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Come finirla col Principe azzurro

di Claudio Risé - 05/09/2012



Qualcuno dirà che è solo un prodotto commerciale, consumistico, e ci sarà anche del vero. Però ho l’impressione che in questa nuova eroina femminile della Disney, Merida, la protagonista del film Ribelle-The Brave in uscita nei prossimi giorni, ci sia molta attualità, e tutt’altro che sciocca. Questa ragazza che tende l’arco per colpire il bersaglio e dichiara: “sono Merida e gareggerò per ottenere la mia mano”, centra infatti un problema psicologico attualissimo, per donne e uomini.
Si tratta del fatto che “il principe azzurro”, l’immagine fiabesca dell’uomo attorno al quale si erano organizzate fino a ieri le fantasie sentimentali della donna dall’infanzia in poi, ammesso che sia mai esistito, non c’è più. Chi lo aspetta perde il suo tempo: non arriverà. Non solo perché si tratta di un’immagine fiabesca, e non di un grande mito, di quelli che descrivono le situazioni della vita umana di ogni tempo. Ma perché è una fiaba dell’ottocento, un secolo fortemente impegnato a tenere addormentate il più possibile, in attesa del principe, le donne che cominciavano a scalpitare.
Un’epoca comunque passata, perché le donne si sono svegliate dal sonno che aveva colpito Rosaspina (la protagonista dalla fiaba dei Grimm da cui Disney ricavò poi la sua Bella addormentata nel bosco), e anche gli uomini hanno oggi altro da fare che girare tra le spine a cercare belle sognatrici.
Il problema però rimane: non è semplice smontare un’icona centrale nella vita e costumi sentimentali di donne e uomini degli ultimi duecento anni. Che era, appunto, la durata del sonno obbligatorio della bambina, procurato dall’incantesimo scagliato da una fata cattiva che non era stata invitata al battesimo della principessa.
Le donne si sono svegliate, ma molte ragazze continuano ad aspettare il principe azzurro, come confermano ampiamente sia tutte le rubriche di posta del cuore, che la terapia. Ad essa ricorrono sia le donne dopo ripetute delusioni, preoccupate dallo scorrere della vita in attesa di un fantasma; sia gli uomini, spiazzati dalle aspettative idealizzanti e fiabesche che riempiono la mente delle loro innamorate.
Non si tratta dunque di robetta: quella del principe azzurro è una vera e propria sindrome, anche se non figura come tale nei manuali diagnostici internazionali. C’è in essa un aspetto di immaturità affettiva, ed ha a che fare con le idealizzazioni tipiche del narcisismo. Ma soprattutto è sempre alimentato da un (diffusissimo) complesso materno negativo, già presente del resto nella fiaba (la strega cattiva è l’”Ombra” della madre buona), ed anche nella storia della nuova eroina Merida.
Questa nuova versione “sveglia” dell’ex bella addormentata porta di suo, però (almeno per ciò che si può capire dal trailer), un’intuizione psicologica decisiva per la soluzione del problema. E cioè che la fanciulla deve, come dice Merida, “ottenere la propria mano”, deve insomma sviluppare equilibro, forza di volontà e “mira” molto precisi per centrare gli obiettivi (i bersagli) della propria vita e ottenere la stima dovuta a un principe, l’autostima di cui ogni ragazza ha oggi assoluta necessità per entrare nel mondo.
Vengono così finalmente superate le immagini proposte dai media alle ragazze negli ultimi decenni: dalle Lolite, alle Winx, alle Bratz, tutte giocate sulla seduzione del maschio da cui dipendeva la vita femminile.
Qui invece è la donna a diventare il proprio “campione”, a decidere della propria vita.
Tutto meno mieloso e forse più duro, ma probabilmente più costruttivo ed interessante. Per tutti: per le ragazze, ma anche per i loro possibili innamorati.