In questi giorni i media occidentali sono tornati a parlare di Russia con la stessa (drammatica) enfasi con cui se ne parlava negli anni 80, quando ancora al Cremlino sventolava la bandiera rossa e quando l’est era sinonimo del “male” del mondo. Guarda caso poi, di mezzo c’era un’Olimpiade russa, proprio come oggi: Mosca 1980 e Sochi 2014, hanno in comune il fatto di rappresentare, da un lato, un’occasione di rilancio di immagine del paese, dall’altro un’arma in mano all’occidente usata a suon di boicottaggi e ridimensionamento della enorme mole di lavoro messa in campo dal Cremlino. Proprio su Sochi, vi era una delle preoccupazioni maggiori inerenti la spina nel fianco che più agita, dal 1991 in poi, le acque della Moscova, ossia la questione cecena.
Per capire come mai il Caucaso e la Cecenia in particolare, sia uno degli elementi che rende insonni le notti del Cremlino, bisogna ricordare l’aneddoto rivelato dalle fonti diplomatiche russe questa estate: in piena prospettiva di attacco USA alla Siria, quando oramai Putin stava per incassare il primo grande successo diplomatico di un certo rilievo storico, Khalid bin Sultan, il leader dei servizi segreti sauditi, in visita a Mosca prometteva alla Russia di “salvare” i giochi in cambio del ritiro del decisivo appoggio del governo di Putin ad Assad.
Proposta rifiutata da Putin ovviamente e per fortuna a Sochi si è potuto comunque gareggiare senza l’eco delle bombe, ma l’episodio sopra raccontato, dimostra come il fondamentalismo ceceno sia alimentato dall’esterno ed usato come merce di scambio nel tentativo di ricattare il governo russo. A cosa alludeva infatti Khalid bin Sultan? Il riferimento era proprio alle cellule fondamentaliste presenti in Cecenia e nel Caucaso in generale, da molti sospettate di essere armate principalmente dall’Arabia Saudita e scagliate contro Mosca quando il governo russo incalza o mette in discussione determinati interessi.
Del resto, se da un lato il territorio della federazione russa risulta essere vasto ed immenso, dall’altro però bisogna registrare un alto grado di pacifica convivenza tra le varie entità che lo compongono, eccezion fatta proprio per il Caucaso, in cui il mosaico etnico di cui è composto spesso rischia di saltare e di rovinare fragili e delicati equilibri, trascinando con se tutta una vasta gamma di reazioni a catena, che penetrano anche nel cuore del potere russo. Quindi, ecco come mai alimentare e controllare soprattutto le milizie cecene, vuol dire, per molti di coloro che oggi adesso parlano di “necessità di isolamento della Russia” per via della crisi ucraina, avere tra le mani uno degli ultimi cerini che possono far detonare la rinascita economica, sociale e politica della federazione.
Il terrorismo ceceno quindi, come arma di provocazione verso il Cremlino; la storia parla chiaro. Non è un caso, che il primo grave attentato di matrice cecena arriva nel 2002, anno in cui le intenzioni di Putin iniziavano ad essere chiare: stop alla Russia frammentata e spartita tra gli oligarchi, disco verde invece al sentimento di rinascita nazionale. Era la sera del 23 ottobre 2002, in un teatro della periferia di Mosca, il “Dubrovka”, circa un migliaio di persone assistevano tranquillamente ad uno spettacolo, quando nell’intervallo un commando armato ceceno fa irruzione e dà il via al sequestro degli spettatori. Un’azione tanto fulminea, quanto aberrante nei dettagli, basti pensare che alcuni terroristi hanno costretto gli spettatori a sistemare le bombe pronte ad essere detonate, ostaggi quindi obbligati di fatto a scavarsi la fossa da soli. Quel sequestro, si concludeva alle prime luci dell’alba del 26 ottobre in maniera drammatica: i ceceni erano pronti a farsi saltare in aria al primo sentore di intervento delle forze di sicurezza russe, così l’esercito aveva deciso di diffondere, tramite il condotto d’areazione del teatro, una sostanza ancora oggi sconosciuta che ha stordito e fatto addormentare tutti coloro che erano all’interno della sala. E’ stato quindi facile per gli uomini della brigata Alpha entrare ed uccidere i terroristi, purtroppo però anche 129 ostaggi rimangono storditi dal gas e non riescono a mettersi in salvo.
Stesse scene due anni più tardi a Beslan: questa volta, è stata presa di mira una scuola, colpendo quindi direttamente innocenti bambini e rendendo il crimine ancora più odioso. In quel tragico 3 settembre del 2004, saranno 386 le vittime, alcune causate anche da una certa disorganizzazione del blitz, reso ancora più difficile dai ceceni rispetto a quello della Dubrovka. Provocazioni su provocazioni quindi ed i ceceni hanno rappresentato, ed in parte ancora rappresentano, il ramo militare/terroristico del piano di destabilizzazione della Russia. Piano che prevede anche il ramo politico, rappresentato invece dal ribaltamento dei governi nei paesi tradizionalmente vicini a Mosca, non a caso il periodo delle rivoluzioni colorate in Georgia, Ucraina e Kirghizistan va di pari passo, tra il 2003 ed il 2005, all’escalation del terrorismo ceceno.
Oggi il copione è tragicamente uguale: lo spettacolo messo in scena dalle cancellerie occidentali e dai complici sauditi, con il sostegno dei media, ha la stessa tragicomica radice di quello di dieci anni fa. Da un lato, la minaccia cecena alle Olimpiadi di Sochi, resa ancora più concreta dalle bombe di Volgograd di dicembre, dall’altro la farsa della “rivoluzione” ucraina, che ha installato un governo zerbino a Kiev, presieduto guarda caso da quel Arseniy Yatsenyuk che risultava essere il più “gradito” dalla diplomazia USA, così come si evince nella famosa telefonata intercettata in cui Victoria Nuland, stretta collaboratrice di Obama, conclude la conversazione con “Fuck the EU”.
Ma la Russia di oggi, non è quella di dieci anni fa, così come l’opinione pubblica odierna sembra essere maggiormente in grado di capire, rispetto allo scorso decennio, quel che realmente sta accadendo nell’ex impero sovietico. Dunque, le ennesime provocazioni terroristiche e politiche verso Mosca, non è detto che siano destinate ad avere successo; la Russia ha mezzi e competenze per rispondere, lo spettacolo teatrale messo in atto dall’occidente, potrebbe rilevarsi un clamoroso boomerang per i fautori del mundialismo a stelle e strisce.