La Casa Bianca ha pianificato l’attacco chimico siriano?
di Yossef Bodansky - 04/09/2013
Vi sono sempre più prove da numerose fonti mediorientali, per lo più affiliate all’opposizione siriana e ai suoi sponsor e sostenitori, che rendono sempre più solida e basata su prove circostanziali l’idea che l’attacco chimico del 21 agosto 2013 alla periferia Damasco, sia stata davvero una provocazione premeditata dall’opposizione siriana. L’entità della consapevolezza degli USA di questa provocazione deve essere ulteriormente indagata, in quanto i dati disponibili mettono, con “orrore”, la Casa Bianca di Barack Obama sotto una luce diversa e inquietante. Il 13-14 agosto 2013, le forze dell’opposizione filo-occidentale iniziavano in Turchia i preparativi per un importante e irregolare assalto militare. I primi incontri tra i vertici militari dell’opposizione e i rappresentanti di Qatar, Turchia e dell’intelligence degli Stati Uniti ["Muqabarat Amriqi"] avevano luogo presso il presidio militare turco di Antakya, convertito a centro comando e base dell’Esercito libero siriano (ELS) e dei suoi sponsor stranieri. Molti comandanti dell’opposizione erano arrivati da Istanbul per informare i comandanti regionali di un’escalation imminente nei combattimenti, grazie a “una svolta nella guerra” che porterebbe all’attacco degli USA alla Siria.
Le forze di opposizione hanno dovuto preparare in fretta le loro forze per sfruttare i bombardamenti degli USA, per marciare su Damasco e rovesciare il governo di Bashar al-Assad, spiegavano gli alti comandanti. I funzionari dell’intelligence del Qatar e della Turchia assicuravano i comandanti regionali siriani che per la prossima offensiva avrebbero avuto in abbondanza armi. In effetti, un’inaudita distribuzione di armi è iniziata in tutti i campi dell’opposizione nella provincia di Hatay, il 21-23 agosto 2013. Nella sola regione di Reyhanli, le forze dell’opposizione hanno ricevuto oltre 400 tonnellate di armi, principalmente armi antiaeree, lanciarazzi e munizioni per fucili e mitragliatrici. Le armi sono state distribuite dai depositi controllati dall’intelligence di Qatar e Turchia, sotto la stretta supervisione dell’intelligence degli USA. Queste armi sono stati caricate su più di 20 tir giunti nella Siria settentrionale, per distribuirle in diversi depositi. Fece seguito l’invio di altre diverse centinaia di tonnellate di armi, verso il 24-25 agosto 2013, tra cui principalmente sofisticati missili e razzi anticarro. Agenti dell’opposizione ad Hatay hanno detto che questi invi di armi furono “i più grandi” che hanno mai ricevuto “dall’inizio dei moti, oltre due anni fa“. I carichi da Hatay sono andati a tutte le forze ribelli che operano nella zona di Idlib e Aleppo, tra cui i jihadisti di al-Qaida (che costituiscono la maggioranza delle forze ribelli nella zona). Diversi alti agenti dell’opposizione siriana e degli Stati arabi patrocinatori, hanno sottolineato che queste forniture di armi erano specificamente destinate a sfruttare l’impatto dell’imminente bombardamento della Siria da parte degli Stati Uniti e degli alleati occidentali. L’ultima formulazione strategica delle riunioni di coordinamento ha avuto luogo il 26 agosto 2013. La riunione di coordinamento politico ha avuto luogo a Istanbul e vi ha partecipato l’ambasciatore degli USA Robert Ford. Più importanti sono state le riunioni di coordinamento militare e operativo presso il presidio di Antakya. Agenti dell’intelligence turca, qatariota e statunitense vi hanno partecipato assieme ai comandanti dell’(opposizione) siriana. I siriani furono informati che il bombardamento sarebbe iniziato entro pochi giorni.
“All’opposizione è stato detto in modo chiaro che l’azione per scoraggiare l’ulteriore uso di armi chimiche da parte del regime di Assad, potrebbe aversi già nei prossimi giorni“, ha detto un partecipante siriano alla riunione. Un altro partecipante siriano ha detto di essere convinto che il bombardamento statunitense fosse stato programmato per il 29 agosto 2013. Diversi partecipanti, siriani e arabi, sottolinearono che le assicurazioni sugli imminenti bombardamenti erano più esplicite, anche se formalmente Obama è ancora indeciso. La descrizione di questi incontri solleva delle domande sulla consapevolezza dell’intelligence degli Stati Uniti, e di conseguenza della Casa Bianca di Obama. Tutte le fonti consultate, siriane e arabe, sottolineano che funzionari del “Muqabarat Amriqi” hanno partecipato attivamente alle riunioni e ai briefing in Turchia. Pertanto, per lo meno, avrebbero dovuto sapere che i leader dell’opposizione sapevano in anticipo di “una svolta nella guerra”, cioè che un evento drammatico avrebbe provocato l’intervento militare degli USA.
Il semplice fatto che i depositi di armi sotto la stretta supervisione dell’intelligence degli USA sono stati aperti e che circa un migliaio di tonnellate di armi di alta qualità è stato consegnato all’opposizione, indica che l’intelligence degli Stati Uniti sapeva in anticipo di tale provocazione e della possibilità per l’opposizione siriana di sfruttare l’impatto conseguente dei bombardamenti degli USA e alleati. Quindi, anche se la Casa Bianca di Obama non sapeva in anticipo della provocazione chimica, si dovrebbe concludere, o per lo meno sospettare, che l’attacco chimico sia molto probabilmente la “svolta della guerra” anticipata dai leader dell’opposizione; una provocazione per i bombardamenti degli USA. In tali circostanze, la Casa Bianca di Obama avrebbe dovuto astenersi dall’affrettarsi nell’accusare Damasco ed Assad minacciando ritorsioni, rendendo così la Casa Bianca di Obama per lo meno complice dell’attacco. Nel frattempo, ulteriori dati reali da Damasco sull’attacco chimico, aumentano i dubbi sulla versione di Washington degli eventi. Subito dopo l’attacco, tre ospedali di Medici Senza Frontiere nella zona di Damasco, curarono più di 3.600 siriani colpiti dall’attacco chimico, di cui 355 morivano. MSF ha fatto dei test sulla maggior parte dei degenti. Il direttore delle operazioni di MSF, Bart Janssens, ha riassunto i risultati: “MSF non può né confermare scientificamente la causa di questi sintomi, né stabilire chi sia responsabile dell’attacco. Tuttavia, i sintomi riportati dai pazienti, in aggiunta al modello epidemiologico degli eventi, caratterizzato dal massiccio afflusso di pazienti in un breve arco di tempo, dalla provenienza dei pazienti e dalla contaminazione degli operatori sanitari, indica fortemente un’esposizione di massa ad un agente neurotossico.” In poche parole, anche dopo aver analizzato 3.600 pazienti, MSF non è riuscita a confermare che il sarin sia la causa delle lesioni. Secondo MSF, la causa potrebbero essere stati agenti nervini come il sarin, gas antisommossa concentrato o anche pesticidi ad alta concentrazione. Inoltre, rapporti dell’opposizione indicano una puzza persistente durante l’attacco, suggerendo che potesse provenire dal “sarin da laboratorio” usato dai gruppi jihadisti (che si distingue dal sarin inodore di tipo militare) o da agenti improvvisati dai pesticidi.
Alcune prove propagandate dalla Casa Bianca di Obama sono alquanto discutibili. Un piccolo incidente a Beirut pone gravi domande. Il giorno dopo l’attacco chimico, faccendieri libanesi che lavorano per il “Muqbarat Amriqi” sono riusciti a convincere un siriano, che sosteneva di essere stato ferito durante l’attacco chimico, a cercare aiuto medico a Beirut in cambio di una bella cifra che potesse effettivamente cambiargli la vita. L’uomo fu messo in un’ambulanza e trasferito durante la notte all’ospedale Farhat di Jib Janine, Beirut. La Casa Bianca di Obama ha subito fatto trapelare ai mass media amici che “la Croce Rossa libanese aveva annunciato che, dai risultati dei test, aveva scoperto tracce di sarin nel suo sangue.” Tuttavia, questa notizia proveniva dall’intelligence libanese e dai funzionari della Croce Rossa. Secondo alti funzionari dell’intelligence, “il direttore operativo della Croce Rossa George Kettaneh disse che il ferito siriano era fuggito dall’ospedale prima che i medici potessero fare i test sulla presenza di gas tossici nel suo sangue.” A quanto pare, il paziente aveva dichiarato di essersi ripreso da una nausea e che non era più necessario un trattamento medico. Le forze di sicurezza libanesi sono ancora alla ricerca del paziente siriano e del suo onorario.
Il 24 agosto 2013, Commando siriani, agendo in base alle informazioni dell’intelligence sui possibili autori dell’attacco chimico, facevano irruzione in una rete di gallerie dei ribelli nel sobborgo di Damasco, Jubar. Contenitori di materiale tossico vennero danneggiati nel feroce scontro a fuoco, per cui diversi soldati siriani ebbero crisi di soffocamento e “alcuni feriti sono in condizioni critiche“. Il Commando infine sequestrava un deposito dell’opposizione contenente barili pieni di sostanze chimiche necessarie per la miscelazione “del sarin da laboratorio”, attrezzature da laboratorio, così come un gran numero di maschere antigas. Il Commando siriano catturava anche diversi ordigni esplosivi, proiettili di RPG e di mortaio. Lo stesso giorno, almeno quattro combattenti di Hezbollah che operavano a Damasco, presso Ghuta, furono colpiti da agenti chimici nello stesso momento in cui il Commando siriano veniva colpito durante il rastrellamento dei gruppi ribelli nelle gallerie di Jubar. Sia i siriani che le forze Hezbollah agivano sulla base delle informazioni dell’intelligence sui veri autori dell’attacco chimico. Damasco aveva detto a Mosca che le truppe siriane furono colpite da un qualche tipo di agente nervino, ed inviava in Russia campioni (sangue, tessuti e suolo) e le attrezzature catturate.
Diversi leader siriani, molti dei quali non sono sostenitori di Bashar al-Assad, se non suoi nemici giurati, sono ormai convinti che l’opposizione siriana sia responsabile dell’attacco chimico nella zona di Damasco, del 21 agosto 2013, al fine di spingere Stati Uniti ed alleati a bombardare la Siria di Assad. Più esplicito ed eloquente è Saleh Muslim, capo del Partito dell’Unione Democratica curda (PYD), che si batte contro il governo siriano. Muslim dubita che Assad abbia usato armi chimiche mentre sta vincendo la guerra civile. “Il regime siriano… ha armi chimiche, ma non li userebbe presso Damasco, a cinque km dal comitato [dell'ONU] che indaga sulle armi chimiche. Naturalmente non sono così stupidi da farlo”, ha detto Muslim alla Reuters, il 27 agosto 2013. Ritiene che l’attacco sia “finalizzato ad incastrare Assad e a provocare una reazione internazionale“. Muslim è convinto che “terze parti che vogliono incolpare il regime siriano, mostrandolo quale responsabile dell’azione“, siano i mandanti dell’attacco chimico. Gli Stati Uniti sfruttano l’attacco per promuovere la propria politica anti-Assad e se gli ispettori dell’ONU dovessero trovare la prova che i ribelli sono dietro l’attacco, allora “tutti dimenticheranno“, osserva Muslim. “Chi verrebbe punito? Puniranno l’emiro del Qatar o il re dell’Arabia Saudita, o il signor Erdogan di Turchia?“
E restano altre domande: data l’entità del coinvolgimento del “Muqabarat Amriqi” nelle attività dell’opposizione, come mai l’intelligence degli USA non sapeva in anticipo del previsto uso da parte dell’opposizione di armi chimiche a Damasco? Si tratta di un colossale fallimento. E se lo sapeva ed ha avvertito la Casa Bianca di Obama, perché poi questa s’è affrettata in modo bigotto ad accusare l’amministrazione Assad? Inoltre, come può l’amministrazione Obama continuare a sostenere e promuovere l’opposizione, che ha intenzionalmente ucciso 1.300 civili innocenti per provocare l’intervento militare degli Stati Uniti?
Yossef Bodansky, redattore di Defense and Foreign Affairs
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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora