledeen, Charles Krauthammer, Max Boot, Frank Gaffney, Michael Rubin, David Wurmser, Laurie Mylroie, e la propagandista di guerra del New York Times Judith Miller (l'unica neo-con finita dentro una cella – ma per la ragione sbagliata). [*]

Naturalmente, i soliti sospetti - tra cui il Jerusalem Post e lo Ynetnews in Israele; il New York Sun negli Stati Uniti ed il Judeoscope in Canada, solo per nominarne alcuni - si sono immediatamente e voracemente fiondati sull'articolo di Taheri.

Il dubbio "articolo" di Taheri è un invito a nozze per il paragone con il nazismo, tirato fuori con crescente frequenza mentre la campagna "colpisci e terrorizza" contro l'Iran cresce rigogliosa. Il direttore esecutivo del Consiglio del Congresso Ebraico per l'Ebraismo Mondiale,
Neil Goldstein, semplicemente non è riuscito a trattenersi: "Il Presidente Iraniano Ahmadnejad nega che l'Olocausto sia mai avvenuto, ma segue da vicino la strada nazista mente costringe gli Ebrei ad indossare vestiti gialli e minaccia di distruggere Israele, proprio come i Nazisti costrinsero gli Ebrei ad indossare stelle gialle come preludio all'implementazione del loro programma genocida".

"Questa è una reminiscenza dell'Olocausto", ha detto alla United Press International il
rabbino Marvin Hier, presidente del Centro Simon Weisenthal a Los Angeles.

Nel frattempo, il
Reverendo Rob Scheneck, presidente del Consiglio Clericale Nazionale di Washington D,C, etichettato come "cristiano evangelico" (in altre parole, cristiano sionista) crede che la storia fasulla della fascia "prova che il peggio nella storia umana si ripete" (cioè, l'Iran sarebbe la Germania Nazista rinata) e raccomanda "Il Presidente Bush, la Segretaria Rice e il Congresso ad intraprendere un'azione rapida e severa contro l'Iran e a sostenere la più terribile delle conseguenze, se il paese dovesse approvare questo decreto supremamente inumano".

Dovrebbe essere notato che la dubbia storia sulle fasce viene da "espatriati iraniani", l'equivalente iraniano degli espatriati iracheni (che, per caso, hanno stretti legami con i neo-con ed il Pentagono) responsabili per aver raccontato le oltraggiose menzogne su Saddam, le armi di distruzione di massa e di altri orrori chimerici.

"Davanti all'improvvisa prospettiva di essere rilevanti, gli attivisti [iraniani] in esilio stanno lottando per essere riconosciuti dai politici statunitensi", scrive
Ronald Hilton. "Stanno prendendo contatti con la Casa Bianca, il Pentagono, il Dipartimento di Stato, la CIA. Si vantano di tete-a-tetes con membri dello staff del vice presidente Dick Cheney... Prevalentemente esibiscono le cartoline di Natale dal Kansas del senatore repubblicano Sam Brownback, un sostenitore di lunga data della legge che fornirà di supporto finanziario l'opposizione iraniana. A Washington, stanno girando come attori che cercano un agente... Alcuni esiliati iraniani ipotizzano che qualcuno tra loro potrebbe emergere come il prossimo Ahmad Chalabi, il leader dell'opposizione irachena che aiutò a sollecitare l'invasione statunitense dell'Iraq con le sue informazioni, ora screditate, le quali indicavano il possesso di armi chimiche e biologiche da parte del regime di Saddam Hussein".

Infatti, tutta la faccenda suona come una ripresa neo-con, come se non ci fossero stati gli ultimi tre anni. Aggiungerci tetre memorie dell'Olocausto rende il tutto più ripugnante.

Ovviamente, non importa se la storia della Stella di David venga dimenticata o evapori sotto il severo sguardo della verità – l'impressione è lasciata indelebile nelle menti di milioni di persone, specialmente Statunitensi impressionabili: i mullah dell'Iran sono il Nuovo Hitler (dopo Osama e Saddam) e se non intraprendiamo "un'azione veloce e severa" contro il popolo dell'Iran – immaginatevi mini atomiche e missili anti-bunker che scoppiano su Tehran – questi mostri islamici "cancelleranno Israele dalla mappa", non importa se Israele ha oltre 400 testate ed ha espresso il desiderio di usarle (e infatti le ha usate per ricattare gli Stati Uniti nel 1973).

Israele può prendersi cura di sé – e dovrebbe lasciarci fuori dal sordido casino con i suoi vicini.

Nota del traduttore:

[*] Judith Miller, dopo aver rivelato l'identità di un agente della CIA (Valerie Plame), finì in galera per essersi rifiutata di fornire il nome della sua fonte. Molto probabilmente si trattava di Karl Rove.

Kurt Nimmo
Fonte:
http://kurtnimmo.com
Link:
http://kurtnimmo.com/?p=371
20.05.2006

Traduzione per
www.comedonchisciotte.org  a cura di CARLO MARTINI
 
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I Baluchi e la stella di David

Qualche settimana fa mi è capitato di accompagnare un amico iraniano a fare un acquisto in un negozio di abbigliamento in una nota via commerciale vicino al centro di Roma. Quando il padrone dell’esercizio ha capito che si trattava di un cliente iraniano, ha cambiato di colpo espressione; mentre il mio ospite era in camerino a provare il capo, il mio interlocutore mi ha spiegato il motivo del suo sgomento: "sai, io so dde religgione ‘bbraica, e questi se vojono fa a bomba atomica e radere ar suolo Israele; cioè, io nun so’ razzista, ma questo nun se po’ proprio tollerare". Ho tentato di spiegargli che l’uso, la costruzione o lo stoccaggio di armi nucleari è stato dichiarato religiosamente illecito (haram) dalla guida suprema iraniana in persona, che non è stata rilevata alcuna violazione del Trattado di non Proliferazione, che Israele possiede qualche centianio di ordigni atomici e non ha mai dichiarato la sua dotrina rispetto al loro uso, e tante altre cose interessanti. Non c’è stato niente da fare, non solo il mio amico non ha cambiato idea, ma non ha nemmeno capito che io la pensavo diversamente da lui; mi ha manifestato la sua compassione, perché ero costretto a portare in giro un iraniano, povero me, e alla fine non ha fatto alcuno sconto, motivando il rifiuto con le dichiarazioni di Ahmadinejad.

Tutto questo spiega molto bene il modo in cui funziona la disinformazione nell’epoca delle comunicazioni di massa: per un commerciante romano medio, l’Iran sta per fare la bomba, e la userà: per distruggere Israele.

Allo stesso modo, un’altra informazione è probabilmente ormai di dominio pubblico: la Repubblica Islamica obbligherà le minoranze religiose a circolare con dei distintivi di riconoscimento: giallo per gli ebrei, rosso per i cristiani e, più elegante, blu per i mazdei. Ora, chiunque sia sano di mente si accorgerà che si tratta di un’assurdità, e penserà che sto delirando. Ma questa notizia, "sconvolgente", è stata comunicata ieri sera alle ore venti e dieci circa dal maggior telegiornale italiano; non ho visto gli altri telegiornali, né oggi ho comprato un solo giornale, ma sono sicuro che questa informazione sia stata ripetuta e commentata in abbondanza. Così, il nostro amico commerciante de religgione ‘bbraica adesso ha un elemento in più per odiare gli iraniani, e con lui migliaia di europei, americani, canadesi e australiani. Lo stesso giornale canadese che, per mezzo di un giornalista di origine iraniana, aveva diffuso la notizia, ha rettificato, naturalmente senza il rullar di tamburi che aveva accompagnato la bufala.

C’è una seconda riflessione da fare: Amir Taheri, l’artefice dell’atto terroristico, deve conoscere perfettamente il persiano, almeno credo. E se ha letto il testo della stessa legge che ho letto io, si deve essere inventato di sana pianta tutta la storia, perché la legge parla di tutt’altro. E con la sua piccola bugia ha corroborato nell’opinione pubblica di paesi che possiedono abbastanza armi atomiche da polverizzare qualche decina di mondi come il nostro l’idea che Ahmadinejad sia "il nuovo Hitler", e che vada fermato con ogni mezzo prima che sia troppo tardi. Il signor Taheri, se Bush deciderà di lanciare la bomba atomica su Tehran, sarà uno dei responsabili di un crimine senza precedenti.

Ora, che cosa ha stimolato la fantasia criminale di Taheri e la colpevole e beota credulità dei media occidentali? La settimana scorsa, il parlamento iraniano ha approvato una legge (qui una traduzione sommaria in inglese) che promuove, finanzia e incoraggia tutta l’industria tessile del Paese a utilizzare tessuti tradizionali e modelli autoctoni nella produzione e confezione degli abiti, sia maschili che femminili. Nel quadro della legge, si parla della conservazione del patrimonio culturale delle minoranze etniche e religiose anche attraverso la promozione e l’incoraggiamento all’uso dei costumi tradizionali. La legge prevede l’organizzazione di mostre, sfilate, manifestazioni culturali sia su base locale che nazionale; la ricerca di base per la ricostruzione filologica di antichi tessuti; e l’uso dei media per diffondere il gusto e l’attitudine alla moda nazionale.

Si tratta senza dubbio di una, forse discutibile, reinvenzione della tradizione; dopo Hobsbawm, tutti sanno che il tartan non è il tradizionale tessuto degli antichi scozzesi, ma solo una vecchia coperta di lana che i banditi delle Highlands indossavano per proteggersi dal freddo durante i loro vagabondaggi. I più raffinati proprietari delle botteghe artigiane delle Lowlands, dapprima hanno cominciato a utilizzarlo come divisa per i propri operai, poi ne hanno fatto un antico costume tradizionale, modificandone i colori e lo stile. E’ possibile che in Iran accada qualcosa del genere: che si scopra l’antico mantello dei pastori dell’Alborz e lo si elegga a costume nazionale, come è accaduto con la shalwar qamiz in Pakistan. Ammesso (e non concesso) che gli iraniani accetteranno questi consigli, si tratta di una cosa, tutto sommato, innocua, e sicuramente meritoria nelle intenzioni: il legislatore ha preso atto dello sbilanciamento mondialista dei modi di vestire, che sbriciola le particolarità e le differenze, e ha provato a correre ai ripari, pensando a un ritorno a tessuti, colori e tagli tradizionali, con un occhio a tutte le minoranze.

Niente stelle di David gialle, croci rosse, e foglie di Haoma blu, quindi. Ma i commercianti di via Candia, statene certi, continueranno a ignorarlo, e a immaginarsi i loro fratelli girare con distintivi gialli in via Vali Asr.