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Corruzione politica? Peggio degli anni novanta

di Marco Tarchi - 18/04/2012



Professor Marco Tarchi, condivide il giudizio di Renzi sui «partiti illusioni ottiche»?
«Solo in parte. I partiti continuano ad esserci, e a contare, quando si tratta di costruire gli organigrammi di società partecipate, banche e molte altre istituzioni sospese fra settore pubblico e mondo del privato. E ci sono quando si tratta di prendere decisioni significative — per esempio su appalti, piani di sviluppo, trasformazioni urbanistiche — attraverso gli enti locali. Quel che è davvero in evanescenza, fatte limitate eccezioni, è lo scheletro organizzativo presente sul territorio a livello di base, perché ormai per comunicare con il pubblico i politici di professione usano i mezzi di comunicazioni di massa, non certo il lavoro porta-a-porta dei militanti coordinati dalle sezioni».
Che cosa sono oggi i partiti e come erano un tempo?
«La differenza maggiore è nella “esternalizzazione” di una serie di funzioni che svolgevano in proprio qualche decennio addietro. Oltre ad aver trasferito nell’ambito massmediale l’apparato propagandistico di un tempo, oggi i partiti, specialmente quelli che pesano di più nei governi locali, hanno “appaltato” ai propri rappresentanti esterni compiti che un tempo erano i loro dirigenti interni a svolgere. Primo fra tutti, la definizione di linee-guida per i loro interventi più incisivi, in qualunque campo — dall’urbanistica alla politica estera, dall’ecologia alle politiche fiscali e così via. È ovvio che, caricati di queste responsabilità, gli eletti pretendano una forte autonomia. Il che spiega l’estrema frammentazione odierna dei partiti, che non segue più, in genere, una geografia di correnti, bensì una miriade di orientamenti e ambizioni personali».
È ipotizzabile in Italia un meccanismo all’americana, nel quale prima di tutto vengono i candidati e poi i partiti?
«Sì, con una variante: a contare non saranno tanto i candidati in sé, ma gli “incumbents”, ovvero quei candidati che hanno raggiunto, tramite elezione, una carica influente: deputati, senatori, sindaci, presidenti di regione, consiglieri ecc».
A cosa è dovuta secondo lei la sfiducia nei confronti dei partiti?
«All’evidente autoreferenzialità della classe politica che i partiti hanno espresso. È ormai chiaro che, dietro la retorica dell’impegno civile e della vocazione a servire il bene pubblico, la politica è diventata quasi per tutti una redditizia, e forse anche divertente, professione, e niente di più».
Stiamo rivivendo una riedizione degli anni Novanta?
«Una riedizione peggiorata, perché un tempo le tangenti si facevano pagare e si incassavano per conto dei partiti, dunque — in teoria — per attività comunque rivolte ad interventi in sede pubblica. I casi di malversazioni per lucro personale erano rari. Adesso siamo alla corruzione personalizzata, anche a danno dei partiti di appartenenza».

da Corriere fiorentino