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Arricchirsi con la crisi: il caso Roubini

di Claudia Santini - 16/10/2011

Fonte: giornalettismo

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Nouriel Roubini ha continuato a fare ciò che sapeva fare meglio: insegnare. Ha solo cambiato il contesto: dalle aule della New York University Leonard S. Stern School of Business come professione delineato a Roubini Global Economics, azienda specializzata nelle ricerca di strategie aziendali/di mercato con sede unica a Londra.

IL SUO PUBBLICO - I suoi “studenti” sono clienti attuali e potenziali delle più grandi banche, società di asset management e family office di Londra. Nell’azienda lavorano, in fase di espansione macroeconomica, più di una dozzina di analisti sempre operativi, intenti ad analizzare report finanziarsi e spulciare i dati di più di 1.000 clienti. Negli ultimi quattro anni, ovvero da quando la crisi economica ha iniziato a farsi sentire pesantemente, la “classe degli studenti” di Roubini è cresciuta. Quando ha lanciato l’allarme circa la probabilità di un crash del mercato immobiliare e di una profonda recessione, nel luglio 2006, Roubini era un accademico non conosciuto, anche se molto rispettato dai suoi pari. Ha costruito la sua carriera sull’analisi delle cause dietro alle crisi finanziarie nei mercati emergenti, ancora non sciluppati. Invitato a parlare davanti una pletora di economisti all’International Monetary Fund a Washington inel settembre 2006, il messaggio cupo di Roubini – che una crisi enorme era in arrivo che nemmeno i politici avrebbero potuto fermare – è caduto nel vuoto. Nessuno sapeva bene cosa fare delle parole dell’economista, che è diventato foriere di cattive notizie tanto da diventare “Dr. Doom”. Cinque anni dopo, Roubini è diventato un marchio a cui fanno riferimento i banchieri, i ministri delle finanze, addirittura i politici. Roubini però non lavora da solo: si affida ad un team di analisti e strateghi di mercato, trasformando la società da un’ottima idea ad una firma tra le più influenti sul mercato economico fuori da Wall Street, nonostante all’inizio non riesca ancora a raccogliere profitto. L’RGE ha triplicato i ricavi dal 2008, arrivando a più di $14 milioni nel 2010, ma l’intenzione è ancora quella di accelerare la crescita. Alcuni pensano che la società sia in vendita, ma Roubini non conferma.

LA FORTUNA - La crescita effettiva di una simile società dipende da come sfrutterà la crisi economica: Roubini spiega che è necessario “essere sempre pronti al momento giusto, sempre”. Non si tratta della classica azienda di previsione della situazione economica, ma qualcosa di più complesso che analizza ogni dettaglio e riunisce i punti in una visione macroeconomica. L’attenzione di Roubini ai rischi della macroeconomia risalgono al 1997, quando, galvanizzato dallo shock della crisi finanziaria asiatica, ha lanciato un sito web per permettere ai suoi colleghi di collegarsi velocemente alle ricerche sulla causa della crisi, condividendo le opinioni. Il tutto ha funzionato come un servizio di aggregazione con una enorme quantità di dati economici. Due anni dopo la crisi asiatica ha perso immediatezza, ma il sito di Roubini continuava a crescere conquistando un ampio audience e diventando il sito economico numero uno al mondo. Roubini ne ha intuito il potenziale trasformandolo in un business quattro anni dopo, con 500.000 visitatori unici. Oggi l’RGE offre una pagina con link a ricerche e commenti esterni, ma la maggior parte del materiale sul sito è stato scritto dal gruppo interno di analisti. La squadra non si occupa solo di fornire analisi quotidiane sui trend di mercato e sulle vulnerabilità economiche, ma analizza più di 80 economie separate. Gli analisti devono comprendere profondamente l’approccio unico di Roubini alle ricerche macroeconomiche: al posto di concentrarsi maggiormente sulle variabili di flusso economico (come il reddito pro capite, deficit di bilancio, le spese di investimento e di consumo), i cui valori dipendono dalla misura in un periodo di tempo, Roubini sostiene l’uso delle analisi di bilancio quando si parla di singole economie e incoraggia la sua squadra ad integrare lo studio delle variabili di stock, che sono misurate in punti specifici nel tempo (come la ricchezza, il debito, capitale sociale e l’offerta di moneta). Così facendo si arriva alla valutazione delle attività e delle passività dei governi, delle realtà finanziarie, delle imprese e delle famiglie, il team sviluppa una vista macroeconomico collettiva a cui non sfuggono dettagli.