Colpo di scena: l’opposizione siriana passa ad al-Qaida
di Dmitrij Minin - 04/10/2013
Il 25 settembre è la data del colpo di scena in Siria. Le conseguenze possono influenzare l’ulteriore evolversi della situazione. I piani per inscenare una provocazione e coinvolgere l’occidente nel conflitto sono falliti, così l’opposizione ha gettato via il velo democratico e mostrato il suo vero volto. I tredici gruppi più efficienti hanno reciso i legami con la Coalizione nazionale siriana e l’Esercito libero siriano per formare una loro alleanza islamica. Jabhat-al-Nusra, un gruppo affiliato ad al-Qaida, è l’elemento centrale della nuova coalizione. Liwa al-Tawhid, Liwa al-Islam e Suqur al-Sham e un certo numero di gruppi più piccoli, si sono uniti alla nuova alleanza. Tutti ricevono assistenza militare dagli Stati Uniti. In una dichiarazione video di due minuti, chiamata ‘Comunicato n° 1′, hanno dichiarato che la Coalizione nazionale “non ci rappresenta, né vi ci riconosciamo”. Il gruppo ha chiesto “a tutti i gruppi militari e civili di unirsi nel chiaro contesto islamico basato sulla Sharia, l’unica fonte della legge”. Ha inoltre detto che i ribelli non avrebbero riconosciuto un qualsiasi futuro governo formato fuori dalla Siria, insistendo sul fatto che le forze che combattono nel Paese dovrebbero essere rappresentate da “coloro che hanno sofferto e preso parte ai sacrifici”. Secondo il Washington Post, l’alleanza islamista rappresenta il 75% di tutti i combattenti dell’opposizione (neppure il 15%, come ha detto John Kerry, né il 50% secondo il Jane’s intelligence), mentre “le speranze statunitensi di avere influenza sul litigioso movimento ribelle della Siria, sbiadiscono”.
Pochi giorni prima della formazione della nuova alleanza, attivisti e fonti militari avevano detto ad al-Jazeera che l’11° divisione, una delle più grandi brigate dell’esercito libero siriano, era passata al Fronte al-Nusra, nella provincia di Raqqah, confinante con la Turchia. Si svolse una parata militare per l’occasione, e le chiese cristiane ortodosse e armene furono profanate, icone e oggetti elativi bruciati mentre la bandiera di al-Qaida veniva issata. La notizia si era sparsa per la città. Gli abitanti cristiani, anche se pochi, così come i musulmani, sono scesi in piazza per protestare contro il sacrilegio, solo per essere picchiati e costretti a fuggire dai militanti. In realtà tutte le unità dell’ELS situate in prossimità delle due più grandi città, Damasco e Aleppo, hanno aderito agli islamisti. Nessun pezzo grosso anti-Assad è rimasto fuori dalla nuova alleanza, tranne lo Stato Islamico dell’Iraq e il Levante, o ISIS, rivale di al-Nusra nella lotta per diventare la forza dominante dei “guerrieri della jihad”. Secondo i rapporti, il 26 settembre ISIS ha fissato un termine di due giorni all’Esercito siriano libero per arrendersi, mentre esplodono le lotte intestine tra i militanti in Siria. E’ stato anche diffuso un manifesto che accusa l’Esercito libero siriano di essere sotto il comando dei mercenari della Blackwater, con esperienza acquista nel servizio militare attivo nelle forze armate israeliane. In questo modo l’Esercito libero siriano diventa irrilevante, un nulla in cui capi militari ben pagati, a spese dei contribuenti occidentali, non hanno alcun supporto sul posto. Alla notizia, il generale Salim Idris, che comanda l’ala militare della coalizione nota come Esercito libero siriano, ha sospeso la visita in Francia ed è tornato in Siria (in Siria? o in Turchia? NdT). Idris è a capo delle strutture cui passa l’aiuto occidentale, così la nuova alleanza ha sottolineato che non abbandona il Consiglio di Idris, ma solo la coalizione dell’opposizione politica in esilio. Ciò significa in realtà che a Idris è offerta la carica di consigliere militare dei gruppi islamisti. Ahmad Jarba, il capo dell’organizzazione chiave dell’opposizione, la Coalizione Nazionale siriana, ha denunciato gli estremisti che cercherebbero di “usurpare la nostra rivoluzione”, e ha accusato il regime di supportarli. Ha fatto tale osservazione con visibile angoscia, in un discorso a New York ai rappresentanti degli Amici della Siria, i sostenitori internazionali dei ribelli che cercano di rovesciare il Presidente Bashar al-Assad. “Il popolo siriano sostiene la pace e la moderazione, la tolleranza e la convivenza”, ha detto Jarba. “Il fenomeno dell’estremismo è apparso con il supporto e la pianificazione del regime, che ha scommesso sulla trasformazione di una rivoluzione per la libertà in una guerra civile settaria”, ha aggiunto. Suona strano! Non avendo mai lasciato le capitali occidentali, sembra vedersi come colui che pone la peggiore minaccia per Bashar Assad, di coloro che lo combattono sul campo di battaglia. Sembra quasi così!
Ci sono due facce della medaglia, allo stesso modo la trasformazione impetuosa può avere una doppia natura per Damasco. Può facilitare il dialogo con la parte responsabile della comunità internazionale, in grado di avere giudizio. Non c’è altro modo di conservare una qualsiasi influenza dell’opposizione laica, se non raggiungere un compromesso ragionevole con Bashar Assad nel quadro del processo di pace di Ginevra. Ma può aggravare la situazione provocando combattimenti ancora più feroci nel Paese. Si dovrebbe dare ad al-Qaida il dovuto, ma è difficile combatterla in Siria. Ad esempio, utilizza gli autisti come kamikaze e non solo a scopo d’intimidazione. È una procedura standard frequentemente usata per compiere le missioni in combattimento. Normalmente queste tattiche sono utilizzate per avere munizioni dall’obiettivo desiderato. Di regola, si tratta di un punto di controllo all’ingresso di una zona popolata o qualche altro obiettivo. Dopo l’esplosione i militanti si precipitano e iniziano un massacro. Ecco come la città cristiana di Malula è stata sequestrata. Secondo l’IHS Jane’s intelligence, la formazione di questa alleanza mina in modo significativo la Coalizione nazionale siriana (CNS) filo-occidentale e riduce la speranza di una fine negoziata del conflitto, data la capacità e l’intenzione dei jihadisti di combattere per uno Stato islamico. In realtà Damasco non ha nessuno con cui parlare a Ginevra. Si tratta della questione di “o la va o la spacca” per il governo di Assad, la cui caduta implicherebbe la distruzione di tutti i pilastri culturali dello Stato siriano. Date le circostanze, Washington ha iniziato a consegnare armi ai ribelli in Siria, dopo mesi di ritardo negli aiuti letali promessi dall’amministrazione Obama, secondo funzionari statunitensi e agenti siriani. Le spedizioni hanno cominciato ad arrivare nel Paese nel corso delle ultime due settimane, insieme con invii separati del dipartimento di Stato di veicoli e altre attrezzature, un flusso di materiale che segna la grande escalation del ruolo degli Stati Uniti nella guerra civile in Siria. I presunti alleati degli Stati Uniti sono apertamente passati alla jihad, per cui non è chiaro chi dovrebbe rappresentare l’opposizione alla conferenza di Ginevra-2. Questo è il guaio. La coalizione islamica ha già annunciato che non ha alcun interesse a parteciparvi.
Sorprendentemente appena un giorno prima che la formazione della potente alleanza di al-Qaida fosse annunciata, il presidente Obama aveva affrontato la sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite affermando che “al-Qaida si è frammentata in reti e milizie regionali, che non hanno effettuato un attacco come quello dell’11 settembre, ma ponendo una seria minaccia a governi, diplomatici, imprese e civili in tutto il mondo”. Si tratta di un esempio d’incompetenza o di egregie “sottigliezze” che Washington appare così confusa? La diplomazia statunitense è un puzzle. Sulle notizie circa i mutamenti dell’opposizione in Siria, nessuno del governo degli Stati Uniti ha fatto alcun annuncio sulla fine delle forniture militari in Siria. La doppiezza ufficiale di Washington è scioccante perché gli Stati Uniti indicano Jabhat al-Nusra come organizzazione terroristica. In senso stretto, i partecipanti delle “operazioni” di cui sopra, sono oggetto di inchieste penali secondo le leggi degli Stati Uniti, per aver fornito assistenza a qualcuno ufficialmente dichiarato nemico. Diversamente dalla sempre memorabile operazione “Iran-Contras” dei giorni di Ronald Reagan, questa volta nessuno si preoccupa neanche di coprire alcunché almeno con una foglia di fico. E’ uno Stato che si distingue per lo stato di diritto? Forse Richard Spencer del Daily Telegraph ha trovato un indizio nel comprendere questo strano atteggiamento. Dice che al popolo del Regno Unito è stato detto che i veterani jihadisti arriveranno dalla Siria (Somalia) per colpirlo. Ma il Regno Unito non è il bersaglio di una volta. Le sue forze armate sono tornate dall’Iraq, e l’operazione in Afghanistan sta per finire. È stato detto che i jihadisti avrebbero costantemente dovuto contribuire a creare scompiglio nelle zone musulmane del Caucaso russo: Cecenia, Inguscezia e Daghestan.
Da ora in poi, chiunque parli a Washington dei valori democratici da proteggere in Siria, la prosecuzione del sostegno alle forze dell’opposizione siriana significherà solo una cosa, un’alleanza minacciosa con al-Qaida, che esercita il controllo su oltre il 90 per cento dei militanti in Siria. Mai nella storia questo gruppo ha avuto un enorme esercito attivo. Decine di migliaia di combattenti costituiscono le sue fila. Come intende usare questo potere? È Richard Spencer ha ragione nel dire che l’odio irrazionale della Russia spinge certi ambienti di Washington ad incitare le bande di al-Qaida ad attaccare la Russia? Non è che si voglia crederci, ma i fatti sono qualcosa su cui difficilmente si può chiudere un occhio…
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora