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La demolizione degli stereotipi

di Massimo Fini - Michele De Feudis - 09/05/2012

Fonte: Secolo d'Italia


Una voce libera e trasgressiva nel panorama del giornalismo italiano, categoria della quale resta uno degli ultimi maestri, Massimo Fini è la guida ideale per inoltrarsi nel tema della dittatura del politicamente corretto.
La demolizione degli stereotipi è il filo rosso della sua scrittura. Fin dal 1985, quando scrisse "La Ragione aveva Torto"…

Le mie critiche sono sostanziate da ricerche, studi, dati. Cerco di svelare cosa c'è dietro i dogmi dell'Illuminismo con gli strumenti della ragione e non come René Guénon e Julius Evola con il ricorso a paragoni con non verificabili formule iperboree.
Negli anni ottanta era già molto seguito dai circoli culturali di destra e postfascisti per le critiche che muoveva al mondialismo.
La situazione è peggiorata con la globalizzazione. Il mondialismo è il tentativo di occupazione politico-militare dell'intero esistente da parte dell'Occidente. La globalizzazione è invece la penetrazione del modello di sviluppo occidentale che ha occupato l'intero pianeta. Questa occupazione culturale è più pericolosa di quella militare: cambia gli orizzonti dei popoli, riduce gli uomini a consumatori.
Pensiero Unico è anche l'unanimismo, salvo poche eccezioni tra cui il "Secolo", con cui i media sostengono il governo Monti?
Il problema non è solo italiano. Monti è l'uomo giusto per un sistema sbagliato, meno "cazzaro" di Berlusconi, che non è stato deposto dagli italiani ma dalla Merkel, che ha detto: "Se continuate così, noi tedeschi vi molliamo".
In politica estera i suoi saggi hanno svelato un'altra visione, oltre l'occidentalismo.
Siamo servi psicologicamente degli Usa, più realisti del re. Sui fatti internazionali si trovano notizie sgraditissime per l'occidente più facilmente sul "Washington Post" o sul "NY Times" che sui giornali italiani.
Mette in discussione il totem delle guerre umanitarie e democratiche?
È un mantra occidentale. La "guerra democratica" la si fa con cattiva coscienza, la si chiama con altri nomi - missione umanitaria a difesa dei diritti umani - ma in realtà maschera ben altri interessi. Noi non abbiamo nessun diritto di insegnare le buone maniere a popoli che hanno visioni del mondo completamente differenti dalle nostre. La politica di potenza c'è sempre stata, brutale ma intellettualmente onesta. Adesso c'è una ulteriore ipocrisia: bombardiamo e uccidiamo per il superiore bene delle nostre vittime. E su queste osservazioni la consonanza con le tesi di Alain de Benoist è notevolissima.
Il caso Roma. Una presentazione dello "Zarathustra" di Nietzsche viene annullata dal Comune: il fatto che fosse stampato dalle edizioni di Ar, legate a Franco Freda, è un buon motivo per censurarla?
Il principio fondante di una democrazia è che tutte le opinioni e le ricerche - anche quelle che appaiono più aberranti - devono essere accettate e ne deve essere riconosciuta l'esistenza. In caso contrario si procede verso il totalitarismo. Se pensiamo che lo storico David Irving ha fatto alcuni anni di galera per i suoi saggi sulla seconda guerra mondiale, abbiamo la dimensione del tempo in cui viviamo. La liberaldemocrazia contraddice in continuazione se stessa. Ci sono alcuni argomenti che non sono toccabili: non è detto che chi li affronta abbia ragione, ma dovrebbe avere tutto il diritto di presentare le proprie tesi.
Citando Giulio Tremonti, quale può essere l'uscita di sicurezza dal Pensiero Unico?
L'ex ministro del Tesoro è l'unico politico italiano che ha compreso come il modello di sviluppo occidentale proceda verso l'implosione. Questa deriva avanza ad una velocità impressionate. Sono pessimista, bisognerebbe accelerarne la corsa perché la crisi raggiunga l'acme e si possa così ripartire da zero.