La nuova strategia USA in Siria: avrà successo?
di Igor Pankratenko - 16/02/2014

La precedente strategia della Casa Bianca in Siria è in un vicolo cieco. L’opposizione si è trasformata in una “banda di complici disordinati”. Gli “islamisti” uccidono i “laici”, le bande di anarchici e tagliagole locali ritengono che la lotta contro la “dittatura sanguinaria” sia saccheggiare, violentare e criminalità. Le contraddizioni sono abilmente utilizzate dalle forze governative, che passo dopo passo spazzano via gli islamisti. La popolarità di Bashar Assad è in costante crescita in Siria e negli Stati confinanti. Lo stesso vale per l’opposizione anti-siriana. In nessuna delle decine di dichiarazioni e protocolli, ufficiali e segreti, Stati Uniti, Qatar, Arabia Saudita e Turchia sono riusciti a prendere una decisione definitiva su quale gruppo d’opposizione dovrebbero sostenere, lasciandoli tutti da soli. Si nutrono le rivalità tra le bande armate e si armano coloro il cui sponsor è più generoso in quel momento. Non c’è nessun coordinamento nei combattimenti. I gruppi islamici che agiscono seguendo slogan islamisti guadagnano terreno eliminando gli altri militanti, ostacolando l’assistenza militare. Dopo tutto, è un compito arduo per l’occidente spiegare perché i “combattenti per la democrazia” tagliano teste e mangiano carne umana di fronte alle telecamere. Tutto ciò non porta ad alcuna possibilità di rovesciare il governo legale e a portare al potere le forze filo-occidentali, promuovendo la creazione del Grande Medio Oriente (per raggiungere tale obiettivo la guerra civile è stata innescata e l’intervento jihadista supportato). L’argomento principale di Obama e Kerry, “siamo riusciti a rimuovere le armi chimiche siriane” non vale nulla per falchi e attivisti della coalizione anti-Siria di Washington, che non se ne preoccupano. La coalizione affronta un ostacolo importante ai suoi obiettivi e non è l’improduttiva conferenza di Ginevra, ma piuttosto lo stesso Obama con le sue indecisioni ed ambiguità. C’è un nuovo modo di opporsi al regime siriano elaborato dai falchi. Questo modo, in linee generali, appare in primo luogo basarsi sui finanziamenti dell’Arabia Saudita. In secondo luogo, con Londra che impone il controllo militare dell’opposizione, compresi gli islamisti. Le SAS inglesi hanno fatto un ottimo lavoro in Libia. In terzo luogo, prendendo una decisione definitiva su quale gruppo debba rivolgersi principalmente l’aiuto. È un piano piuttosto coerente, ma presenta uno svantaggio: è illegale per la comunità mondiale e l’opinione pubblica occidentale, per usare un eufemismo. L’amministrazione degli Stati Uniti dovrebbe ovviare a tale punto debole con l’aiuto del “concetto siriano”. E’ tutto chiaro, il vincitore del premio Nobel per la pace non si sporcherà, soltanto aiuterà il popolo siriano a sopravvivere al disastro umanitario, e nessun intervento è previsto… Ma si deve rincarare la storia del disastro umanitario per renderla credibile. António Guterres, alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite, ha già dichiarato che il conflitto in Siria ha provocato la peggiore crisi dal genocidio ruandese del 1994, “Non vedevamo un’escalation così spaventosa del flusso di rifugiati dal genocidio ruandese di quasi 20 anni fa”, ha detto Guterres al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma è solo l’inizio, una “crisi umanitaria” non è così spettrale come la minaccia di atti terroristici su suolo europeo e statunitense, la cosa che conta; è l’argomento decisivo che fa impallidire tutto il resto.
Il 29 gennaio, al comitato per l’intelligence del Senato degli USA, James Clapper, a capo della National Intelligence, ha detto che la Siria è un focolaio dei “gruppi di al-Qaida”, “la Siria è diventata un luogo importante per gruppi indipendenti o legati ad al-Qaida che vi reclutano, addestrano ed equipaggiano un numero crescente di estremisti, alcuni dei quali possono condurre attacchi all’estero”. Secondo lui, “In Siria, i terroristi vengono addestrati a rientrare negli Stati Uniti e compiervi attentati”. Inoltre, “riteniamo che alcuni elementi del programma di guerra biologica della Siria sarebbero avanzati oltre la ricerca e lo sviluppo, che potrebbe avviare una produzione limitata di agenti, grazie alla lunga durata del suo programma”, ha affermato Clapper. Tre giorni dopo, 15 senatori degli Stati Uniti si univano a John Kerry durante l’annuale manifestazione sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Lindsey Graham ha suggerito che i santuari di al-Qaida in Siria siano attaccati con i droni. John McCain ha chiesto una no-fly zone sulla Siria per la de-escalation del conflitto, “Nel frattempo, i combattenti per la libertà hanno solo armi leggere”, continuava. “É una lotta impari. Quindi ciò che vogliamo è l’imposizione di una no-fly zone. Possiamo occupare le loro rotte e negargli il potere aereo con le batterie di missili Patriot presso la no-fly zone e fornirgli le armi di cui hanno veramente bisogno. Gli AK-47 non fanno nulla ai carri armati. Hanno bisogno di armi anticarro e antiaerei. Questo è ciò che intendo per leadership americana”. Lindsey Graham, che ha definito Israele “il nostro migliore alleato in Medio Oriente e probabilmente nel mondo”, ha detto, “I nostri amici in Israele sono sempre più circondati da regimi sempre più radicali che fanno l’inferno per avere le armi più pericolose”. Ha aggiunto: “se non interveniamo in modo decisivo a fermare il massacro in Siria e porre fine a questo conflitto il più rapidamente possibile, travolgerà l’intera regione”. Due giorni dopo, un articolo del Washington Post supportava ciò dicendo: “Con o senza l’azione delle Nazioni Unite, è il momento per l’amministrazione Obama di riconsiderare come poter affrontare i crimini del regime e la crescente minaccia di al-Qaida. Come avrebbe riconosciuto Kerry, che per ora non ha risposte”.
Il meccanismo di attuazione della nuova strategia siriana degli Stati Uniti è stato lanciato. Nessuno è più interessato al risultato di Ginevra 2.1 o conseguenti vertici. L’escalation in Siria entra in una nuova fase. Washington, Londra e Riyad credono di farcela…
La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora