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Il totalitarismo dei sostenitori OGM

di Gaulliste Libre - 22/05/2014

Fonte: Effedieffe


Dopo la sconfitta del referendum californiano che voleva imporre l’etichettatura dei prodotti contenenti OGM, ora è il turno del Vermont ad occuparsi delle etichette. Un’eventualità che suscita l’opposizione senza mezzi termini da parte del The Economist, cosa che la dice lunga sui difensori degli OGM.

OGM: un dibattito che sembra impossibile


Il The Economist non rinuncia ad un solo argomento, per quanto disonesto ed esagerato possa essere, per criticare la probabile decisione del Vermont. Nella vignetta che accompagna l’articolo si vedono degli hippies dai lunghi capelli che applicano ad una carota un’enorme etichetta con scritto “PERICOLO, CIBO OGM”. Subito sotto, sull’Economist, scrivono che ogni anno, nel mondo, muoiono 3 milioni di persone per malnutrizione, mentre non una sola per gli OGM. Monsanto e Syngenta non avrebbero potuto fare di meglio.

Dopo aver riportato come il 90% dei consumatori sia favorevole all’etichettatura, il The Economist conclude lamentandosi che “le persone che nel mondo patiscono la fame purtroppo non ci saranno a votare nel Vermont”.

Per il The Economist non ci sono dubbi: gli  OGM rappresentano senza dubbio il progresso e vanno difesi fino al punto di impedire che i consumatori siano informati della loro presenza nei prodotti che acquistano! Questo atteggiamento del The Economist, che difende l’occultamento, è profondamente illiberale ed è portato avanti con la scusa che se passeranno le leggi sull’etichettatura “le aziende dovranno separare gli ingredienti OGM da quelli non-OGM, interferendo con lintero ciclo degli approvvigionamenti e con un conseguente aumento dei prezzi a livello mondiale.

A parte che non è assolutamente chiaro perché e di quanto i prezzi dovrebbero aumentare, quanto sopra è soprattutto indicativo della volontà di impedire la trasparenza.

Il rifiuto della trasparenza

C’è qualcosa di veramente malsano nel ragionamento del The Economist.  Con l’arroganza di chi pretende di possedere la verità assoluta, il calendario delle élite mondiali prevede la messa tra parentesi della democrazia. Si tratta comunque di un ragionamento che soffre di due vizi: il primo è che esistono degli studi scientifici che indicano come gli  OGM presentino dei rischi. Qualsiasi cosa si pensi della ricerca di Séralini, non c’è uno fra quelli che lo hanno criticato che abbia potuto sconfessare i suoi risultati, tanto che le accuse mosse agli OGM dallo studioso non sono state rimesse in discussione. Soprattutto, non si vede in nome di cosa si dovrebbe rifiutare ai consumatori l’informazione su ciò che consumano.

Questo comportamento totalitario da parte dei sostenitori degli OGM spiega da solo il clima di tensione che circonda oggi il dibattito sul tema. Se questi strenui sostenitori accettassero la trasparenza e rendessero disponibili le ricerche scientifiche prodotte da organismi indipendenti – e non legati a quelle aziende che li commercializzano – ci sarebbe senza dubbio meno diffidenza. Non ci dimentichiamo infatti che gli OGM rappresentano per i produttori una macchina da soldi che fornisce loro – Monsanto in primis – una grande influenza.  Da cui nasce, senza dubbio, il rifiuto – da parte di molte ONG e di Greenpeace in particolare – del famoso riso dorato, un riso arricchito di vitamina A, la cui carenza causerebbe ogni anno la morte di 2 milioni di persone.

Quando parlando di prodotti che fanno le fortune miliardarie delle multinazionali che li producono, da una parte si rifiuta la trasparenza e dall’altra si prendono posizioni assolutiste, la diffidenza è semplicemente naturale. Forse il The Economist non è meno dogmatico delle persone con le quali se la prende... solo che queste ultime reclamano la trasparenza.

Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Massimo Frulla