Al Nour: salafismo e petrodollari
di Alessandro Iacobellis - 27/12/2011
Fonte: Stato e potenza

Barbe lunghe, ultra-liberismo e rapporti ambigui con Stati Uniti e Israele e più in generale con l’Occidente.
Fino ad oggi questa descrizione poteva calzare a pennello alle varie monarchie arabe filo-occidentali; l’Arabia Saudita, custode dei luoghi sacri all’Islam e ingessata nella corrente wahhabita dell’Islam sunnita, e tutti gli staterelli più o meno artificiali che si affacciano sul Golfo, come Qatar, Kuwait, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Oman.
Con gli eventi che stanno sconvolgendo e destabilizzando il mondo arabo da un anno a questa parte questo peculiare sistema (che potremmo ribattezzare “Sharia e Libero Mercato”) si sta diffondendo anche altrove.
Un esempio calzante è l’Egitto del post-Mubarak, di cui ancora nessuno può stabilire con certezza il futuro politico, in cui le proteste di piazze non sono mai cessate e il potere è di fatto amministrato dalla giunta militare che fa capo al Consiglio Supremo delle Forze Armate e al maresciallo Tantawi, e in cui gran parte della nomenklatura del passato regime si è riciclata e continua ad occupare posizioni di prestigio nella gestione della cosa pubblica.
Ebbene, nelle prime travagliate consultazioni democratiche il risultato delle urne ha dato segnali degni di analisi: alla prevedibile vittoria di Libertà e Giustizia (cartello politico dei Fratelli Musulmani) e a un’altrettanto prevedibile marginalizzazione delle forze laiche e liberali (eccezion fatto per il discreto risultato dei nazional-liberali del Wafd) si è aggiunta un’affermazione sorprendente del partito Al Nour. Nato alla fine di gennaio 2011, fondato da Emad Abdel Ghaffour ad Alessandria d’Egitto (città tradizionalmente vicina ai movimenti dell’Islam politico), Al Nour è l’espressione dei salafismo, ossia di quella particolare interpretazione della religione islamica che prevede un ritorno alle radici dell’Islam e allo stile di vita praticato dal profeta Maometto e dai suoi compagni.
Il salafismo si contraddistingue quindi per una rigida attenzione alle regole di vita quotidiana; la stessa partecipazione alla politica è oggetto di dibattito, dal momento che il sistema democratico è da alcuni ritenuto estraneo all’Islam. Non per Al Nour comunque, al cui successo sono seguite prese di posizione decisamente sorprendenti da parte dei suoi esponenti. Una delle prime mosse è stata quella di aprire le porte in vista di una possibile alleanza parlamentare non a Libertà e Giustizia, ma… al Blocco Egiziano. Scelta che ben pochi si aspettavano, essendo il Blocco Egiziano un movimento di ispirazione laica e liberale facente capo al miliardario copto delle telecomunicazioni (a suo tempo molto vicino alla famiglia Mubarak) Naguib Sawiris. La giustificazione dietro a tale avvicinamento? Al Nour crede nel Libero Mercato e alla necessità di una politica di privatizzazioni e liberalizzazioni per rilanciare l’economia egiziana, affermano Ghaffour e i suoi luogotenenti.
Nel frattempo, dopo la seconda tornata di votazioni che ne conferma gli ottimi risultati, ecco un’altra bordata del tutto inaspettata da parte dei salafiti, questa volta in politica estera. Un portavoce del partito, Yousri Hammad, intervistato dalla radio israeliana dichiara che il gruppo è assolutamente favorevole a continuare le buone relazioni con Tel Aviv come stabilito dalla pace di Camp David stipulata da Anwar Sadat nel 1979, e che i turisti israeliani saranno sempre i benvenuti nel Sinai e sulle spiagge del Mar Rosso. A ciò si aggiunge una nemmeno troppo velata critica ai Fratelli Musulmani e alle loro reiterate minacce di rivedere i termini del trattato. Hammad sostiene che è nell’interesse egiziano continuare ad avere rapporti amichevoli col potente vicino.
In buona sostanza dichiarazioni che fanno pensare ad un turbocapitalismo pienamente inserito in un quadro favorevole a Stati Uniti ed Israele, e che si caratterizza soltanto per un puritanesimo interno di facciata (la cosiddetta “Salafiya scientifica”). Viene da chiedersi a questo punto se le voci di ingenti finanziamenti arrivati nelle casse di Al Nour dal Golfo (in particolar modo dal Qatar, che già offre loro parecchia visibilità mediatici attraverso gli schermi di Al Jazeera) non siano servite anche ad indirizzarne il programma.