Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Al Bano & soci sotto l’occhiuta “vigilanza” del Pd

Al Bano & soci sotto l’occhiuta “vigilanza” del Pd

di Enrico Galoppini - 15/09/2014

Fonte: Arianna editrice


 


“Viene da domandarsi se ci sia qualcuno che verifica i palinsesti della Rai”, hanno dichiarato tre membri del Pd della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai dopo la replica, in prima serata su Rai Uno (il 5 settembre), di un concerto moscovita che vedeva protagonisti Al Bano ed altri ‘mostri sacri’ della canzone italiana degli anni Settanta-Ottanta.

Leggere per credere dove possa arrivare lo zelo e la cortigianeria di questi “democratici”, ma soprattutto la motivazione addotta: il mancato “rispetto dei morti” in Ucraina (ovviamente tutti sul conto del Cremlino) e lo smaccato carattere “filo-russo” della kermesse canora, conclusasi con un indigeribile (per costoro) “viva la Russia!”.

A proposito di palinsesti, chissà quante volte mi sono posto lo stesso amletico quesito quando ho constatato che vengono replicate ininterrottamente, da decenni, alcune serie televisive americane, ad ogni ora del giorno. Non parliamo poi dei film, tanto che uno potrebbe pensare che esista al mondo solo il cinema americano.

Le trasmissioni cosiddette d’intrattenimento, che in massima parte sono la versione per italioti di “format” americani, sono poi intrise di stili ed atteggiamenti provenienti d’Oltreoceano (si pensi ai “giochi a premi”, fin dai tempi di Mike Bongiorno, che mica a caso era arrivato coi “liberatori”), mentre per quanto riguarda la “cultura” e la “storia” stendiamo un velo pietoso: tutto trova una giustificazione da parte di conduttori e “autorevoli studiosi”, comprese le bombe atomiche su città densamente abitate!

Nell’Italia degli eterni “sciuscià”, ogni cosa col bollino a stelle e strisce diventa “mito” e “leggenda”: da Roosevelt a Kennedy, dal Far West allo sbarco dei Marines.

Se muore Robin Williams è un nostro dramma nazionale su cui piangere a dirotto, incessantemente riproposto da notiziari i cui contenuti filo-americani al 100% non fanno insorgere mai alcun dubbio ai suddetti “vigilanti”.

Ma anche Marylin e Audrey Hepburn con le “Vacanze romane”, George Clooney “divo di Stato” assegnato all’Italia, l’orrenda ed inquietante Statua della libertà, i “ranger” e il parco di Yellowstone di Yoghi e Bubu, “New York New York” e Liza Minnelli, ripropinata milioni di volte nei “varietà” come se si trattasse d’un mantra catartico. Un bombardamento etico-comportamentale che non ha risparmiato da settant’anni nessuna classe d’età, dai fruitori di Topolino e Popeye agli attuali spettatori dell’animazione tridimensionale, la quale – notiamo di passata – è sempre più caratterizzata da scene a dir poco inquietanti per la psiche dei più piccoli.

Girando la frittata coi film e gli opinionisti cortigiani, la gente non pensa mai all’America come la drammatica destinazione di milioni di neri africani sfruttati senza pietà, ma come a quel “faro di civiltà” che ha abolito la schiavitù (quando non faceva più comodo alla sua classe dirigente, sia chiaro).

Dei cosiddetti nativi americani manco a parlarne: stavano a far da comparsa nei film di John Wayne tanto amati dai nostri nonni, e lì sono rimasti.

Riescono addirittura a far circolare come “interessanti” fenomeni essenzialmente negativi e rivelatori del clima che si respira da quelle parti: si pensi al gangsterismo, primo fenomeno di delinquenza organizzata di tipo moderno, che al pubblico boccalone – specialmente italiano a causa dell’origine di alcuni famosi capibanda - è stato presentato come una sorta di “epopea” su cui ricamare storie appassionanti.

Idem per quanto riguarda il sistema carcerario statunitense, “mitizzato” anch’esso da una serie di pellicole in qualche modo “a lieto fine”, mentre un sacco di gente langue per anni nei “bracci della morte” e la popolazione carceraria americana è una delle più numerose – proporzionalmente parlando – al mondo.

Da “Via col vento” a “Salvate il soldato Ryan”, da “Ben-Hur” a “Attacco al potere” (regolarmente ritrasmesso perché prefigurava di fatto “l’11 settembre”), fino ai concerti di Madonna e delle altre vedette dello “star system”, nessun “vigilante” s’è mai posto l’opportunità di veder diffusi dalla Rai dei contenuti filo-americani mentre emissari della Cia erano impegnati da qualche parte a torturare patrioti e sovvertire governi, oppure lo Us Army ammazzava e distruggeva tutto per poi “ricostruire”.

In fondo basta vendersi bene, in regime di monopolio (alla faccia della “libera concorrenza” predicata), ed il gioco è fatto.

Per “Israele” vale lo stesso discorso. Appena il glorioso esercito di Tel Aviv si diletta con la sua occupazione principale, che è quella di macellare migliaia di palestinesi tra morti e feriti, i canali della tv pubblica italiana moltiplicano le trasmissioni nelle quali gronda sangue ebraico per mano del “Male assoluto nazista”. Chi si ricorderà più di quegli sventurati che in quel momento muoiono sotto le bombe? In un modo o nell’altro, qualche ragione questi “israeliani” dovranno pur avercela, se non altro per tutto il male che tutti quanti, da sempre, gli han sempre fatto!

Nessuno, in certi frangenti a dir poco imbarazzanti, si chiede “chi verifica i palinsesti”… Non è vero, cari signori del Pd?

Non siete forse voi gli eredi di quella “tradizione comunista” che sbandierava un “anticomunismo” rivelatosi alla prova del tempo completamente inconsistente?

Peggio: gli eredi delle “marce per la pace” ora si accalorano per chissà cosa potrà pensare di noi la Nato...

Che vergogna! Che servilismo! Che congrega di lecchini!

Bene ha fatto Berlusconi in questi giorni a ricordare che è stato rovinato tutto il lavoro che egli e la sua squadra di governo avevano saputo intessere con la Russia (anche nell’interesse suo, forse, ma certamente dell’Italia nel suo complesso, il che non balena manco per sogno nella mente del piddino medio). Il risultato dello sciagurato appiattimento sui diktat della Nato è sotto gli occhi di tutti, eppure stando alla carta stampata pare che solo “Il Giornale” si stia accorgendo del danno esagerato che la piega presa dall’Italia da che il Cavaliere è stato ‘disarcionato’ sta provocando a numerose aziende italiane.

E bene ha fatto Al Bano a ribadire in un’intervista, senza recedere d’un passo, la sua posizione in merito, precisata anche da altri cantanti che, come Riccardo Fogli, hanno un folto pubblico in Russia e che per questo vengono infastiditi da giornalisti untuosi ed insinuanti i quali stanno a sindacare pure sui loro compensi (questione mai sollevata prima per nessun altro artista italiano celebre all’estero).

Gli stessi pennivendoli che si esaltano per le uscite di Madonna e Lady Gaga sulla Russia e il suo presidente, si stracciano le vesti per le Pussy Riot, ma trovano solo da criticare nel fatto che una pattuglia di italiani riscuota un notevole successo in un grande ed importante Paese.

Per una volta tanto, qualcuno del mondo dello spettacolo, visto che quello della politica latita alquanto e non brilla per coraggio, ha comunque avuto l’ardire di affermare la verità dei fatti senza farsi mettere sotto da questo clima intimidatorio che vorrebbe ridurre tutto e tutti a scodinzolanti leccapiedi dell’America e della Nato.