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Federico Nietzsche: un processo politico?

di Michele Fabbri - 19/03/2012


Il buon vecchio Fritz continua a essere l’incubo della cultura “democratica”!

Friedrich Nietzsche, il più radicale critico dell’uguaglianza, turba i sonni degli intellettuali di regime, la cui unica occupazione consiste nel molestare l’opinione pubblica con un assillante stalking antirazzista che perseguita le vittime a ogni ora del giorno e della notte…

Eppure Nietzsche è ancora oggi il filosofo più letto al mondo: evidentemente l’ideologia massonica della fratellanza universale, così cara alla classe dirigente mondialista, suscita più di un dubbio e non è universalmente condivisa…

Di conseguenza gli scribacchini prezzolati al servizio del mondialismo si interrogano sulle possibili letture e interpretazioni del filosofo sassone. Posto che il genio filosofico di Nietzsche è fuori discussione e che il suo pensiero è un punto di riferimento ineludibile, gli apprendisti stregoni che vogliono la globalizzazione si arrovellano su come disinnescare la dinamite nietzscheana.

Pertanto è di grande interesse il libro di Massimo Ferrari Zumbini Nietzsche: storia di un processo politico, opera lodevole per chiarezza espositiva e onestà intellettuale (dote alquanto rara di questi tempi). Il titolo del libro è indicativo, infatti gli intellettuali progressisti, autonominatisi alfieri del Bene, si ritengono autorizzati a “processare” le idee degli avversari, anche se in realtà, considerando che le società “democratiche” producono criminalità, corruzione, disoccupazione, inflazione, disgregazione sociale, sotto processo ci dovrebbe andare la “democrazia”!

Il saggio di Ferrari Zumbini analizza le interpretazioni di Nietzsche che si sono succedute dalla fine del XIX secolo ai giorni nostri.

A cavallo fra i due secoli la sorella Elisabeth e il conte Harry Kessler fanno dell’Archivio Nietzsche un punto di riferimento internazionale per artisti e pensatori, quasi un contraltare della Bayreuth wagneriana. In questa fase le opere di Nietzsche cominciano a incontrare il favore del pubblico, tuttavia il loro successo potrebbe anche non essere duraturo. I feroci attacchi del filosofo contro il Cristianesimo e il Kaiser rischiano la censura per blasfemia e lesa maestà!

La prima fase interpretativa individuata da Ferrari Zumbini è quella che comincia nel 1914. Con lo scoppio della Grande Guerra, Nietzsche viene “nazionalizzato” da Werner Sombart, che tratteggia il filosofo come rappresentante della concezione eroica del mondo. Dall’altra parte la propaganda inglese presentava il pensiero di Nietzsche come responsabile della guerra. La polemica ebbe comunque l’effetto di rendere estremamente popolare la figura di Nietzsche.

Nel dopoguerra Nietzsche continua a essere utilizzato dagli intellettuali di destra, poiché il suo pensiero si prestava particolarmente alla reductio ad unum dell’avversario: cristianesimo, democrazia, liberalismo, socialismo erano accomunati nella critica dell’uguaglianza.

Con l’avvento al potere di Hitler si apre una nuova fase. Si è molto favoleggiato su Nietzsche “filosofo del nazismo”, ma in realtà l’utilizzo del pensiero nietzscheano fu parziale e problematico. L’intellettuale più attivo in questo senso fu Alfred Baeumler, autore di Nietzsche der Philosoph und Politiker (traduzione italiana: Alfred Baeumler, Nietzsche filosofo e politico, Edizioni di Ar). Lo stesso gerarca Rosenberg incoraggiò Baeumler a fornire un’interpretazione di Nietzsche che potesse andare incontro ai canoni ideologici del nazionalsocialismo. Nel pensiero nietzscheano gli stimoli in questo senso non mancavano, tuttavia gli interpreti nazisti trovavano anche difficoltà di non facile soluzione nei celebri pezzi anti-antisemiti e nelle tirate antitedesche. Inoltre nello stesso ambiente nazional-patriottico c’erano filoni di pensiero ostili a Nietzsche: dalla cultura cristiana, sia cattolica sia protestante, all’ambiente wagneriano che conservava il ricordo della rottura tra il filosofo e il musicista. Le correnti più spiccatamente razziste del movimento erano poco interessate al pensiero di Nietzsche e arrivavano ad accusarlo di essere stato un filosemita.

In tutta questa polemica, Ferrari Zumbini suggerisce opportunamente di dimenticare per sempre la leggenda della sorella di Nietzsche che avrebbe manipolato gli scritti del filosofo per renderli graditi al regime hitleriano. In realtà le manipolazioni hanno riguardato aspetti della vita personale di Nietzsche che potevano essere imbarazzanti per la famiglia. Quindi la “desororizzazione” di Nietzsche appare come uno dei più importanti passi metodologici per l’interpretazione del filosofo.

Dopo il 1945 comincia la fase della demonizzazione e della damnatio memoriae: principe di quest’atteggiamento è il filosofo comunista Lukács. Soltanto a fine anni ’60, con la nuova traduzione di Montinari si riaccende l’interesse per Nietzsche e il filosofo viene liberato dalla gabbia ideologica nella quale era stato artificiosamente rinchiuso. In questo periodo il pensiero nietzscheano ha modo di estendersi e di mostrare una varietà di interpretazioni, più o meno congruenti, ma che comunque mostrano la straordinaria versatilità degli strumenti concettuali approntati da Nietzsche.

Forse proprio per questo all’inizio del XXI secolo alcuni intellettuali di area progressista hanno ricominciato a mettere in discussione il filosofo della “volontà di potenza”.

Lo studioso italiano Domenico Losurdo, nella sua opera Nietzsche, il ribelle aristocratico ripropone l’immagine del filosofo tedesco come teorico della selezione dei più forti e della sopraffazione dei deboli. Losurdo ripercorre lo stereotipo lanciato da Brandes (Georg Brandes, Friedrich Nietzsche o del radicalismo aristocratico, Edizioni di Ar) attualizzandolo con l’ausilio di una vetusta attrezzeria marxista.

Thomas Mittmann, da parte sua, ha scritto un importante saggio dal titolo Vom “Günstling” zum “Urfeind” der Juden: Die antisemitische Nietzsche-Rezeption in Deutschland bis zum Ende des Nationalsozialismus; il libro, dedicato alla recezione antisemita di Nietzsche non sa far di meglio che mettere il pensiero del filosofo in diretta relazione con la favola preferita del gregge democratico: l’Olocausto…

A questo proposito lo stesso Ferrari Zumbini rileva l’evanescenza di certe posizioni ideologizzate, poiché la storia della rivoluzione non è certo esente dalla violenza. Possiamo infatti constatare che anche senza mettere in discussione la versione ufficiale dell’Olocausto (peraltro imposta per legge), le vittime delle persecuzioni politiche nei regimi comunisti sono in numero molto più alto di quelle imputate ai regimi fascisti!

Un capitolo del libro di Ferrari Zumbini è dedicato al rapporto fra Nietzsche e l’antisemitismo. Si è discusso e si discute ancora molto su quali fossero i reali sentimenti di Nietzsche verso gli ebrei, e Ferrari Zumbini passa in rassegna le varie interpretazioni. La critica corrosiva e radicale che Nietzsche rivolge al Cristianesimo può essere evidentemente estesa anche agli altri due monoteismi. Inoltre la filosofia di Nietzsche si presta alla concezione cospirativa della storia e offre ai complottisti spunti di grande interesse. Al di là delle osservazioni di Ferrari Zumbini occorre tuttavia considerare che la questione dovrebbe essere affrontata anche alla luce di ciò che intende la paranoica cultura “democratica” per antisemitismo: ormai si è fatta strada l’idea che chi non appartiene al “popolo eletto” è considerato ipso facto antisemita…

La parte più interessante del libro è il capitolo finale dal titolo “Olocausti coloniali”. La classe dirigente di inizio XXI secolo, infatti, sta operando una revisione del passato che aspira a presentare l’epoca del capitalismo globale come il punto d’arrivo della storia in cui la felicità umana sarebbe garantita da una solerte vigilanza sui “crimini contro l’umanità”. In tale contesto le colpe, vere o presunte, dei popoli bianchi nel periodo coloniale diventano il peccato originale da espiare in saecula saeculorum! Non mancano studiosi che individuano nelle feroci repressioni delle rivolte nelle colonie tedesche in Africa una propensione allo sterminio che sarebbe tipica dei popoli germanici: una tesi ispirata al più bieco razzismo biologico…

In questa chiave diventa decisiva l’interpretazione che si vuole fornire del filosofo più popolare di tutti i tempi: proprio Nietzsche infatti ha denunciato quella morale dell’odio e del risentimento che oggi si manifesta nella “morale umanitaria”!

Ferrari Zumbini osserva che l’ideologia dei diritti umani gode di consenso generalizzato, e in effetti sembra che le istituzioni internazionali non trovino alcuna opposizione nella definizione delle categorie giuridiche mondialiste. Ma gli osservatori più accorti non potranno fare a meno di interrogarsi sull’enigma del consenso che sorregge l’ideologia “umanitaria”. Gli stati moderni infatti si caratterizzano per una progressiva restrizione delle libertà individuali e per l’applicazione del tutto pretestuosa dei “diritti umani”. Si pensi al martirio della Palestina, alle guerre sedicenti “umanitarie”, alla drammatica condizione dei diritti politici in Cina, al mandato d’arresto europeo, alle leggi antiterrorismo americane…

Sono gli esempi più clamorosi di violazione dei più elementari diritti umani e civili da parte di paesi che fanno la parte del leone alle Nazioni Unite!

In un contesto simile c’è spazio per un rilancio in grande stile del pensiero di Nietzsche che, come sempre, può offrire stimoli originalissimi per l’elaborazione di nuovi schemi mentali, purché si tenga presente l’opportuno avvertimento di Montinari: “leggere Nietzsche in modo storico e non ideologico, filologico e non attualizzante”.

Il pensiero nietzscheano, che smaschera ogni ipocrisia con un linguaggio contundente e sempre attuale, ci offre una via d’uscita dal vicolo cieco della globalizzazione. Del resto è proprio per questo che il filosofo tedesco fa ancora tanta paura…

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Massimo Ferrari Zumbini, Nietzsche: storia di un processo politico. Dal nazismo alla globalizzazione, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011, pp.324.