
2) Ricondurre la traiettoria del debito verso un percorso di sostenibilità è assai difficile (se non impossibile), poiché, questo, si sta alimentando in maniera inerziale. Soprattutto in assenza di crescita robusta e di lungo periodo, che rischia di appare solamente nel libro dei sogni.
3) Il punto 2) è tanto più vero se si considera che, eccettuati gli ultimi 5 anni -nei quali l’Italia ha collezionato numeri degni di un vero e proprio disastro tipico di un bombardamento bellico-, nei precedenti 10 anni o forse più, nonostante condizioni macroeconomiche estremamente favorevoli a livello planetario e credito in abbondanza senza precedenti, l’Italia è cresciuta molto meno rispetto ai partner europei. Di certo non in sintonia con le proprie necessità e con l’ampiezza del debito pubblico, cresciuto, dal 2000 in poi, di oltre 700 miliardi di euro ( di cui 170 nell’ultimo anno e mezzo). E’ chiaro che al disastro di questa performance, non si è contrapposta una crescita adeguata del PIL, tale da comprimere il rapporto debito/PIL, confinandolo entro livelli meno allarmanti di quelli attuali. Infatti, se analizzassimo l’intero periodo, potremmo osservare che, eccezion fatta per gli anni 2004 e 2007 – nei quali il rapporto è stato di circa il 103%- in tutti gli altri è stato ben superiore, con l’esplosione avvenuta dall’anno 2008, fino a giungere agli attuali livelli che lo indicano al 130%. Inutile argomentare sul fatto che, l’esplosione del debito e conseguentemente del rapporto rispetto al PIL, è dovuta alla crisi in atto. E’ evidente.
5) Chiarito il punto 4) emerge che l’Italia, negli ultimi anni, ha perso una parte significativa del tessuto produttivo che, come noto, oltre ad essere generatore di ricchezza, è anche generatore di benessere sociale. Questo, prima di poter essere ricostituito -cosa che comunque avviene in anni e non in mesi- necessita quantomeno di condizioni migliori, e comunque esige la rimozione di tutte quelle criticità strutturali che ne hanno determinato la scomparsa. E qui la lista è tanto lunga al punto che si potrebbe andare avanti per giorni. Tutto ciò è stato reiteratamente discusso in questo sito.
6) Pensare che l’Italia, in queste condizioni, senza che alcuna riforma concreta sia stata compiuta, possa agganciare qualche astratta ripresa che si dovesse presentare, e che possa farlo creando le condizioni per riassorbire in tempi solleciti qualche milione di disoccupati in più rispetto a quel periodo di vacche grasse, generando così le condizioni per una nuova fase virtuosa e di benessere, è semplicemente delirante, oltre che criminale. E’ delirante per i motivi chiariti nei punti precedenti e in numerosi articoli ospitati in questo sito. E’ criminale perché tende ad offrire , ad un numero elevato di persone che cercano lavoro e che ballano quotidianamente con la povertà, l’illusione che tra qualche mese potranno essere riassorbite nel mondo del lavoro. Così non sarà.
7) Cosa accadrà? Difficile dirlo. Ma alla stato attuale, lo scenario più plausibile è che, con ogni probabilità, l’Italia, con tutto ciò che ne deriverebbe, dovrà fare ricorso al fondo salva stati che, congiuntamente alla BCE, acquisterà i titoli di stato. Magari, è oltretutto probabile che l’Italia accompagnerà la richiesta di aiuti con qualche patrimoniale in grande stile che, verosimilmente, si abbatterà sui soliti noti.
L’intervento della BCE e del fondo salva stati presupporrà un’ulteriore cessione di sovranità nazionale, mentre l’intervento della Troika imporrà misure di austerity ancor più invasive, e distruttive. In altre parole, assisteremo alla più grande rapina della storia umana, poiché le ricchezze di ogni individuo, nelle diverse forme possedute, o diminuiranno di valore (nel caso di immobili o di altri asset), o saranno destinate ad essere confiscate, nelle forme più fantasiose possibili, transitando nelle casse delle stato per poi finire in quelle dei creditori: banche, istituzioni finanziarie.
9) A quel punto, quando saranno rimaste ceneri e macerie, i governanti diranno che l’Italia è in bancarotta.