Perché Berlino s’attiva per l’oligarca russo Khodorkovskij
di Peter Schwarz - 06/01/2014
Il rilascio dal carcere dell’oligarca russo Mikhail Khodorkovskoij è stato celebrato come un grande successo della politica estera tedesca. Dopo il suo rilascio da una prigione russa poco prima di Natale, Khodorkovskij è volato direttamente a Berlino, dove è stato accolto all’aeroporto dall’ex-ministro degli esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher. Come si è scoperto, in anni di negoziati segreti, Genscher aveva cercato intensamente la liberazione dell’oligarca e due volte aveva incontrato il presidente russo Vladimir Putin, in stretta consultazione con la cancelliera tedesca Angela Merkel. L’esperto di Russia Alexander Rahr, che ha assistito Genscher, ha descritto il rilascio di Khodorkovskij sul settimanale Der Spiegel come “un trionfo della diplomazia segreta tedesca“. Ha dimostrato che “la Germania ha ancora di canali di comunicazione a Mosca che statunitensi e inglesi non hanno.” Il termine “diplomazia segreta” è di per sé sospetta. Dalla prima guerra mondiale non è vista di buon occhio, perché gli accordi segreti tra le grandi potenze avevano contribuito significativamente allo scoppio della guerra. Fu poi completamente screditato dal patto Hitler-Stalin del 1939, con le sue clausole segrete riguardanti la spartizione della Polonia. Rahr è considerato come il più noto esperto di Russia in Germania, consigliando sia il governo che le aziende industriali. La sua menzione di “diplomazia segreta” solleva la questione di quali accordi segreti siano legati al rilascio di Khodorkovskij e quali siano gli obiettivi di Berlino.
Il coinvolgimento di Genscher dimostra che obiettivi importanti sono in gioco. L’86.enne politico del Partito Liberale Democratico (FDP) è un peso massimo. Ha appartenuto ad ogni governo tedesco tra il 1969 e il 1992, prima per cinque anni come ministro degli Interni e poi per 18 anni come ministro degli Esteri. Fu coinvolto in tutte le decisioni politiche fondamentali del tempo, in particolare la dissoluzione del Patto di Varsavia e la riunificazione tedesca nel 1989-90. Il resoconto di Genscher del rilascio per motivi puramente umanitari non è credibile. Ci sono decine di migliaia di prigionieri politici in tutto il mondo che hanno di gran lunga migliori motivi umanitari per giustificarne il rilascio che non Khodorkovskij. Mentre può essere vero che l’uomo più ricco della Russia sia finito dietro le sbarre perché ha infastidito Putin e la sua cerchia di potere, non merita di essere un martire della democrazia. Khodorkovskij, ora 50enne, fa parte di quel club esclusivo di oligarchi che, dopo il crollo dell’URSS, utilizzò la propria posizione nella Lega della Gioventù Comunista per arricchirsi con rapine, frodi e speculazioni, acquistando proprietà precedentemente nazionalizzate. Hanno lasciato non solo un deserto sociale, ma anche molti cadaveri.
Una volta che le autorità giudiziarie furono lasciate libere nei confronti di Khodorkovskij, non fu difficile trovare le prove per condannarlo. Nel settembre 2011, anche la Corte europea dei diritti dell’uomo approvò le azioni delle autorità russe contro la compagnia petrolifera Jukos di Khodorkovskij. La sua condanna era al massimo “ingiusta”, perché gli altri oligarchi che perpetrarono crimini simili non furono incriminati. Ciò che rende Khodorkovskij interessante per i politici tedeschi è il suo impegno assoluto al saccheggio della ricchezza sociale. “La nostra bussola è il profitto, il nostro idolo è Sua Maestà il capitale“, è il suo così citato credo dal 1993. Per Khodorkovskij, libertà significa innanzitutto libertà incondizionata del mercato, come l’apertura della Russia al capitale occidentale. Questo lo mise in conflitto con Putin, che protegge anche la ricchezza degli oligarchi russi, ma vuole uno Stato-nazione russo forte e che agisca a livello internazionale da grande potenza, fondamentale per un capitalismo russo operativo.
Probabilmente la ragione più importante per l’arresto di Khodorkovskij nell’autunno del 2003, furono i suoi tentativi di vendere il 50 per cento della compagnia petrolifera Jukos alle imprese statunitensi Exxon e Chevron. Per il Cremlino, era inaccettabile. Dopo la condanna di Khodorkovskij, Jukos fu smembrata e incorporata nella compagnia petrolifera statale Rosneft, che controlla anche il monopolio del gas Gazprom, oggi la più grande azienda energetica del mondo. Il ruolo strategico del petrolio e del gas è cambiato negli ultimi dieci anni. I nuovi metodi di estrazione, come la perforazione in acque profonde e il fracking, hanno svelato nuovi depositi mondiali, minando la posizione della Russia di esportatore d’energia. Putin quindi ha ricercato nuovi modi per rafforzare la posizione della Russia. Il piano principale del suo terzo mandato da presidente è costruire l’Unione eurasiatica, modellata sull’Unione europea e che includerebbe gran parte dell’ex-Unione Sovietica ed altri Paesi. Prima delle elezioni presidenziali, Putin presentò il progetto in un articolo dettagliato sulle Izvestija del 3 ottobre 2011. Sottolineò che l’Unione eurasiatica non “comporta per nulla il rilancio dell’Unione Sovietica… Sarebbe ingenuo cercare di far rivivere o emulare qualcosa che è stato consegnato alla storia.” Putin scrisse che l’Unione eurasiatica promette di rafforzare la posizione globale della Russia: “Si consiglia una potente associazione sovranazionale in grado di diventare uno dei poli del mondo moderno e fungere da efficace ponte tra l’Europa e la dinamica regione Asia-Pacifico“. Allo stesso tempo, negò che il progetto fosse diretto contro l’Unione europea. Piuttosto, l’Unione eurasiatica dovrebbe “dialogare con l’UE.” L’obiettivo è “una comunità armonizzata economicamente che si estenda da Lisbona a Vladivostok.” La partnership tra le organizzazioni europee ed eurasiatica “muterebbe rapidamente la configurazione geopolitica e geoeconomica del continente, nel suo complesso, con un effetto globale garantito.“
L’articolo di Putin inquietò Stati Uniti ed Europa. Non c’era quasi importante quotidiano o think tank che non l’avesse commentato in dettaglio. In particolare, i governi tedesco e statunitense conclusero che la loro strategia di sottomettere gran parte dell’ex Unione Sovietica al loro controllo economico e politico, d’isolare la Russia e rafforzare la loro influenza nella strategicamente importante Asia Centrale, era a rischio. Anche Pechino reagì nervosamente. Vide l’incursione di Putin come un progetto rivale della Shanghai Cooperation Organization, che ha lo scopo di rafforzare la posizione della Cina in Asia centrale. Il think tank statunitense di destra Heritage Foundation avvertì: “l’Unione Eurasiatica della Russia potrebbe mettere in pericolo gli interessi degli Stati Uniti e dei confinanti“, consigliando agli Stati Uniti e ai loro alleati in Europa e in Asia, “di bilanciare l’offensiva geopolitica russa e proteggere gli interessi statunitensi e occidentali“. In una conferenza stampa a Dublino nel dicembre 2012, l’allora segretaria di Stato Hillary Clinton chiaramente indicò che gli Stati Uniti non tolleravano il progetto di Putin. È un “ritorno alla sovietizzazione della regione“, disse parlando dell’Unione eurasiatica. “Non inganniamoci. Sappiamo qual è l’obiettivo, cerchiamo di capire i modi efficaci per rallentarlo o impedirlo”. L’UE e la Germania cercano di trascinare le ex-repubbliche sovietiche sotto il loro “partenariato orientale.” Questo progetto ha lo scopo di avvicinare Ucraina, Moldavia, Bielorussia, Georgia e Armenia all’Unione europea. L’Unione europea esclude esplicitamente l’adesione simultanea all’Unione eurasiatica e al partenariato orientale.
Il conflitto s’è intensificato lo scorso novembre, quando all’ultimo minuto il governo ucraino s’è rifiutato di firmare l’accordo di associazione con l’UE. L’accordo con l’UE avrebbe comportato massicci tagli alle pensioni e alla spesa sociale, così come aumenti dei prezzi del gas per i privati, facendo temere al governo che non sarebbe sopravvissuto politicamente. D’altra parte, la Russia offriva prestiti al Paese quasi in bancarotta e sconti sui prezzi del gas per circa 20 miliardi di dollari USA. L’UE e gli USA risposero massicciamente sostenendo le proteste pro-europee contro il Presidente Viktor Janukovich e il suo governo. Il partito Udar del pugile professionista Vitalij Klishko, portavoce dell’opposizione, è sponsorizzato e addestrato dalla Konrad Adenauer Foundation dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU) di Angela Merkel. Non dicono nulla quando Klishko è regolarmente a fianco del fascista Oleg Tjagnibok dall’Associazione pan-ucraina Svoboda. Finora, l’opposizione non è riuscita a costringere il governo e il presidente, che hanno un notevole supporto nella parte orientale dell’Ucraina, a dimettersi. Ma continuano le dimostrazioni con il supporto occidentale, segnalando al Cremlino di essere disposti a dividere il Paese che dovrebbe unirsi all’unione di Putin. Senza i 45 milioni di abitanti dell’Ucraina, la più grande repubblica ex-sovietica dopo la Russia, l’Unione eurasiatica sarebbe una organizzazione squilibrata. E’ in tale contesto che la liberazione di Khodorkovskij deve essere vista. Dalla riunificazione tedesca di 23 anni fa, il governo tedesco ha sistematicamente lavorato per prendere piede in Europa orientale e nell’ex-Unione Sovietica. In ciò, Berlino segue la tradizionale spinta dell’imperialismo tedesco, che nella prima e soprattutto la seconda guerra mondiale aveva conquistato l’Ucraina e parti della Russia.
Berlino non ha mai escluso la possibilità di cooperare con Putin, a patto che lo faccia alle sue condizioni. Il cancelliere Gerhard Schroeder (Partito Socialdemocratico, SPD) è amico personale del presidente russo, e lo ha attestato come “perfetto democratico.” Adesso Berlino vede una nuova opportunità di gestire gli accordi con Putin nei suoi termini. Mentre in Ucraina sostiene e organizza le proteste anti-russe, Berlino spera simultaneamente in una maggiore apertura della Russia al capitale tedesco. Così Alexander Rahr, assistente di Genscher nei negoziati, interpreta la liberazione di Khodorkovskij. “Se ci sono politici che possono influenzare Putin, vi è il cancelliere e gli ex-pianificatori della ostpolitik tedesca“, ha scritto il 2 gennaio su Die Welt. “Il fatto che Khodorkovskij è volato in Germania dopo il perdono, dimostra che Putin cerca un riavvicinamento con l’occidente via di Berlino.”
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora