Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Questo sarà un anno decisivo per la presenza americana nel Mediterraneo

Questo sarà un anno decisivo per la presenza americana nel Mediterraneo

di Antonio De Martini - 06/01/2014

Fonte: corrieredellacollera





Le leggerezze e l’improvvisazione statunitense che hanno trasformato la primavera araba in un inverno di fame e di morte nel Levante ( chiamata MENA area= Middle East and North Africa) stanno iniziando a provocare anche conseguenze di medio e lungo termine in campo geopolitico.
La conseguenza più appariscente è la ricerca egiziana di un nuovo equilibrio in campo internazionale con un riavvicinamento alla Russia, ma esistono anche i problemi nascenti dalla distruzione dei sogni geopolitici della Turchia e le inevitabili conseguenze della separazione consensuale tra Arabia Saudita e USA, tutte gravide di conseguenze durature.


Egitto

Il corpo degli ufficiali si è reso conto che alla dipendenza totale dalle forniture militari USA segue inevitabilmente la dipendenza dal sistema addestrativo negli Stati Uniti e quindi fatalmente influenza lo stesso modo di pensare della classe dirigente che in Egitto è e resterà quella militare per almeno un altro secolo.
I Fratelli Musulmani non stanno combattendo per salvare la democrazia, ma perché aspirano a seppellirla loro.
Questa nuova politica di “ritorno all’ovile” nasseriano sta iniziando da parte egiziana a produrre effetti, quali la ripresa del programma nucleare egiziano varato dal presidente Mubarak nel 2007 e che era stato messo da parte dal presidente Morsie l’interessamento russo a questa fornitura. Da parte statunitense, impossibilitati a premere energicamente sull’Egitto data la necessità di utilizzare il canale di Suez, pena la separazione tra la quinta e la sesta flotta USA, si registra un accresciuto interesse verso il Sudan che è il granaio dell’Egitto e rappresenta una utilissima base la cui parte nord del Sudan aspira a federarsi per i legami di lingua, religione, commercio e lavoro, oltre che per le acque del Nilo.
Come ebbe a dirmi un esponente di governo sudanese in privato, “il Sudan ha ereditato le sue frontiere dagli inglesi e non vi si sente vincolato. A sud se vogliono l’indipendenza la avranno, noi – col nord- vogliamo unirci all’Egitto perché siamo arabi. L’Africa nera non ci interessa più di tanto. La rendita petrolifera è assicurata da contratti di diritto privato e abbiamo un territorio grande come l’Europa”.
Questa prospettiva era già un incubo per Israele col governo Egiziano in buoni rapporti : un paese con cento milioni di abitanti che si affaccia sul Mediterraneo farebbe paura a tutti, ma a Israele in particolare. Ora che l’Egitto sta misurando le distanze con gli USA, la situazione si fa ancor più delicata.
Le pressioni che gli USA stanno facendo sul Sudan da sud rischiano di affrettare la spinta verso l’unità dei due paesi arabi e sarebbero un errore ancor più madornale. L’equilibrio geopolitico del Nord Africa ne sarebbe talmente sovvertito da far rimpiangere i bei tempi in cui trattavano con Gheddafi.
Una potenza demografica come un Egitto da 100 milioni di abitanti guarderebbe famelico ai due ricchi e deboli vicini: la Libia e l’Arabia Saudita che dispongono di quel che manca agli egiziani: la rendita petrolifera.
Una maggiore indipendenza egiziana dagli USA corrisponderebbe una maggiore indipendenza di tutto il mondo arabo ed un rischio aumentato per Israele.


Turchia

Le mire egemoniche della Turchia sull’area detta della “mezzaluna fertile” ( Siria, Libano, Irak,) si sono infrante sul fronte siriano e curdo, i suoi progetti di negoziato con la UE sulle rivolte studentesche che ne hanno mostrato il volto repressivo e i buoni rapporti con l’Iran sacrificati sull’altare del rapporto privilegiato con gli USA, danneggiato prima dalle critiche all’attacco alla Libia e naufragato poi per il rifiuto di attaccare la Siria che a sua volta ha armato anche i curdi siriani e reso insostenibile la posizione dell’Esercito turco già alle prese con uno scontro ventennale coi curdi irakeni e con le purghe politiche inflitte da Erdogan timoroso di un golpe (300 ufficiali condannati in un maxi processo).
Anche la politica di protezione dei palestinesi ha visto il suo limite nello scontro navale della MAVI MARMARA e la crisi israeliana che ha rotto una collaborazione militare di parecchi lustri e che ha fruttato la creazione di un accordo di assistenza militare Cipro-Israele.
In questa situazione che ricorda la storia della rana che si voleva ingrandire, l’Esercito ha rialzato la testa ed ha presentato un ricorso alla magistratura contro la condanna dei trecento ufficiali prendendo una inedita posizione antigovernativa, forte dell’appoggio del Bazar (i commercianti penalizzati dal ristagno economico di un paese che si era abituato ad una crescita del 6/7 % annuo nello scorso ventennio).
Anche in questo caso, la via di uscita sembra essere una ostpolitik verso la Russia e l’Iran che hanno il petrolio e i mercati (dei paesi turcofoni) necessari alla ripresa.
Al possibile restringimento (secondo le leggi internazionali) della libertà di navigazione per le navi da guerra americane nel canale di Suez, potrebbe abbinarsi una aumentata liberta russa nei Dardanelli, al punto che la Russia ha chiesto a Cipro (membro UE e ospitante una base aerea e di intelligence NATO) una base navale oltre a quella di Tartous che già ha in Siria.


Arabia Saudita

La annunziata separazione tra la politica estera Saudita e quella americana, sembra la classica separazione consensuale tra coniugi italiani per non pagare l’IMU sulla seconda casa.
In questo modo i sauditi hanno mano libera per colpire gli interessi russi nel Caucaso – come hanno iniziato a fare - senza che la responsabilità possa risalire al governo americano che invece attacca sul fronte dei ” diritti civili” che sostanzialmente consistono finora nel reclamare la libertà di fare propaganda omosessuale sui minorenni in Russia, mentre negli USA si perseguitano i contatti eterosessuali con minorenni di diciassette anni e dopo quaranta anni si spiccano mandati di cattura internazionali nei confronti di un regista ormai ultrasettantenne che abusò di una disinibita minorenne.
L’obiettivo politico saudo-americano è saldare le istanze nazionaliste caucasiche con l’islamismo fanatico per ottenere una miscela esplosiva che polarizzi l’attenzione Russa come l’Afganistan ha accecato gli USA. Il secondo obbiettivo saudita è di politica interna: la fazione che guida la guerra – di questo si tratta – cerca di acquisire potere interno in vista della successione al re e i colpi di scena e di palazzo sono all’ordine del giorno (un sottosegretario estraneo alla famiglia reale è stato nominato saltando il Primo ministro” che si opponeva. Roba che nemmeno in Italia…).
Nessuna meraviglia quindi che i frutti avvelenati di questo subappalto colpiscano anche il Libano dove alcuni attentati orditi dai rispettivi servizi segreti mirano a coinvolgere il paese nel conflitto siriano, mentre la popolazione rimane calma, ostile ed estranea a queste trame.
Gli scontri si limitano all’area di Tripoli, sono tradizionali e semi tribali.
Se a questa situazione mediterranea si aggiunge la nuova posizione decisamente pacifista del Pontefice ed il riavvicinamento tra cattolici e ortodossi, risulta evidente che il 2014 sarà un anno che gli USA vivranno – e ci faranno vivere- pericolosamente.