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La verità dietro al prossimo "cambio di regime" in Siria

di Shamus Crooke - 30/01/2012

   
   

Dopo essersi di nuovo convocata per decidere il destino della Siria, la Lega Araba ha deciso di prorogare la sua "missione di monitoraggio" in Siria. Comunque, alcune nazioni della Lega Araba sotto il controllo diplomatico degli Stati Uniti stanno chiedendo a grande voce il sangue. Questi paesi – veri burattini della politica estera statunitense – vogliono dichiarare la supervisione della Lega stessa "un fallimento", così che un intervento militare - nella forma di una zona con divieto di volo – possa essere usato per il cambio di regime.

Gli Stati Uniti sembrano usare una strategia in Siria che si è perfezionata nel corso degli anni, dopo con il recente successo in Libia: piccoli gruppi paramilitari leali agli interessi degli USA che pretendono di parlare per la popolazione natìa; questi militanti attaccano poi il governo che gli Stati Uniti vorrebbero veder rovesciato, - bombardamenti dei terroristi inclusi - e quando il governo attaccato si difende, gli Stati Uniti lamenteranno un "genocidio" o gli "assassinii di massa", auspicando l’intervento militare straniero.

Questa è la strategia che gli Stati Uniti stanno utilizzando per incanalare la Primavera Araba verso la fine sanguinaria di un intervento militare e straniero.

Ad esempio, i media e il governo statunitensi stanno fornendo fanaticamente l'impressione che, in Siria, la popolazione vorrebbe un intervento straniero per rovesciare il presidente dittatoriale, Bashar Assad. Ma la realtà è più caparbia.

Dopo essere diffuso queste bugie, il New York Times è stato costretto ad ammettere, in molti articoli, che in Siria ci sono stati raduni massicci a sostegno del governo siriano. Questi assembramenti sono stati più frequentati di qualsiasi manifestazione pro-governativa che il governo degli Stati Uniti potrebbe organizzare. Il New York Times riporta:

L’affluenza in piazza Sabaa Bahrat a Damasco, nella capitale, ha sottolineato ancora una volta il grado di sostegno che Assad e la sua dirigenza godono fra molti siriani dopo quasi sette mesi di sollevazione popolare. Questo appoggio è particolarmente forte in città come Damasco e Aleppo, le due maggiori del paese. (13 gennaio 2012).

Il New York Times è stato costretto ad ammettere che le due più grandi città – di un piccolo stato – sostengono il governo (o almeno si oppongono a un intervento militare e straniero).

Ciò è stato poi confermato da un sondaggio finanziato dalla Syrian Qatar Foundation, realizzato per i Dibattiti di Doha:

In base all’ultimo sondaggio di opinione commissionato da The Doha Debates, i siriani sono a sostegno del suo presidente, e il con 55% non vuole che si dimetta. (2 gennaio 2012).

Se la gente in Siria non vuole un intervento straniero – la probabile motivazione per cui tante persone partecipano alle manifestazioni pro-Assad – cosa dire del cosiddetto Esercito della Siria Libera, al quale gli Stati Uniti concedono un’immensa credibilità e che pretende di parlare per il popolo siriano?

L'Esercito della Siria Libera – come la sua controparte libica - sembra essere ancora un altro gruppo militante made in the USA attraverso la Turchia sua alleata, un fatto suggerito dalla rivista pro-establishment statunitense Foreign Affairs:

Perché le forze armate siriane non bombardano le loro posizioni o lanciano un attacco su larga scala? I combattenti dell’Esercito della Siria Libera sono posizionati a un miglio dal confine turco, abbastanza vicini per poter fuggire se la situazione diventasse difficile.

L'articolo cita anche un membro dell’Esercito della Siria Libera che afferma: “’Ogni gruppo [dell’Esercito della Siria Libera] in Turchia ha il proprio compito’, ha detto Sayeed. ‘[I turchi] ci hanno dato libertà di movimento.’” (8 dicembre 2011).

L'articolo menziona anche il fatto che l’Esercito della Siria Libera sta richiedendo una "no-fly zone", che potrebbe distruggere le forze armate siriane; la possibile ubicazione di questa zona a divieto di volo è sul confine siriano con Turchia, Giordana o Iraq - tutti e tre questi stati sono alleati o clienti degli Stati Uniti.

Una "no-fly zone“ è il nuovo 'eufemismo per dire che gli Stati Uniti e i suoi partner militari europei nella NATO interverranno per utilizzare i loro avanguardistici jet d’assalto per distruggere le forze armate siriane, come accaduto in Libia. In Libia la zona a divieto di volo si è evoluta in una "zona a divieto di movimento " e alla fine in una "zona a divieto di sopravvivenza" per tutto quello che potesse assomigliare all’esercito siriano, o a quelli che si sono armati in difesa del governo libico.

Come in Siria, a Tripoli, la più grande città libica, non ci sono mai state manifestazioni anti-governative. Il gruppo paramilitare anti-governativo e a favore degli USA che ha attaccato le forze libiche era così piccolo che ci sono voluti mesi per prendere il potere dopo 10.000 missioni di bombardamento della NATO che hanno distrutto gran parte delle infrastrutture della Libia, come documentato dall’indipendente Human Rights Investigations.

È impensabile che una frazione consistente della società siriana favorisca una “no-fly zone” appoggiata dalla NATO, ossia una guerra in Siria. Gli esempi di Afghanistan, Iraq e Libia sono troppo evidenti per non essere notati da qualsiasi nazione mediorientale. Nel momento in cui l'Esercito della Siria Libera richiede un'invasione della NATO in Siria, ciò è sufficiente per identificare questo esercito come un’entità fantoccio degli Stati Uniti che lotta per assumere il potere politico, meritandosi quindi una ferma condanna.

Questa strategia di utilizzo di un esercito per delega al fine di danneggiare un governo anti-statunitense ha un passato devastante. Questa strategia è stata celebrata nel libro “Charlie Wilson's War” che descrive la vera storia del governo statunitense che invia armi e finanziamenti gli estremisti islamici per intraprendere una campagna terroristica contro il governo afgano, che era all’epoca un alleato dell'Unione Sovietica. Gli attacchi alla fine portarono il governo afgano a richiedere un rafforzamento della presenza militare sovietica in Afghanistan, e tutto questo motivò un forte sostegno popolare a favore degli estremisti che divennero noti col nome di Talebani.

Lo stesso scenario fu impiegato anche in Kosovo, dove il piccolo Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA) appoggiato dagli Stati Uniti avviò una campagna terrorista contro il governo dell'Iugoslavia, con l’intenzione di rendere indipendente il Kosovo. Quando il governo jugoslavo tentò di difendersi dal KLA - imitando al contempo le sue tattiche violente – gli Stati Uniti e gli altri governi occidentali parlarono di genocidio e entrarono in Yugoslavia, definendola un’"invasione umanitaria". Oggi gli Stati Uniti sono una delle poche nazioni che riconoscono il Kosovo come nazione indipendente, mentre il Kosovo serve fedelmente i suoi interessi.

La stessa strategia di guerra per delega – da parte degli Stati Uniti e delle potenze europee – ha svolto un ruolo fondamentale in vari conflitti sparsi per tutta l’Africa, che sono culminati nella Guerra del Congo che ha ucciso oltre cinque milioni di persone, come descritto dal giornalista francese Gerard Prunier nel suo libro, Africa's World War.

In Siria la storia si sta ripetendo e le nazioni che non sono alleate degli USA ne sono ben consapevoli. Ancora il New York Times riporta:

[Il Ministro degli Esteri russo] ha affermato che alcuni governi stranieri [gli Stati Uniti, Turchia, eccetera] stanno armando ‘i militanti e gli estremisti’ in Siria.

Il Ministro degli Esteri ha fornito una descrizione accurata della politica estera statunitense nei confronti dell'Iran:

Lavrov ha pronunciato un grave discorso sulla possibilità di un bombardamento contro l’Iran, che per lui sarebbe una "catastrofe". Ha detto che le sanzioni economiche ora proposte contro Teheran hanno “lo scopo di provocare un effetto soffocante sull'economia e la popolazione iraniana, con la speranza di provocare uno scontento generalizzato." (19 gennaio 2012).

Ancor più malauguratamente, il Ministro degli Esteri russo ha affermato che la politica estera statunitense in Siria e in Iran potrebbe portare a un “conflitto molto vasto", una guerra regionale o anche internazionale, quando gli altri poteri interverranno per difendere i propri interessi nella regione.

La Russia ha proposto un modo per evitare la guerra in Siria e lo sta intraprendendo attraverso il Consiglio di Sicurezza dell'ONU; è lo stesso percorso che è stato perseguito dal governo pro-statunitense in Yemen, col mantenimento al potere del governo in carica fino a nuove elezioni. Sfortunatamente, lo Yemen è un alleato degli Stati Uniti e per questo gli USA e i suoi alleati stanno bloccando lo stesso approccio per avviare il conflitto in Siria.

Il blocco di opposizione al governo siriano, il Comitato di Coordinamento Nazionale, si oppone all’intervento militare straniero. Un leader dell’NCC, Hassan Abdul Azim, ha con saggezza affermato:

Rifiutiamo per principio qualsiasi tipo di intervento straniero e militare perché minaccia la libertà del nostro paese. (19 gennaio 2012).

Questa è molto probabilmente l'opinione prevalente in Siria, visto che minaccia di una “no-fly zone” avrà come esito gli stessi bombardamenti di massa sperimentati dai cittadini di Tripoli in Libia. La farlocca opposizione siriana al di fuori del paese, il Consiglio Nazionale Siriano, è ancora un altro pupazzo in mano agli Stati Uniti – ora alleati l'Esercito della Siria Libera – che implora un'invasione militare della Siria per "liberarla". Chiaramente i media occidentali ci forniscono unicamente la prospettiva del Consiglio Nazionale Siriano fedele agli USA.

Gli Stati Uniti hanno già verificato in numerose occasioni che le soluzioni militari non risolvono niente, dopo aver fatto a pezzi il tessuto sociale in Afghanistan Iraq e ora in Libia. I lavoratori siriani e iraniani non desiderano alcun "aiuto" dal governo statunitense e dai suoi alleati per impedire uno spargimento di sangue. Le persone che lavorano di questi paesi potrebbero liberarsi dai loro governi autoritari, come hanno fatti i tunisini e gli egiziani, ma proprio qui sta il punto: gli USA stanno intervenendo militarmente per ri-guadagnare il controllo su una regione che gli era scappata dalle mani durante la Primavera Araba. Questo approccio militare serve a spingere i lavoratori del paese bersaglio nelle mani del loro governo, provocando una catastrofe umanitaria nella nazione invasa. I lavoratori degli Stati Uniti non hanno alcun interesse per una guerra aggressiva e hanno la responsabilità di apprendere la propaganda statunitense per poterne poi richiedere la fine scendendo in strada.

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Fonte: The Truth Behind The Coming "Regime Change" In Syria

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE